Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21577 del 18/09/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 18/09/2017, (ud. 07/07/2017, dep.18/09/2017),  n. 21577

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22764/2016 proposto da:

F.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PAOLO EMILIO

34, presso lo studio dell’avvocato ALESSANDRO PORRU, rappresentata e

difesa dall’avvocato ANDREA BERTO;

– ricorrente –

contro

P.G., FA.GA., elettivamente domiciliati in ROMA,

PIAZZA CAVOUR presso la CASSAZIONE, rappresentati e difesi

dall’avvocato MICHELE SANNA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 84/2016 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI

SEZIONE DISTACCATA di SASSARI, depositata il 03/03/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 07/07/2017 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Preso atto che:

il Consigliere relatore Dott. A. Scalisi ha proposto che la controversia fosse trattata in Camera di consiglio non partecipata della Sesta Sezione Civile di questa Corte, ritenendo il ricorso infondato perchè le censure sono rivolte a profili della sentenza che riguardano il merito della causa giusti i principi espressi da questa Corte con le sentenze nn. 20012/14; 18074/14; 91/14.

La proposta del relatore è stata notificata alle parti.

Il Collegio:

Letti gli atti del procedimento di cui in epigrafe dai quali risulta che:

F.A. con ricorso notificato il 29 settembre 2016 ha chiesto a questa Corte la cassazione della sentenza n. 84 del 2016 con la quale la Corte di Appello di Sassari accoglieva l’appello proposto dai sigg. P.G. e Fa.Ga. e per l’effetto, riformava la sentenza n. 501 del 2010 con la quale il Tribunale di Sassari, su domanda di F.A., aveva accolto la domanda di simulazione dell’atto pubblico di compravendita intercorso tra P.G. (il quale agiva su procura di Fa.Gi.) e Fa.Ga. e con se stesso, in quanto simulava una donazione e aveva dichiarato la nullità della donazione per mancanza di forma.

La cassazione è stata chiesta per un motivo. P.G. e Fa.Ga. hanno resistito con controricorso.

Ritiene:

1.- Infondato l’unico motivo di ricorso con il quale F.A. lamenta la violazione dell’art. 116 c.p.c. e art. 2729 c.c., per aver omesso la Corte di Appello di procedere ad un esame globale e complessivo di tutte le presunzioni gravi precise e concordanti. La ricorrente si duole del fatto che la Corte distrettuale, nel riformare la sentenza di primo grado escludendo che il contratto di compravendita di cui si dice fosse simulato non avrebbe tenuto conto della pluralità degli elementi dedotti dalla stessa attuale ricorrente e che avevano convinto il Tribunale di Sassari. In particolare non avrebbe tenuto conto: a) del rapporto di parentela tra venditore e acquirente; b) la mancata modificazione possessoria conseguente all’atto di vendita; c) il meccanismi adoperato per il perfezionamento della vendita rappresentato dall’ampia procura conferita dal P. con l’autorizzazione a rendersi egli stesso parte acquirente, senza che la stessa procura prevedesse il prezzo della vendita; d) la quasi contestualità tra il rilascio della procura e la sostituzione dell’atto pubblico di vendita; e) la non contestualità del preteso pagamento; f) la contestuale concessione dell’immobile in favore del venditore a titolo di comodato gratuito per un periodo di tempo, pari alla durata massima della vita del venditore stesso.

