Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21578 del 26/10/2016


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Cassazione civile sez. trib., 26/10/2016, (ud. 14/06/2016, dep. 26/10/2016), n.21578

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23063-2010 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

P.P.G., elettivamente domiciliato in ROMA VIALE PARIOLI

43, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO D’AYALA VALVA, che lo

rappresenta e difende unitamente agli avvocati GIANNI MARONGIU,

ANGELO CONTRINO giusta delega in calce;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 123/2009 della COMM.TRIB.REG. di GENOVA,

depositata il 31/08/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/06/2016 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CRICENTI;

udito per il ricorrente l’Avvocato PALASCIANO che si riporta agli

atti;

udito per il controricorrente l’Avvocato CONTRINO che ha chiesto

l’inammissibilità, in subordine rigetto;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CUOMO Luigi, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

P.P.G. ha presentato dichiarazione dei redditi, come soggetto non residente in Italia, aderendo poi al condono “tombale” L. n. 289 del 2002, ex art. 9.

L’Agenzia ha contestato al contribuente però di non avere dichiarato redditi percepiti all’estero, e di essere solo fittiziamente residente a (OMISSIS).

Il P. ha impugnato l’avviso di accertamento, sostenendo che l’adesione a suo tempo fatta al condono tombale, per i redditi italiani, ha precluso all’Agenzia l’accertamento anche dei redditi percepiti all’estero. Inoltre ha eccepito che la stessa adesione al condono aveva fatto decadere l’Agenzia dal potere impositivo, tardivamente esercitato nei suoi confronti.

La CTP di Imperia con sentenza n. 76 del 2004 ha accolto il ricorso, con decisione poi confermata con sentenza n.124 del 2009 dalla Commissione Regionale.

Propone ricorso l’Agenzia con due motivi con i quali denuncia erronea interpretazione della L. n. 289 del 2002, art. 9, che, correttamente inteso, escluderebbe dal condono tombale i redditi percepiti all’estero e non impedirebbe, quanto all’accertamento di tali redditi, la proroga del potere impositivo. Si è costituito con controricorso il contribuente.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo, l’Agenzia denuncia erronea interpretazione della L. n. 289 del 2002, artt. 8, 9 e 10, poichè, a differenza di quanto postulato dal giudice di appello, il combinato disposto di tali norme esclude dal condono i redditi percepiti all’estero e non dichiarati in Italia, tramite dichiarazione integrativa, lasciando cosi inalterato il potere dell’Agenzia di procedere ad accertamento ed imposizione di quei redditi.

2.- Con il secondo motivo si denuncia violazione della L. n. 289 del 2002, artt. 8 e 10, sul presupposto che, non operando il condono, a differenza di quanto statuito della CTR, permane la proroga biennale a favore dell’Agenzia quanto alla possibilità di ulteriori accertamenti fiscali.

I motivi sono logicamente connessi, possono esaminarsi congiuntamente, e sono fondati.

Va premesso che il contribuente eccepisce l’inammissibilità del primo motivo, sostenendo che nella sentenza impugnata non è ravvisabile alcuna affermazione dell’effetto preclusivo del condono rispetto ai redditi percepiti all’estero. La sentenza di secondo grado avrebbe, a parere del contribuente, soltanto ritenuto non applicabile la proroga dei termini di accertamento dei redditi esteri. L’eccezione è infondata.

In realtà, la CTR ha ritenuto che il condono fatto per i redditi italiani impedisce l’accertamento anche di quelli esteri: “il contribuente, come pacifico in atti, ha usufruito del c. d. condono tombale previsto dalla L. n. 289 del 2002. Il principale effetto di tale disposizione è la preclusione di qualsivoglia accertamento sui periodi di imposta condonati”.

Nel merito va evidenziato che la L. n. 289 del 2002, art. 9 prevede che “non possono essere oggetto di definizione automatica i redditi soggetti a tassazione separata, nonchè i redditi di cui all’art. 8, comma 5, ferma restando, per i predetti redditi, la possibilità di avvalersi della dichiarazione integrativa di cui al medesimo articolo 8, secondo le modalità ivi indicate”. I redditi di cui all’art. 8, comma 5, sono, per l’appunto, quelli prodotti all’estero.

