Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21576 del 18/09/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 18/09/2017, (ud. 07/07/2017, dep.18/09/2017),  n. 21576

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22324/2016 proposto da:

L.F.P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CELIMONTANA,

n. 38, presso lo studio dell’avvocato PAOLO PANARITI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato FABIO BRUNI;

– ricorrente –

contro

C.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA OSLAVIA 40,

presso lo studio dell’avvocato ANTONIO FARINA, che lo rappresenta e

difende unitamente e disgiuntamente all’avvocato ALFREDO CAVANENGHI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 661/2016 del TRIBUNALE di PAVIA, depositata il

29/04/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 07/07/2017 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Preso atto che:

il Consigliere relatore Dott. A. Scalisi ha proposto che la controversia fosse trattata in Camera di consiglio non partecipata della Sesta Sezione Civile di questa Corte, ritenendo la manifesta infondatezza del ricorso, giusti i principi espressi da questa Corte con le sent. n. 16698 e 7394 del 2010.

La proposta del relatore è stata notificata alle parti.

Il Collegio:

Letti gli atti del procedimento di cui in epigrafe dai quali risulta che:

L’avv. L.F.P. con ricorso notificato il 23 settembre 2016 ha chiesto a questa Corte la cassazione della sentenza n. 661 del 2016 con la quale il Tribunale di Pavia riformava la sentenza n. 224 del 2014 con la quale il Giudice di Pace di Voghera aveva condannato C.P. a pagare all’avv. L.F.P. la somma di Euro 1.200,00 a titolo di corrispettivo a saldo dell’attività svolta da quest’ultima quale difensore della società I Girasoli S.r.l. di cui all’epoca era legale rappresentante. Il Tribunale dichiarava, invece, che nulla era dovuto da C.P. a L.F.P. per i fatti per cui era causa. Secondo il Tribunale di Pavia C. nulla doveva all’avv. L.F., posto che la procura ad litem rilasciata all’avv. L.F. era stata rilasciata da C. quale rappresentante della società I Girasoli, dato che il solo dato letterale ed oggettivo risultante dalla procura non costituiva prova inequivoca che l’incarico professionale fosse stato conferito da C. personalmente, anzichè, nella sua veste di legale rappresentante della società assistita dall’avv. L.F..

La cassazione è stata chiesta per un solo motivo. C. ha resistito con controricorso, illustrato con memoria.

Ritiene:

1.- Infondato l’unico motivo di ricorso con il quale l’avv. L.F.P. lamenta la violazione e falsa applicazione di norme di diritto. Secondo la ricorrente, sarebbe pacifico che la procura alle liti sia stata rilasciata dal sig. C.P., in qualità di legale rappresentante della società I Girasoli S.r.l. ma la Corte distrettuale nel ritenete che C. non fosse tenuto a corrispondere nulla all’avv. L.F.P. non avrebbe tenuto conto che indizi precisi gravi e concordanti indicavano che il mandato era stato conferito personalmente dal C..

1.1. Va qui osservato che il motivo si risolve nella richiesta di una nuova interpretazione dei documenti dei fatti di causa diversa da quella operata dalla Giudice del merito non proponibile nel giudizio di cassazione se, come nel caso in esame, il ragionamento del Giudice di merito non presenti vizi logici o contraddizioni.

Va qui ribadito che in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa (di qui la funzione di assicurare l’uniforme interpretazione della legge assegnata alla Corte di Cassazione dall’art. 65 ord. giud.); viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e impinge nella tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione; il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – è segnato, in modo evidente, dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (in tal senso essenzialmente cfr. Cass. n. 16698 e 7394 del 2010)

Piuttosto, come correttamente ha chiarito il Tribunale di Pavia, “(…) il solo dato letterale ed oggettivo risultante dalla procura non costituiva prova inequivoca che l’incarico professionale fosse stato conferito da C. personalmente, anzichè, nella sua veste di legale rappresentante della società assistita dall’avv. L.F.. Nè tale prova può dirsi raggiunta in via presuntiva sul presupposto che una prima fattura (…) a detta dell’appellante a saldo delle proprie spettanze a detta del professionista a titolo di acconto venne pacificamente evasa dalla società C. Group srl della quale C. è legale rappresentante (….) tale circostanza non costituisce indice sufficiente certo della ragione per cui detta richiesta venne formulata nè tanto meno del fatto che essa consista nell’essere l’incarico professionale stato conferito personalmente dal C., ben potendo tale richiesta trovare diversa e più plausibile spiegazione in una logica di risparmio di spesa infragruppo (….)”.

In definitiva, il ricorso va rigettato e la ricorrente, in ragione del principio di soccombenza ex art. 91 c.p.c., condannata a rimborsare a parte controricorrente le spese del presente giudizio di cassazione, che vengono liquidate con il dispositivo. Il Collegio dà atto che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso, condanna la ricorrente a rimborsare a parte controricorrente le spese del presente giudizio di cassazione che liquida in Euro 2.000,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15% del compenso ed accessori, come per legge; dà atto che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sussistono i presupposti per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Depositato in Cancelleria il 18 settembre 2017

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