1.1.- Il ricorrente non ha tenuto conto che, com’è noto, i limiti istituzionali del giudizio di cassazione sono segnati dal suo oggetto, costituito da vizi specifici della decisione del giudice inferiore e non direttamente dalla materia controversa nella sua interezza, e trovano attuazione in una attività che si caratterizza in funzione della rimozione della decisione viziata e non già della sostituzione immediata di questa. Va, altresì, precisato, che, pur se per effetto dell’evoluzione legislativa succedutasi nel corso degli ultimi tempi, i limiti istituzionali del giudizio di cassazione siano stati profondamente rimaneggiati, tanto da rendere, oramai, obsoleta l’idea della Cassazione, come giudice della sentenza, tuttavia, la funzione di garanzia che l’ordinamento assegna al giudice di legittimità in attuazione dell’art. 65 ord. giud. si esercita, comunque, nella duplice direzione di un controllo sulla legalità della decisione e di un controllo sulla logicità della decisione. Nella prima direzione, il controllo di legittimità affidato alla Corte di cassazione consiste nella verifica sotto il profilo formale e della correttezza giuridica dell’esame e della valutazione compiuti dal giudice di merito (15824/14; 8118/14; 7972/07), mentre riguardo alla seconda si è soliti dire che la Corte viene investita della facoltà di controllare, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, le argomentazioni svolte dal giudice del merito, con la precisazione che, ad esso e solo ad esso, spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi (22386/14; 22146/14; 20322/05). Comune ad entrambe queste impostazioni il principio, positivamente avallato dalla ideazione del giudizio di cassazione come un giudizio a critica vincolata, in cui le censure che si muovono al pronunciamento di merito devono necessariamente trovare collocazione entro un elenco tassativo di motivi, secondo cui la Corte di Cassazione non è mai giudice del fatto in senso sostanziale secondo la rappresentazione che le parti ne fanno al giudice di merito e, che prende forma nel contraddittorio processuale. Si afferma, così, che il controllo che la Corte esercita in funzione della legalità della decisione non consente di riesaminare e di valutare autonomamente il merito della causa, così come a sua volta il controllo di logicità non consente alla parte di censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendo alla stessa una sua diversa interpretazione, al fine di ottenere la revisione da parte del giudice di legittimità degli accertamenti di fatto compiuti dal giudice di merito. E questo perchè, come abitualmente si afferma, il controllo affidato alla Corte “non equivale alla revisione del ragionamento decisorio, ossia dell’opzione che ha condotto il giudice del merito ad una determinata soluzione della questione esaminata, posto che ciò si tradurrebbe in un nuova formulazione del giudizio di fatto, in contrasto con la funzione assegnata dall’ordinamento al giudice di legittimità”. (20012/14; 18074/14; 91/14).

Ora, con riguardo alle doglianze che la parte solleva relativamente alla sentenza impugnata, esse si sostanziano nel richiedere al giudice di legittimità la rinnovazione di un giudizio di fatto, intendendo, per vero, sottoporre alcuni elementi evidenziati nel giudizio di merito dalla parte attuale ricorrente, in modo da sostituire alla valutazione sfavorevole già effettuata dai primi giudici una più consona alle proprie concrete aspirazioni. Piuttosto, appare esaustiva la valutazione effettuata dalla Corte distrettuale laddove specifica: “(…) Nel caso di specie gli elementi di valore indiziario sono ben compatibili con il libero esercizio dell’attività negoziale del sig. Fa.; si premette che lo stesso era proprietario esclusivo dei beni poi trasferiti a non consta che fosse titolare di situazione debitoria alcuna; il sig. Fa. avrebbe potuto ben disporre dei propri beni in favore di estranei al nucleo familiare ed invece ha ritenuto, secondo la propria volontà, di scegliere un proprio familiare (la sorella sig. Fa.Ga.) ed un proprio affine (cognato sig. P.G.) rispetto a terzi, manifestazione di volontà questa assolutamente frequente nella realtà sostanziale, rientrano poi nel libero esercizio dell’attività negoziale il conferimento di ampia procura in favore di persone nei confronti della quale poteva legittimamente riporre la propria fiducia (ovviamente sussistente se il procuratore aveva versato al sig. Fa. assegno di Euro 52.000,00 una settimana prima del conferimento della procura), così come rientrano nel libero esercizio dell’attività negoziale la scelta del notaio e dei tempi di sottoscrizione dell’atto (….) con riferimento al valore dei beni compravenduti non constano agli atti elementi probatori dai quali desumere la sproporzione tra il prezzo concordato ed il valore dei beni (…) con riferimento alla stipula del comodato gratuito sui beni (…..) tale previsione era da riferire alle gravi condizioni di salute del venditore (…..) il rilievo della mancata indicazione della procura del prezzo della vendita (…..) parte appellante ha prodotto assegno bancario a firma di P.G. ed intestato a Fa.Gi. (…)” non costa che tale pagamento potesse essere imputato ad altro rapporto patrimoniale.

Come appare del tutto evidente la Corte distrettuale ha compito dei dati processuali disponibili, una valutazione completa ed esaustiva e non ha mancato di valutare anche gli elementi dedotti da parte appellante, attuale ricorrente.

In definitiva il ricorso va rigettato e in ragione del principio di soccombenza la ricorrente va condannata a rimborsare a parte controricorrente le spese del presente giudizio che vengono liquidate con il dispositivo.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso, condanna la ricorrente a rimborsare a parte controricorrente le spese del presente giudizio di cassazione che liquida in Euro 4.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15% del compenso ed accessori, come per legge; dà atto che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater. Essendo, la ricorrente ammessa al gratuito patrocinio, non sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

Depositato in Cancelleria il 18 settembre 2017

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