Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21580 del 26/10/2016
Cassazione civile sez. trib., 26/10/2016, (ud. 16/06/2016, dep. 26/10/2016), n.21580
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –
Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –
Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –
Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 14933-2013 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
L.G., elettivamente domiciliato in ROMA VIA COSSERIA 2,
presso lo studio dell’avvocato ALFREDO PLACIDI, rappresentato e
difeso dall’avvocato GIUSEPPE TEMPESTA giusta delega a margine;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 41/2012 della COMM.TRIB.REG. DELLA PUGLIA,
depositata il 04/05/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
16/06/2016 dal Consigliere Dott. MARIA ENZA LA TORRE;
udito per il ricorrente l’Avvocato CAPOLUPO che si riporta al ricorso
e chiede l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato DE BENEDICTIS per delega
Avvocato TEMPESTA che si riporta al controricorso e alla memoria
depositati e chiede il rigetto;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
SANLORENZO Rita, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
L’Agenzia delle entrate ricorre per la cassazione della sentenza della CTR della Puglia, n. 41/11/2012 dep. il 4.5.2012, relativa a impugnazione del diniego di rimborso di cui all’istanza presentata il 6 marzo 2007 da L.G., ex dipendente ENEL, per la restituzione della ritenuta Irpef applicata sulla somma liquidata quale incentivo all’esodo nell’anno (OMISSIS). In particolare la CTR, confermando la decisione di primo grado, ha ritenuto tempestiva l’istanza di rimborso proposta dal contribuente, individuando il dies a quo dal quale far decorrere il termine di decadenza di 48 mesi (di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38), nella data in cui è stato comunicato al contribuente l’esito della liquidazione dell’imposta dovuta sui redditi soggetti a tassazione separata (ottobre 2005), in quanto “detta riliquidazione determina la riapertura dei termini di cui al citato art. 38”, e non nella data di effettiva percezione del trattamento di fine rapporto e delle somme per incentivo all’esodo (2001), come eccepito dall’Ufficio. Ha inoltre stabilito che il principio di diritto enunciato dalla Corte di giustizia dell’UE (CGUE del 3 settembre 2005, causa C207/2004, che ha ritenuto discriminatoria la disciplina di cui all’art. 19, comma 4 bis T.U.I.R. che prevede la riduzione alla metà delle imposte dovute, sulla base di un differente limite di età, cinquanta anni per le donne e cinquantacinque per gli uomini), debba essere applicato anche ai rapporti giuridici sorti precedentemente, retroagendo al momento del prelievo.
L.G. si costituisce con controricorso e deposita successiva memoria.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Col primo motivo del ricorso l’Agenzia delle entrate deduce violazione di legge (D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38), non potendo essere applicati i principi contenuti nella sentenza della CG del 2005 ai rapporti giuridici sorti precedentemente, retroagendo al momento del prelievo, trattandosi di rapporti esauriti, come tali intangibili. Sarebbe pertanto legittima l’applicazione al caso di specie dell’art. 38 cit. sia con riferimento alla decadenza per la presentazione della domanda (individuabile nel termine di 48 mesi), sia con riferimento alla individuazione del termine dalla data in cui la ritenuta è stata operata.
2. Col secondo motivo si deduce violazione di legge (D.P.R. 602 del 1973, art. 38), per avere la CTR erroneamente individuato il dies a quo ai fini dell’applicazione dell’art. 38 cit., che è chiaramente indicato nella norma invocata, come uniformemente interpretata dalla giurisprudenza, nella data in cui la ritenuta è stata operata.
3. I motivi sono fondati e vanno accolti.
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno ribadito, con specifico riferimento alla questione sostanziale qui controversa, che: “Il termine di decadenza, previsto dalla normativa tributaria (D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38) per l’esercizio, attraverso la presentazione di apposita istanza, del diritto al rimborso di un’imposta che sia stata dichiarata, in epoca successiva all’indebito versamento, incompatibile con il diritto comunitario da una sentenza della Corte di giustizia, decorre dalla data del detto versamento, e non da quella in cui è intervenuta la pronuncia che ne ha sancito la contrarietà all’ordinamento comunitario” (Sez. Un. n. 13676 del 16 giugno 2014). Come le stesse Sezioni Unite hanno spiegato, nella vicenda qui sub judice non si è affatto verificata l’espunzione di una norma impositiva dall’ordinamento, bensì il diverso caso di “una sentenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea che, con effetto retroattivo analogo a quello di una sentenza di illegittimità costituzionale, ha dichiarato in contrasto con una direttiva comunitaria self executing una norma nazionale di agevolazione fiscale, ampliandone la portata soggettiva”.
In tema di rimborso delle imposte sui redditi, l’indebito tributario è pertanto soggetto ai termini di decadenza o prescrizione previsti dalle singole leggi di imposta, qualunque sia la ragione della non debenza, quali l’erronea interpretazione o applicazione della legge fiscale, il contrasto con norme di diritto comunitario, ovvero uno jus superveniens con applicabilità retroattiva (Cass. n. 17009/2012; n. 5978/2006; conf. n. 17918/2004, n. 15276/2008). La scadenza del termine per richiedere il rimborso determina il consolidamento dei rapporti di dare ed avere tra contribuente ed erario e l’esaurimento dello stesso rapporto tributario (v. Cass. 9223/2011), con la conseguenza che il contenuto dello stesso non può più essere rimesso in discussione. Ne deriva che anche le richieste di rimborso dei tributi incompatibili con la normativa comunitaria, devono essere presentate entro i termini di decadenza, termini che non contrastano con le disposizioni comunitarie (v. Cass. 11316/2000, 7173/2002, 7178/2004, 2809/2005). D’altra parte, anche la CGCE ha espressamente affermato che “il diritto comunitario non vieta ad uno Stato membro di opporre un termine nazionale di decadenza alle azioni di rimborso di tributi percepiti in violazione di disposizioni comunitarie, anche se questo Stato membro non ha ancora modificato la propria normativa interna per renderla compatibile con tali disposizionì (causa C- 228/96, fallimento Aprile). Questa regola trova la sua ragion d’essere nella superiore esigenza di garantire la stabilità e la certezza del bilancio dello Stato, sul versante delle entrate.
Nè vale evocare, come fa il controricorrente, il principio dell’ovverruling di cui alla sentenza Cass. n. 22282/2011, in quanto la Corte ha successivamente chiarito che nel caso di imposte pagate sulla base di norme che la giurisprudenza comunitaria ha ritenuto contrastanti con il diritto comunitario, il contribuente può domandarne il rimborso solo entro il termine di decadenza stabilito dalla disciplina nazionale, senza che sul decorso di tale termine possa incidere la pronuncia comunitaria, non potendo questa configurarsi come espressione di “overruling” – e, come tale, inidonea ad operare retroattivamente – atteso che la decisione comunitaria non riguarda la materia processuale, nè il termine per la domanda di rimborso d’imposta, la quale, peraltro, resta proponibile anche prima che alla direttiva stessa venga data attuazione nello Stato italiano (S.U. n. 13676/2014, cit.; Cass. n. 13087 del 2012).
Il ricorso dell’Agenzia delle Entrate deve essere pertanto accolto, la sentenza impugnata deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ex art. 384 c.p.c., comma 2, col rigetto del ricorso introduttivo del contribuente.
4. In considerazione del consolidarsi della giurisprudenza posta a base della decisione in epoca successiva alla proposizione del ricorso introduttivo, vanno compensate le spese dell’intero giudizio.
PQM
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo del contribuente. Compensa le spese.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 giugno 2016.
Depositato in Cancelleria il 26 ottobre 2016