Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21579 del 07/10/2020
Cassazione civile sez. II, 07/10/2020, (ud. 24/07/2020, dep. 07/10/2020), n.21579
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GORJAN Sergio – rel. Presidente –
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –
Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –
Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –
Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 14814-2016 proposto da:
(OMISSIS), IN PERSONA DEL SUO LEGALE RAPPRESENTANTE, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DELLA BALDUINA 28, presso lo studio
dell’avvocato A CORACE, rappresentato e difeso dall’avvocato
FRANCESCO SCALZI;
– ricorrente –
contro
COMUNE CATANZARO IN PERSONA DEL VICE SINDACO E LEGALE RAPP.RE
PRO-TEMPORE, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA PRATI DEGLI
STROZZI, 32, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCA MARIA
ESPOSITO, rappresentato e difeso dall’avvocato GEROLAMO ANGOTTI;
– controricorrente –
e contro
PROCURA GENERALE REPUBBLICA CORTE APPELLO ROMA;
– intimati –
avverso la sentenza n. 14/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,
depositata il 27/04/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
24/07/2020 dal Consigliere Dott. SERGIO GORJAN;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
SGROI CARMELO.
Fatto
FATTI DI CAUSA
A seguito della verifica demaniale del territorio del Comune di Catanzaro avviata nel 1928, il Liquidatore degli Usi civici per la Calabria ebbe a pronunziare una prima decisione circa la natura del fondo di causa, sito in località (OMISSIS), accertando che lo stesso era gravato da uso civico.
A seguito di reclamo, la Corte romana quale Giudice d’appello nel 1991 ebbe a riformare la sentenza gravata, rimettendo la questione per approfondimento istruttorio e nuovo esame al Commissario Liquidatore.
Ad esito del riassunto procedimento il Commissario, con sentenza resa nel 2013, ebbe a dichiarare che il fondo di causa aveva natura allodiale.
Avverso detta sentenza propose gravame il Comune di Catanzaro ed, opponendosi il (OMISSIS), la Corte d’Appello di Roma, in riforma della decisione gravata, dichiarò che il fondo era gravato da uso civico in favore dei cittadini di Catanzaro.
La Corte d’Appello capitolina ebbe a rilevare come l’istanza di legittimazione presentata, nelle more del procedimento, dal Santuario presupponeva necessariamente il riconoscimento dell’esistenza dell’uso civico a peso del fondo in questione, posto che anche l’asserto che la presentazione di detta istanza era stata formalità proposta a meri fini di conciliazione – difesa del Santuario resistente – non era rimasto suffragato da prova.
Avverso detta sentenza il (OMISSIS) ha interposto ricorso per cassazione articolando unico motivo.
Il Comune di Catanzaro resiste con controricorso.
La trattazione della questione era una prima volta rinviata per acquisire il fascicolo d’ufficio della causa tenutasi avanti la Corte capitolina e quindi, operata l’acquisizione, la causa è stata richiamata all’odierna udienza in camera di consiglio.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso proposto dal (OMISSIS) s’appalesa inammissibile per tardività.
Con l’unica ragione di impugnazione il Santuario ricorrente denunzia violazione delle regole processuali contenute nella L. n. 1766 del 1927 e delle norme ex artt. 346 e 112 c.p.c., art. 2002 c.c., nonchè violazione delle norme in tema di riparto della giurisdizione, difetto di motivazione ed omesso esame di fatto decisivo ex art. 360 c.p.c., n. 5.
Osserva l’Ente ecclesiastico ricorrente come la Corte capitolina non poteva decidere sulla scorta dell’istanza di legittimazione in quanto tale questione eccedeva i limiti dell’oggetto proprio del nuovo giudizio avanti il Commissario conseguito alla sentenza di annullamento della prima decisione del Commissario, emessa nel 1991 dalla Corte territoriale.
Difatti il Collegio romano all’epoca aveva ritenuta non adeguatamente istruita la questione afferente l’esistenza o non di uso civico sul bene immobile di causa e per la sola trattazione di tale questione aveva nuovamente rimesso la lite avanti al Commissario.
Quindi la questione collegata all’istanza di legittimazione, quale indice del riconoscimento dell’esistenza dell’uso civico, era eccedente rispetto all’oggetto proprio della lite, posto che, non avendo la Corte capitolina provveduto al riguardo, si doveva ritenere avesse implicitamente rigettata la questione, poichè presentava natura pregiudiziale al disposto esame nel merito della questione.
A ciò conseguiva ed il vizio – art. 112 c.p.c. – di aver ecceduto nella decisione rispetto ai limiti della causa e la violazione del giudicato interno – art. 2002 rectius 2909 c.c. – circa l’intervenuto rigetto implicito della questione fondata sulla preclusione conseguente alla presentazione d’istanza di legittimazione.
Osserva, ancora, il Santuario ricorrente come il Collegio romano ebbe a decidere nel merito la causa – affermando l’esistenza dell’uso civico – invece di dar atto del difetto di giurisdizione in presenza dell’effetto preclusivo dell’istanza di legittimazione.
Infine il Santuario ripropone la difesa che la domanda di legittimazione – presentata nel 2008 – fu proposta in via meramente cautelativa in dipendenza della nuova legge della Regione Calabria di riordino degli Usi civici e che mai ebbe seguito in sede amministrativa con l’adozione di un qualche provvedimento a definizione. E tale finalità conciliativa risulta palesata dalla significativa condotta processuale antitetica tenuta da esso Ente ricorrente che, in causa, aveva sempre contestato l’esistenza dell’uso civico ed affermato d’esser proprietario del bene libero.
L’eccezione di tardiva proposizione del ricorso per cassazione, rispetto al termine prescritto L. n. 1078 del 1930, ex artt. 7 ed 8 – disciplina processuale applicabile ratione temporis a questa lite D.P.R. n. 150 del 2011, ex art. 36, comma 1 -, rilevata dal Comune resistente appare fondata ed il ricorso va dichiarato inammissibile. Difatti, dall’esame dall’acquisito fascicolo d’ufficio del procedimento d’appello avanti la Corte romana, risulta che la notifica all’odierna parte impugnante, prescritta dalla L. del 1930, art. 7 avvenne il 14.5.2015, sicchè la notificazione del ricorso appena il 28.5.2016 entro il termine di decadenza, ex art. 326 c.p.c., risulta fuori dal termine stabilito a pena di decadenza dai citati articoli della legge speciale.
Le spese del presente procedimento di legittimità, ex art. 385 c.p.c., comma 3, vanno poste a carico del Santuario ricorrente ed in favore del Comune di Catanzaro resistente e liquidate in Euro 5.200,00 oltre accessori di legge e rimborso forfetario ex tariffa forense siccome precisato in dispositivo.
Non si fa luogo all’ulteriore pagamento del contributo unificato risultandone la causa per sua natura esente.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il Santuario ricorrente a rifondere al Comune di Catanzaro le spese di lite di questo giudizio di legittimità liquidate in Euro 5.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre ad accessori di legge e rimborso forfetario ex tariffa forense nella misura del 15%.
Così deciso in Roma, nell’adunanza di camera di consiglio, il 24 luglio 2020.
Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2020