Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21581 del 07/10/2020

Cassazione civile sez. I, 07/10/2020, (ud. 03/07/2020, dep. 07/10/2020), n.21581

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SCOTTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 18545/2018 proposto da:

Anas S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,

domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

Bonatti S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via Principessa Clotilde n. 2,

presso lo studio dell’avvocato Clarizia Angelo, che la rappresenta e

difende, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

contro

S.R., S.O., elettivamente domiciliati in

Roma, Via Panama n. 58, presso lo studio dell’avvocato Molino

Claudia, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato Cecchi

Alessandro, giusta procura in calce al controricorso e ricorso

incidentale;

– controricorrenti e ricorrenti incidentali –

avverso la sentenza n. 485/2018 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 27/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/07/2020 dal cons. Dott. MELONI MARINA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Gli attori S.R. e S.O., a seguito della cassazione parziale della sentenza in data 27 febbraio 2005 emessa dalla Corte di Appello di Firenze numero 570/2005 e conseguente giudizio di rinvio disposto davanti ad altra sezione della stessa Corte distrettuale, convennero davanti alla Corte di Appello di Firenze con atto di citazione ritualmente notificato l’Anas spa e la Bonatti spa (incorporante l’originaria convenuta ICEFS) per il giudizio di rinvio.

La controversia traeva origine dalla richiesta di risarcimento formulata dai coniugi S. in primo grado davanti al Tribunale di Pisa, in relazione all’occupazione d’urgenza ed indennità di esproprio per l’ablazione di terreni di loro proprietà e relativa demolizione di alcuni fabbricati ivi esistenti, a seguito dei lavori di realizzazione della strada (OMISSIS) e del suo collegamento con l'(OMISSIS).

Nel corso del giudizio di rinvio la Corte distrettuale, recependo le statuizioni della Corte di Cassazione, oltre a ritenere non maturata alcuna prescrizione in ordine al risarcimento del danno, dispose CTU per determinare l’importo dell’indennità di occupazione dei beni posto che Anas e Bonatti spa avevano già provveduto a corrispondere in solido ai coniugi S. l’importo loro dovuto per il deprezzamento dei fabbricati residui di Euro 361.813,70 in relazione al capo della sentenza di secondo grado passato in giudicato.

All’esito della CTU espletata la Corte distrettuale determinò in Euro 156.752,00 oltre interessi e rivalutazione il valore dei beni espropriati alla data del 6 agosto 1984; Euro 15.675,20 oltre interessi legali l’indennità di occupazione legittima dovuta per il biennio nel quale gli S. furono privati del possesso dei loro beni; Euro 7859,21 il danno patito per l’avvenuta demolizione dei fabbricati già realizzati sui terreni. Pertanto la Corte di Appello di Firenze condannò Anas spa e Bonatti spa in solido al pagamento a favore dei coniugi S. dell’importo complessivo di Euro 180.286,41 (164.611,21 più Euro 15.675,20) e liquidò, sulla base di tale importo assunto come valore della causa, le spese dei tre gradi di giudizio poste per metà a carico di Anas e Bonatti spa e compensandole per l’ulteriore metà.

Avverso la sentenza della Corte di Appello di Firenze Anas spa ha proposto ricorso per tassazione affidato a tre motivi e memoria. Bonatti spa resiste con controricorso adesivo al ricorso ANAS. S.R. e S.O. resistono con controricorso e ricorso incidentale affidato a due motivi e memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso la ricorrente Anas spa e la Bonatti spa, quest’ultima in adesione al ricorso principale, denunciano rispettivamente violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. e dell’art. 384 c.p.c. e in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3., in quanto la Corte di Appello di Firenze, in sede di giudizio di rinvio, non si è pronunciata sulla base dei principi di diritto enunciati nella sentenza di questa Suprema Corte n. 4187 del 2014 ed omettendo ogni valutazione critica, ha liquidato il valore di mercato del bene valutandolo in 35.000 Lire/mq, determinato dal CTU sulla base del prezzo effettivamente pagato dalla SAT per ottenere le aree su cui realizzare i parcheggi, sebbene lo stesso CTU avesse suggerito un correttivo a pag. 27 del proprio elaborato, in considerazione della circostanza che il valore dei terreni era influenzato “dal fatto che la società SAT era in forte espansione ed alla ricerca di aree e quindi disponibile a corrispondere cifre anche maggiori di quelle di mercato”.

Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente denuncia vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 per omesso esame di un fatto storico controverso decisivo ai fini della decisione in quanto la Corte distrettuale ha omesso di valutare e motivare in ordine alle considerazione del CTU a pag. 27 dell’elaborato come sopra riportate e cioè in considerazione della circostanza che il valore dei terreni era influenzato “dal fatto che la società SAT era in forte espansione ed alla ricerca di aree e quindi disponibile a corrispondere cifre anche maggiori di quelle di mercato”.

Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 42 bis in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto la Corte di Appello ha violato la predetta norma ritenendo che spettava ai coniugi S. sia il valore dei beni che l’indennità di occupazione legittima mentre al contrario il valore del bene non spetta finchè non interviene l’espropriazione.

I primi due motivi di ricorso da trattarsi congiuntamente in quanto relativi alla medesima questione sono infondati oltre che inammissibili per difetto di specificità dei motivi.

Infatti contrariamente a quanto lamentato, la sentenza impugnata dà ampiamente conto dei criteri e dei calcoli e parametri tecnici usati nella determinazione del valore dei terreni e dopo aver diffusamente spiegato nella sentenza le ragioni della propria decisione con motivazione immune da vizi e condivisibile conclude attenendosi, nella valutazione del valore venale dei bene, a quanto stabilito dal CTU il quale ha risposto ai quesiti in maniera univoca e precisa. Non emerge dal brano del CTU citato e riportato nel ricorso alcun “suggerimento” del consulente di applicare correttivi peraltro non meglio determinati alla valutazione resa da sè medesimo limitandosi lo stesso ad esprimere considerazioni sulle logiche di mercato che influenzano il valore venale del bene. I predetti motivi sono anche inammissibili in quanto propongono una diversa lettura dei parametri tecnici e dei calcoli aritmetici forniti dal CTU ed una differente valutazione degli elementi probatori non ammissibile in questa sede.

Il terzo motivo di ricorso è parimenti infondato. Infatti occorre rilevare che questa Corte ha ritenuto con S. U. Sentenza n. 735 del 19/01/2015 “L’occupazione e la manipolazione del bene immobile di un privato da parte della P.A., allorchè il decreto di esproprio non sia stato emesso o sia stato annullato, integra un illecito di natura permanente che dà luogo ad una pretesa risarcitoria avente sempre ad oggetto i danni per il periodo, non coperto dall’eventuale occupazione legittima, durante il quale il privato ha subito la perdita delle utilità ricavabili dal bene sino al momento della restituzione, ovvero della domanda di risarcimento per equivalente che egli può esperire, in alternativa, abdicando alla proprietà del bene stesso. Ne consegue che la prescrizione quinquennale del diritto al risarcimento dei danni decorre dalle singole annualità, quanto al danno per la perdita del godimento del bene, e dalla data della domanda, quanto alla reintegrazione per equivalente.”

Con il primo motivo di ricorso incidentale S.R. e S.O. denunciano violazione e falsa applicazione dei D.M. n. 585 del 1994, D.M. n. 127 del 2004, D.M. n. 140 del 2012, D.M. n. 55 del 2014 in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto la Corte di Appello si è pronunciata sulle spese dei tre gradi di giudizio prendendo a base il valore della causa di 180.286,00 sebbene oggetto del contendere dell’intero giudizio fosse anche la somma di 361.813,70 corrisposta da Anas ai coniugi S. dopo la sentenza di cassazione 4187/2014 e pertanto il valore da prendere in considerazione per la liquidazione delle spese era in totale superiore allo scaglione di 520.000,00 Euro.

Con il secondo motivo di ricorso incidentale S.R. e S.O. denunciano violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione alla pronuncia sulle spese di giudizio che il giudice ha posto a carico di ambo le parti metà per ciascuno e per metà a carico di Anas spa, invece che porle interamente a carico della soccombente. Pertanto la Corte di Appello si è pronunciata sulle spese dei tre gradi di giudizio compensando il 50% tra le parti sebbene i sig.ri S. fossero totalmente vittoriosi nei confronti di Anas e Bonatti spa che avevano citato sin dal 1997 con l’originario atto introduttivo.

Il primo motivo di ricorso incidentale è fondato e deve essere accolto. Il primo motivo relativo al valore della causa appare fondato in quanto la Corte distrettuale ha erroneamente liquidato le spese considerando il valore della causa sulla base della somma liquidata in sentenza, mentre al contrario il valore della causa non era di Euro 180.286,00 in quanto oggetto del contendere dell’intero giudizio era anche la somma di 361.813,70 corrisposta da Anas ai coniugi S. dopo la sentenza di cassazione 4187/2014 e pertanto il valore da prendere in considerazione per la liquidazione delle spese era in totale superiore allo scaglione di 520.000,00 Euro.

Il secondo motivo di ricorso incidentale, con cui sostanzialmente si denuncia la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. è inammissibile avendo la Corte di Appello enunciato i motivi per cui è giunta alla parziale compensazione delle spese di giudizio, posto che Il provvedimento del giudice col quale vengono compensate le spese è sindacabile in sede di legittimità nei limiti della logicità e correttezza della motivazione, parametro presente nel caso in esame. A tal riguardo, Sez. 1 -, Sentenza n. 15937 del 27/06/2017:”Il motivo di impugnazione inerente al regolamento delle spese processuali è inammissibile: deve infatti rilevarsi che non è sindacabile in questa sede l’esercizio del relativo potere discrezionale da parte del giudice del merito, tanto più che, trattandosi di giudizio intrapreso anteriormente alla modifica dell’art. 92 c.p.c. introdotta dalla L. 28 dicembre 2005, n. 263, la motivazione resa in proposito appare congrua.”

Per quanto sopra deve essere respinto il ricorso principale per tutti i motivi, accolto il primo motivo di ricorso incidentale rigettato il secondo, cassata la sentenza impugnata relativamente al motivo accolto con rinvio davanti alla Corte di Appello di Firenze in diversa composizione per la liquidazione delle spese.

PQM

Rigetta il ricorso principale, accoglie il primo motivo di ricorso incidentale rigettato il secondo, cassa la sentenza impugnata relativamente al motivo accolto con rinvio davanti alla Corte di Appello di Firenze in diversa composizione anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Ricorrono i presupposti per l’applicazione del doppio contributo di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima della Corte di Cassazione, il 3 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2020

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