Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21581 del 19/10/2011

Cassazione civile sez. un., 19/10/2011, (ud. 21/06/2011, dep. 19/10/2011), n.21581

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Primo presidente f.f. –

Dott. LUPI Fernando – Presidente di sezione –

Dott. MORELLI Mario Rosario – Presidente di sezione –

Dott. D’ALONZO Michele – Consigliere –

Dott. MERONE Antonio – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. TOFFOLI Saverio – Consigliere –

Dott. DI CERBO Vincenzo – Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

IL TUO VIAGGIO S.R.L., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE LIEGI 42, presso lo

studio dell’avvocato ALOISIO ROBERTO, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato GALLO PASQUALE, per delega in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente del

Consiglio pro tempore, MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI

TRASPORTI, MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI, in persona dei rispettivi

Ministri pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li

rappresenta e difende ope legis;

– controricorrenti –

avverso la decisione n. 8719/2009 del CONSIGLIO DI STATO, depositata

il 24/12/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/06/2011 dal Consigliere Dott. GIACOMO TRAVAGLINO;

uditi gli avvocati Roberto ALOISIO, Pasquale GALLO, Giancarlo CASELLI

dell’Avvocatura Generale dello Stato;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

IANNELLI Domenico, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

1. La s.r.l. “Il Tuo Viaggio” contesta alla Presidenza del Consiglio dei Ministri ed al Ministero degli affari esteri la mancata attivazione dell’istituto delle protezione diplomatica volta a sostenere le richieste dell’istante, che svolgeva attività di collegamento marittimo tra l’Italia e il Marocco, all’esito del rigetto dell’autorizzazione all’esercizio (o al suo mantenimento) della linea gestita ai sensi della L. n. 433 del 1985.

1.1. L’odierna ricorrente espone che, adito il Tar Lazio per ottenere la convocazione della commissione italo-marocchina e il risarcimento dei danni per l’inerzia dello Stato italiano nel non attivare i principi di reciprocità e difesa della marina mercantile nazionale, si vide rigettare il ricorso per mancanza di nesso eziologico tra la condotta omissiva italiana e il danno lamentato, con sentenza confermata dal Consiglio di Stato che, nel dicembre 2009, ritenne, in via pregiudiziale, che il mancato esercizio della protezione diplomatica non potesse costituire, ipso facto, fonte di danno, attesa la non obbligatorietà ex lege del suo esercizio (attingendo il suo più intimo contenuto ai rapporti tra Stati in guisa di incensurabile atto politico), confermando poi, nel merito, la già riconosciuta (in prime cure) impredicabilità di un nesso di causalità giuridicamente rilevante tra condotta omissiva ed evento di danno.

2. La sentenza del Consiglio di Stato è stata impugnata dalla società di navigazione con ricorso per cassazione sorretto da un unico, complesso motivo di gravame illustrato da memoria.

2.1. Resistono con controricorso la PdCdM, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e quello degli affari esteri.

3. Lamenta la ricorrente la violazione, per falsa e mancata applicazione, degli artt. 24, 111, 113 Cost.; della L. 25 luglio 1985, n. 433; della L. 3 marzo 1987, n. 69, recante disposizioni per la difesa della marina mercantile italiana, in relazione al Decreto 3.9.1999 dell’allora ministero dei trasporti e della navigazione, ora ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

3.1.Il motivo è fondato.

3.1.1. La fondatezza della censura emerge dal sinergico esame del motivo di ricorso e delle ragioni addotte dalla difesa erariale per contrastarlo.

3.2. In limine, va osservato come, sia dalla motivazione della decisione oggi impugnata sia dalle obiezioni mosse a ricorso dall’Avvocatura oggi resistente, emerga che l’esclusione della giurisdizione in ordine all’adozione o meno degli atti prospettati quale fonte di danno sia ricondotta in via consequenziale alla interpretazione dell’istituto della c.d. “protezione diplomatica” in termini di atto politico, come tale sottratto tout court a qualsivoglia sindacato giurisdizionale, sia ordinario che amministrativo – salvo poi l’adozione, da parte del giudice amministrativo, di un decisum (anche) di merito sotto il profilo della causalità (ritenuta nella specie insussistente) tra condotta ed evento di danno.

