Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21580 del 07/10/2020

Cassazione civile sez. I, 07/10/2020, (ud. 03/07/2020, dep. 07/10/2020), n.21580

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. SCOTTTI Umberto L. C. G. – Consigliere –

Dott. MELONI Marina – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23241/2015 proposto da:

B.P., domiciliato in Roma, Piazza Cavour, presso la

Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dall’avvocato Sandri Gigi, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Provincia di Pavia, in persona del Presidente pro tempore,

domiciliata in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile

della Corte di Cassazione, rappresentata e difesa dall’avvocato

Flore Luisa, giusta procura in calce ai controricorso;

-controricorrente –

contro

Regione Lombardia, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via Montagne Rocciose n. 69,

presso lo studio dell’avvocato Mangano Alessandro, rappresentata e

difesa dagli avvocati Santagostino Annalisa, Orlandi Marinella,

giusta procura in calce al ricorso notificato;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 838/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 23/02/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/07/2020 dal cons. Dott. MELONI MARINA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

B.P., nella sua qualità di beneficiario di finanziamenti provenienti dall’Unione Europea per la realizzazione di un impianto di latifoglie da eseguirsi su lotti di terreno siti nel territorio del Comune di (OMISSIS), avanzò domanda al Tribunale di Pavia per sentir dichiarare l’illegittimità della richiesta di restituzione dei finanziamenti ricevuti dalla Provincia di Pavia e dalla Regione Lombardia nella qualità di ente pagatore.

Il Tribunale di Pavia respinse la domanda in quanto, a seguito di un controllo disposto dalla provincia di Pavia per verificare il rispetto del programma di finanziamento CEE, era stata accertato dal Corpo Forestale dello Stato che i terreni effettivamente piantumati erano inferiori del 30,22% rispetto a quelli oggetto dell’impugno.

La Corte di Appello di Milano confermò la sentenza di primo grado. Avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano ha proposto ricorso per cassazione la B.P. affidato a due motivi e memoria. La Provincia di Pavia e la Regione Lombardia resistono con controricorso e memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso il ricorrente B.P. denuncia la violazione e falsa applicazione di norme di diritto, cioè D.M. 22 gennaio 2009, n. 1564 in riferimento agli artt. 11 e 12 preleggi, perchè la Corte di Appello di Milano ha escluso che la sanatoria di cui al D.M. citato potesse riguardare situazioni anteriori alla sua entrata in vigore.

Il motivo è infondato e deve essere respinto.

La Corte di Appello ha escluso con motivazione esauriente, approfondita ed immune da vizi logici la invocata retroattività della norma di cui al citato D.M. 22 gennaio 2009, affermando che il beneficio della sanatoria per contributi indebitamente ottenuti ed incassati doveva trovare applicazione solo nei riguardi dei soggetti richiedenti il contributo che avessero modificato l’originario progetto di rimboschimento facendone regolare e preventiva comunicazione alla P.A. mentre, nella fattispecie, la minor superficie coltivata era stata accertata a seguito di controllo del Corpo Forestale dello Stato nell’anno 2008 ed il ricorrente non aveva presentato anteriormente all’annualità 2009 la domanda di diminuzione delle superfici da adibire ad impianto di arboricoltura. Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente B.P. denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 73 par. 5 Reg. UE 796/04 che prevede la prescrizione dell’obbligo di restituzione dei contributi se trascorso un periodo di dieci anni dall’erogazione del contributo, ridotti a quattro se il beneficiario ha agito in buona fede.

Il motivo è infondato e deve essere respinto. Infatti il ricorrente afferma che l’impianto venne conservato fino al 2002 e poi ridotto a causa della posa in opera del metanodotto; tuttavia il giudice di merito ha escluso, con accertamento insindacabile in sede di legittimità, l’esistenza di circostanze legittimanti la buona fede da parte del B. posto che quest’ultimo avrebbe dovuto dimostrare la ricorrenza di circostanze di fatto in base alle quali il soggetto che chiesto l’ammissione al beneficio abbia agito nell’incolpevole convinzione di non dover più adempiere all’opera di rimboschimento nei termini e modi da lui stesso dichiarati.

La censura si risolve quindi in una generica critica del ragionamento logico posto dal giudice di merito a base dell’interpretazione degli elementi probatori del processo e, in sostanza, nella richiesta di una diversa valutazione degli stessi, ipotesi integrante un vizio motivazionale non più proponibile in seguito alla modifica dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 apportata dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 convertito in L. n. 134 del 2012 (v.Cass., sez. un., n. 8053/2014).

In considerazione di quanto sopra il ricorso deve essere respinto e il ricorrente condannato alle spese del giudizio di legittimità.

PQM

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in Euro 5600,00 a favore di ciascun controricorrente per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ricorrono i presupposti per l’applicazione del doppio contributo di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione prima della Corte di Cassazione, il 3 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2020

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