Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2158 del 31/01/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 2158 Anno 2014
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: CARRATO ALDO

SENTENZA

Data pubblicazione: 31/01/2014

questioni
sostanziali e
processuali

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 291911’06) proposto da:
COLICCHIA ELISA (C.F.: CLC LSE 47H42 G992B), in proprio e nella qualità di erede
di Colicchia Antonio, rappresentata e difesa, in forza di procura speciale in calce al
ricorso, dall’Avv. Vincenzo Calderoni ed elettivamente domiciliata presso lo studio
dell’Avv. Giorgio Condemi, in Roma, via E. Tazzoli, n. 6;

– ricorrente –

contro
DURONIO FILIPPO (C.F.: DRN FPP 29E08 G992U), rappresentato e difeso dall’Avv.
Gabriella Lopardi, in virtù di procura speciale a margine del controricorso, e domiciliato
“ex lege” presso la Cancelleria della Corte di cassazione; – controricorrentee
COLICCHIA BERARDINO;

,2,0- 3

/13

– intimato —

1

Avverso la sentenza della Corte di appello di L’Aquila n. 425/2006, depositata il 6
giugno 2006 (e notificata il 6 luglio 2006);

udita la relazione della causa svolta nell’udienza camerale del 18 dicembre
2013 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

Lucio Capasso, che ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso per
omessa integrazione del contraddittorio.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato il 12 dicembre 1997 nella cancelleria dell’allora Pretore di
L’Aquila il sig. Colicchia Antonio, sul presupposto di essere divenuto proprietario di un
fondo sito in Prata D’Ansidonia, San Nicandro, distinto in catasto nel NCT al fol. 3,
particella 163, per averlo posseduto utilizzandolo per la semina ed il pascolo “uti
dominus et nec vi nec clam” interrottamente dal 1950 (anno in cui il precedente
proprietario era Aloisio Corrado era emigrato in Francia) e che, nel settembre 1997, il
sig. Duronio Filippo aveva, malgrado l’espresso divieto di esso esponente, proceduto
all’aratura e successivamente alla semina del predetto terreno, chiedeva al suddetto
giudice di essere reintegrato nel possesso del descritto fondo. Nella costituzione del
resistente, l’adito Pretore, all’esito dell’istruzione sommaria, con ordinanza dell’8 luglio
1998, disponeva la reintegrazione nel possesso del ricorrente, ma il provvedimento
veniva revocato dal Tribunale di L’Aquila, in composizione collegiale, in sede di
reclamo. Il giudice designato per il procedimento possessorio, con sentenza del 4
marzo 2002, rigettava il ricorso del Colicchia, condannandolo alla refusione delle
spese giudiziali. Interposto appello da parte di Colicchia Berardino e Colicchia Elisa,
quali eredi di Colicchia Antonio, nella costituzione dell’appellato Duronio Filippo, la
Corte di appello di L’Aquila, con sentenza n. 425 del 2006 (depositata il 6 giugno
2006), respingeva il gravame e condannava gli appellanti, in via solidale, al
2

pagamento delle spese del grado. A sostegno dell’adottata decisione la Corte
abruzzese rilevava, innanzitutto, l’inapplicabilità, nella specie, per difetto dei relativi
presupposti, della previsione sanzionatoria della nullità per illiceità della causa
contemplata dall’art. 18, comma 2, della legge n. 47 del 1985; per altro verso, la
medesima Corte ravvisava l’infondatezza relativa al riconoscimento della situazione

possessoria dedotta dal ricorrente con l’esercizio dell’originaria azione e, in
particolare, l’idoneità della stessa a configurare l’acquisto per usucapione del fondo
per cui era stata instaurata la controversia.
Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la Colicchia Elisa
riferito a due motivi congiuntamente formulati, in ordine al quale si è costituito in
questa fase con controricorso il Duronio Filippo. Con ordinanza interlocutoria adottata
all’udienza del 10 ottobre 2012 il collegio ordinava l’integrazione del contraddittorio nei
confronti di Colicchia Berardino, quale parte che aveva partecipato al giudizio di
appello (e nei cui confronti il ricorso non era stato notificato).
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con i due motivi congiuntamente proposti la ricorrente ha dedotto la violazione degli
artt. 1168 c.c. e 703 c.p.c. nonché dell’art. 18 della legge n. 47 del 1985, avuto
riguardo alla qualificazione del ricorrente originario Colicchia Antonio come detentore
non qualificato nei confronti del Duronio Filippo e alla valutazione come valido dell’atto
di compravendita allegato dall’appellato in virtù del quale il sig. Duronio Lucien, per
conto del quale lo stesso Duronio Filippo aveva agito, non poteva essere definito terzo
estraneo perché avente causa dall’effettivo proprietario e possessore Aloisio Corrado.
A corredo di tale doglianza la ricorrente ha indicato il seguente quesito di diritto ai
sensi dell’art. 366 bis c.p.c. (“ratione temporis” applicabile nella fattispecie, risultando
la sentenza impugnata pubblicata il 6 giugno 2006): “la mancata allegazione all’atto di
compravendita di un terreno del certificato di destinazione urbanistica prescritta
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ha indicato il seguente quesito di diritto ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. (“ratione
temporis” applicabile nella fattispecie, risultando la sentenza impugnata pubblicata
il 6 giugno 2006): “la mancata allegazione all’atto di compravendita di un terreno
del certificato di destinazione urbanistica prescritta dall’art. 18 della legge n. 47 del
1985 determina la nullità assoluta ed insanabile dell’atto medesimo, a prescindere

dalle intenzioni presunte o reali dell’acquirente in ordine alla realizzazione di una
lottizzazione abusiva ed a prescindere dall’esistenza di uno strumento urbanistico
che disciplini il territorio comunale in cui è compreso il fondo oggetto della
controversia”.

2. Rileva il collegio che il ricorso è inammissibile ai sensi dell’art. 331, comma 2,
c.p.c., poiché, pur essendo stata ritualmente ordinata (v. Cass., S.U., n. 14124 del
2010) l’integrazione del contraddittorio (per come rilevasi dalla riportata narrativa)
nei confronti di Colicchia Berardino (quale parte che aveva partecipato al giudizio
di secondo grado), la ricorrente non ha provveduto al relativo adempimento del
termine appositamente concesso, così come certificato anche dalla Cancelleria di
questa Sezione con attestazione — acquisita agli atti — dell’il giugno 2013.
Pertanto, nella fattispecie, l’inosservanza del suddetto ordine di integrazione del
contraddittorio non può che determinare l’inammissibilità del formulato ricorso per
cassazione (e non l’improcedibilità dello stesso, ex art. 371-bis c.p.c., che si
riferisce, invece, al difetto del successivo adempimento del deposito dell’atto di
integrazione del contraddittorio, debitamente notificato: cfr., ad es., Cass. n. 10863
del 2010, ord.).
3. In definitiva, alla stregua delle ragioni esposte, il ricorso deve essere dichiarato
inammissibile, con la conseguente condanna della soccombente ricorrente ai
pagamento delle spese del presente giudizio, che si liquidano nei sensi di cui in
dispositivo sulla scorta dei nuovi parametri previsti per il giudizio di legittimità dal D.M.
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Giustizia 20 luglio 2012, n. 140 (applicabile nel caso di specie in virtù dell’art. 41 dello
stesso D.M.: cfr. Cass., S.U., n. 17405 del 2012).
P.Q.M.
La Corte dichiara l’inammissibilità del il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento
delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi euro 2.200,00, di cui euro

Così deciso nella camera di consiglio della 2^ Sezione civile in data 18 dicembre 2013.

200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.

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