4. L’accertamento compiuto in via pregiudiziale da parte del C.d.S. è avvenuto, peraltro, non in via incidentale ma principale, non avendo gli atti oggetto del presente giudizio valenza autoritativa stricto sensu (onde, di essi, non sarebbe risultato legittimo l’annullamento, se richiesto), mentre il rigetto della domanda risarcitoria motivato dal difetto di giurisdizione per la pretesa natura politica dell’attività lesiva – a cospetto di una espressa previsione costituzionale (art. 113 Cost.) che non consente tale declinatoria tout court – si risolve, nella sostanza, nel diniego, in astratto, di qualsivoglia posizione giuridica azionabile dal privato, id est nel sostanziale rifiuto da parte del GA di esercitare, secondo dettato costituzionale, la propria giurisdizione.

4.1. Correttamente e condivisibilmente evidenzia, pertanto, il ricorrente come il diniego assoluto di giurisdizione in subiecta materia si risolva nell’illegittimo diniego della sussistenza tout court di qualsivoglia posizione soggettiva giuridicamente tutelata rispetto al mancato esercizio dei poteri attribuiti alle Amministrazioni dello Stato dalla L. n. 433 del 1985 e dalla L. n. 69 del 1987: onde la irredimibile violazione degli artt. 24 e 113 della Carta fondamentale.

4.2 Censurabile risulta dunque la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto di qualificare la posizione giuridica soggettiva fatta valere dal ricorrente con riferimento all’istituto della protezione diplomatica – che, secondo la definizione contenuta nell’art. 1 del relativo progetto adottato dalla Commissione del diritto internazionale (e fatta propria dalla Corte Internazionale di Giustizia con la sentenza 24.5.2007, Sadio Diallo), consiste nella contestazione da parte di uno Stato (attraverso un’attività diplomatica o altri mezzi di risoluzione delle controversie) della responsabilità di altro Stato per un danno causato da un fatto illecito (sul piano internazionale) ad una persona fisica o giuridica che abbia la nazionalità del primo Stato al fine di attivare consequenzialmente tale responsabilità – opinando che l’esercizio dei poteri di cui alla L. n. 69 del 1987, art. 1 potesse ascriversi ad una incensurabile attività di politica estera sottratta integralmente al vaglio della giurisdizione: così omettendo del tutto di considerare che i poteri in discorso (dapprima attribuiti al Ministero della marina mercantile, poi trasferiti a quello delle infrastrutture e dei trasporti) sono esercitati, su proposta (non di un organo politico, bensì) di una commissione tecnica al fine di difendere la marina mercantile nazionale e di disciplinare i traffici commerciali marittimi per la tutela dell’interesse nazionale, poteri il cui contenuto esula del tutto dal novero degli atti politici stricto sensu, trattandosi viceversa di atti di (alta) amministrazione rientranti nell’esercizio di una più specifica politica marittimo-mercantile nazionale.

5. In ordine all’illegittimo esercizio – ovvero, come nella specie, al mancato esercizio di tali poteri – sussistono, pertanto, inalienabili posizioni soggettive di interesse legittimo (assimilabili alle legittimate expectations previste e tutelate in Common law in ordine all’esercizio di poteri derivanti, come nella specie, dal diritto internazionale consuetudinario), rispetto alle quali si pone al di fuori dei limiti (negativi) della potestas iudicandi dell’organo di giustizia amministrativa il diniego assoluto di tutela giurisdizionale che, viceversa, attesa la già rilevata consistenza giuridica delle predette posizioni, deve ritenersi devoluta a quell’autorità giudiziaria.

6. Gli ulteriori argomenti spesi in sentenza (in ordine alla causalità e al danno) non possono costituirne, nel caso di specie, idonea e autosufficiente ratio decidendi, degradando piuttosto, ipso facto, a rango di meri obiter dicta, attesa la pregiudiziale declinatoria assoluta di potestas iudicandi da parte del giudice adito.

Il ricorso è pertanto accolto, con conseguente cassazione della sentenza oggi impugnata.

Va dichiarata la giurisdizione del giudice amministrativo.

La causa deve, pertanto, essere rinviata dinanzi al Consiglio di Stato.

Alla disciplina delle spese del giudizio di cassazione provvederà il giudice dinanzi al quale il processo è rinviato.

P.Q.M.

La corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, dichiara la giurisdizione del giudice amministrativo e e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, al Consiglio di Stato.

Così deciso in Roma, il 21 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 19 ottobre 2011

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