Di conseguenza l’art. 8, comma 9 Legge cit. preclude, sì, l’accertamento dei redditi prodotti all’estero, ma sempre che sia stata fatta la dichiarazione fiscale nei termini di cui al comma 5, effetto preclusivo che tra l’altro non impedisce la verifica della congruità delle somme.

L’art. 9 consente dunque, per i redditi esteri, di avvalersi di dichiarazione integrativa, beneficiando dei relativi effetti, come previsto dall’art. 8, ma esclude espressamente il condono di cui all’art. 9 per tali proventi (Sez. 5, n. 2927 del 2015). Risulta però pacifico che il contribuente non ha presentato dichiarazione integrativa nei termini di legge (art. 8 cit.).

Resta pertanto fermo il potere di accertamento dell’Agenzia quanto ai redditi esteri di un contribuente che, avendo aderito al condono L. n. 289 del 2002, ex art. 9, relativamente ai soli redditi prodotti in Italia, non abbia effettuato, per quelli prodotti altrove, la dichiarazione integrativa ex art. 8 medesima Legge.

Ciò posto, la sentenza ha inoltre ritenuto che l’adesione al condono “tombale”, senza la presentazione della dichiarazione integrativa, impedisce la proroga biennale per l’esercizio dei poteri impositivi, prevista dalla L. n. 289 del 2002, art. 10, anche relativamente ai redditi prodotti all’estero.

L’art. 10 legge cit. prevede che “per i contribuenti che non si avvalgono delle disposizioni recate dagli artt. da 7 a 9 presente legge, i termini di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 43 e successive modificazioni, e al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 57 e successive modificazioni, sono prorogati di due anni”.

E’ orientamento di questa Corte che la proroga biennale opera nel caso in cui il contribuente non abbia inteso avvalersi delle disposizioni di favore di cui alla L. n. 289 del 2002 (Sez. 5, n. 17395 del 2010; Sez. 5, n. 22921 del 2014), ipotesi in cui versa, per l’appunto, il contribuente.

Quest’ultimo, infatti, ha aderito al condono ex art. 9 per i redditi prodotti in Italia, ma, quanto a quelli prodotti all’estero, non ha effettuato la dichiarazione integrativa, e conseguentemente non si è avvalso del beneficio relativo. Con la conseguenza che, per tali redditi, il potere di accertamento è prorogato di due anni.

Per i redditi esteri dunque non opera l’effetto preclusivo di ogni ulteriore accertamento (art. 9 cit.), ma opera il diverso effetto previsto dall’art. 8 cit., sempre che il contribuente intenda avvalersi della possibilità di fare una dichiarazione integrativa. Se non la fa, resta fermo il potere di accertamento di tali redditi da parte dell’Agenzia, il cui termine di esercizio è prorogato di due anni, giusta la previsione dell’art. 10 cit.

Nè può dirsi che tale previsione non riguarda il ricorrente, che, avendo fatto il condono tombale, si è avvalso degli effetti che vi riconnette l’art. 9 cit..

Invero, il ricorrente si è avvalso dell’effetto preclusivo dell’art. 9 cit., limitatamente ai redditi prodotti in Italia. Il potere di accertare ulteriori e diversi redditi prodotti all’estero non solo residua in base allo stesso art. 9, che esclude gli effetti preclusivi del condono quanto a tali proventi, ma è prorogato in base all’art. 10 cit., per via del fatto che il contribuente, relativamente a tali redditi, che hanno autonomo regime premiale (art. 8), non ha fatto la dichiarazione integrativa.

Il ricorso va pertanto accolto ma le spese, in ragione della inesistenza di un consolidato orientamento al momento di proposizione del ricorso, possono compensarsi.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo. Compensa le spese.

Così deciso in Roma, il 14 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 26 ottobre 2016

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