Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21573 del 18/10/2011

Cassazione civile sez. VI, 18/10/2011, (ud. 17/06/2011, dep. 18/10/2011), n.21573

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – rel. Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso R.G. n. 22024/10 proposto da:

PROCURA della REPUBBLICA presso il TRIBUNALE di BRINDISI;

e da

M.G. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in Lecce, presso lo studio dell’avv. Ferrante Massimo,

che lo rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

Ricorso non notificato ad alcuno;

avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale di Brindisi, sezione penale,

depositata il 24.2.2010;

vista la relazione scritta della causa svolta dal Consigliere Dott.

Felice Manna;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice che ha concluso aderendo alla relazione.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

1 – Il consigliere relatore nominato ai sensi dell’art. 377 c.p.c. ha depositato la seguente relazione ai sensi degli artt. 380-bis e 375 c.p.c..

“1. – La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Brindisi e M.G. propongono separati ricorsi per cassazione, con le forme previste dal c.p.p., avverso l’ordinanza 24.2.2010 con cui il ridetto Tribunale, adito ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 170, (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia), ha confermato il provvedimento emesso dallo stesso ufficio mediante il quale è stato liquidato allo stesso M. il compenso per la custodia di beni sottoposti a sequestro.

2. – Entrambi i ricorsi, da riunire in applicazione dell’art. 335 c.p.c., sono inammissibili;

2.1. – Le S.U. civili di questa Corte Suprema, con sentenza n. 19161/09 chiamate a comporre il contrasto di giurisprudenza sulla qualificazione del vizio derivante dal mancato rispetto della sede civile della decisione dell’opposizione proposta ai sensi dell’art. 170 cit. T.U., hanno stabilito che il procedimento di opposizione, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, ex art. 170 al decreto di liquidazione dei compensi ai custodi e agli ausiliari del giudice (oltre che ai decreti di liquidazione degli onorari dovuti ai difensori nominati nell’ambito del patrocinio a spese dello Stato), introduce una controversia di natura civile, indipendentemente dalla circostanza che il decreto di liquidazione sia stato pronunciato in un giudizio penale, e deve quindi essere trattato da magistrati addetti al servizio civile, con la conseguenza che la trattazione del ricorso per cassazione avverso l’ordinanza che lo decide spetta alle sezioni civili della Corte di cassazione. Tuttavia, qualora l’ordinanza che decide l’opposizione sia stata adottata da un giudice addetto al servizio penale, si configura una violazione delle regole di composizione dei collegi e di assegnazione degli affari che non determina nè una questione di competenza nè una nullità, ma può giustificare esclusivamente conseguenze di natura amministrativa o disciplinare. Le S.U. hanno ulteriormente precisato che spetta sempre al giudice civile la competenza a decidere sulle opposizioni nei confronti dei provvedimenti di liquidazione (fra gli altri) delle indennità ai custodi, anche quando detti provvedimenti sia stati emessi nell’ambito di un procedimento penale, e che l’eventuale ricorso per cassazione avverso il provvedimento che decide sull’opposizione va proposto innanzi alle sezioni civili della stessa Corte, nel rispetto dei termini e con le forme del rito civile.

2.1.1. – Questa Corte ha, altresì, affermato, con ordinanza interlocutoria n. 14627/10, che alla luce del principio costituzionale del giusto processo, la parte che abbia proposto ricorso per cassazione facendo affidamento su una consolidata giurisprudenza di legittimità in ordine alle norme regolatrici del processo, successivamente travolta da un mutamento di orientamento interpretativo, incorre in errore scusabile ed ha diritto ad essere rimessa in termini ai sensi dell’art. 184-bis cod. proc. civ., ratione temporis applicabile, anche in assenza di un’istanza di parte, se, esclusivamente a causa del predetto mutamento, si sia determinato un vizio d’inammissibilità od improcedibilità dell’impugnazione dovuto alla diversità delle forme e dei termini da osservare sulla base dell’orientamento sopravvenuto alla proposizione del ricorso.

2.1.2. – n altre e recenti occasioni (v. sentenze emesse nei procedimenti R.G. nn. 5459/10 e 3606/10) è stato ulteriormente precisato che, però, osta alla rimessione in termini la circostanza che il ricorso per cassazione sia stato proposto dopo la pubblicazione della citata sentenza delle S.U. civili, poichè da tale momento in poi la parte ricorrente non poteva più fare affidamento sul pregresso e consolidato orientamento giurisprudenziale che assegnava alle sezioni penali la cognizione dell’opposizione ex art. 170 T.U. cit. ove la liquidazione fosse stata emessa nell’ambito di un procedimento penale, precisando ulteriormente che non ha rilievo ai fini della rimessione in termini la circostanza che la ridetta pronuncia delle S.U. non fosse stata ancora pubblicata sulle riviste giuridiche di maggiore diffusione tra gli operatori del diritto, atteso che il testo integrale della citata sentenza era già disponibile, a partire dal 13.10.2009, nel servizio novità del sito web della Corte di cassazione, accompagnato da un abstract di presentazione curato dall’Ufficio del Massimario.

2.2. – Nel caso specifico, il ricorso per cassazione proposto dal Procuratore della Repubblica risulta depositato presso la cancelleria penale del giudice a quo l’11.3.2010, mentre quello proposto da M.G. reca la data del 24.3.2010, e dunque deve essere stato depositato (sebbene non risulti l’apposita attestazione di cancelleria) in data successiva e prossima. Nell’un caso come nell’altro, i due ricorsi sono di epoca ampiamente successiva a quella in cui era stata resa concretamente ostensibile al pubblico la decisione n. 19161/09 delle S.U. civili.

2.2.1. – Ciò posto, entrambi i ricorsi, non essendo stati notificati ad alcuna parte, sono da ritenersi inammissibili.

3. – Per quanto sopra, si propone la decisione del ricorso con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 1”.

2 – Ritiene questa Corte che le considerazioni svolte al relatore siano del tutto condivisibili, siccome coerenti alla citata giurisprudenza delle S.U..

Ricorre ad evidenza il presupposto dell’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5 per la definizione camerale del processo, soluzione, questa, non contrastata dalle parti ricorrenti, che non hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380 c.p.c., comma 2, nè sono comparsi all’adunanza camerale, e condivisa dal Procuratore generale, che ha aderito alla relazione.

3 – Conseguentemente, i ricorsi vanno dichiarati inammissibili.

4 – La reciproca soccombenza dei ricorrenti legittima la compensazione delle spese.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibili i ricorsi e compensa le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sesta sezione civile -2 della Corte Suprema di Cassazione, il 17 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 18 ottobre 2011

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA