Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21567 del 20/09/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 21567 Anno 2013
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: BOTTA RAFFAELE

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Ferrero Giovanni, in proprio e nella qualità di legale rappresentante della
I.P. — Industria Plastica Monregalese S.p.A., elettivamente domiciliato in
Roma, via Pisanelli 4, presso l’avv. Giuseppe Gigli, che, unitamente all’avv.
Gian Carlo Bovetti, lo rappresenta e difende giusta delega a margine del ricorso;

gttLe

– ricorrente —

Contro
(9,
Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro
tempore e Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliati in Roma, via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che li rappresenta e difende per legge;

– controricorrenti —
avverso la sentenza della Corte d’appello di Torino, Sezione prima civile, n.
545/06 del 24 marzo 2006, depositata il 29 marzo 2006, non notificata;
Udita la relazione svolta nella Pubblica Udienza del 18 luglio 2013 dal Relatore Cons. Raffaele Botta;
Udito l’avv. Giuseppe Gigli per il ricorrente e l’avv. Mario Capolupo per
l’Avvocatura Generale dello Stato;
Udito il P.M., nella persona del sostituto Procuratore Generale Dott. Ennio
Affilio Sepe, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Oggetto:
Riciclaggio polietilene. Contributo.
Esenzione. Condizioni.

Data pubblicazione: 20/09/2013

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La controversia concerne una opposizione all’avviso di liquidazione con il
quale l’amministrazione agiva per il recupero del contributo sul riciclaggio
di polietilene e relativi interessi e indennità di mora, che il contribuente contestava in quanto l’operazione commerciale alla base dell’imposizione doveva considerarsi esente avendo ad oggetto materiale integralmente utilizzato per imballo di merci destinate all’esportazione.
Il Tribunale adito accoglieva l’opposizione, ma l’appello dell’amministraente propone ricorso per cassazione con tre motivi, illustrati anche con memoria. Resiste l’amministrazione con controricorso.

MOTIVAZIONE
Con il primo motivo di ricorso, il contribuente censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 342 c.p.c., non avendo il giudice di merito rilevato
l’inammissibilità dell’appello per la mancanza di specifici motivi di impugnazione.
Il motivo non è fondato. Dalla stessa esposizione contenuta nel motivo del
ricorso delle difese che l’appellante avrebbe svolto si ricava facilmente che
nella fattispecie non sia possibile parlare di mancanza di specificità dei motivi d’appello. Invero, come ha rilevato questa Corte, «il principio della necessaria specificità dei motivi di appello prescinde da qualsiasi particolare
rigore di forme, essendo sufficiente che al giudice siano esposte, anche sommariamente, le ragioni di fatto e di diritto su cui si fonda l’impugnazione,
ovvero che, in relazione al contenuto della sentenza appellata, siano anche
indicate, oltre ai punti e ai capi formulati e seppure in forma succinta, le ragioni per cui è chiesta la riforma della pronuncia di primo grado, con i rilievi posti a base dell’impugnazione, in modo tale che restino esattamente precisati il contenuto e la portata delle relative censure» (Cass. n. 6978 del
2013). Nel caso di specie l’appellante ha argomentato analiticamente le ragioni per le quali la decisione del Tribunale non poteva essere condivisa (ad
es. in ordine alla inefficacia e irrilevanza della dichiarazione prodotta dall’opponente, alla attività svolta dal dichiarante, ecc.).
Con il secondo ed il terzo motivo di ricorso, che possono essere esaminati
congiuntamente per ragioni di connessione logica, il contribuente censura
l’impugnata sentenza per violazione di legge in ordine alla individuazione
del presupposto di esenzione dal contributo in questione, ritenendo che a determinare detta esenzione sia sufficiente la richiesta dell’acquirente, e in or-

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zione era accolto, con la sentenza in epigrafe, avverso la quale, il contribu-

dine alla ripartizione dell’onere della prova circa la sussistenza delle condizioni di esenzione.
Il motivo non è fondato. L’art. 29-bis, comma 1, primo periodo, D.L. n. 331
del 1997 (poi abrogato dall’art. 56, comma 1, lettera fi, D.Lgs. n. 22 del
1997 e dall’art. 264, comma 1, lettera D.Lgs. n. 152 del 2006) stabiliva
che «a decorrere dal 1 gennaio 1994 viene istituito un contributo di riciclaggio sul polietilene vergine commercializzato sul territorio nazionale destinato alla produzione di film plastici utilizzati nel mercato interno, nella misura
del contributo era, ai sensi del comma 2, lettera a) della medesima norma,
«il fabbricante per il polietilene ottenuto nel territorio nazionale». Il decreto
ministeriale 18 marzo 1994, disciplinante le modalità di riscossione e versa,mento del predetto contributo, stabiliva all’art. 1, comma 1: «il contributo
di riciclaggio sul polietilene vergine prodotto e commercializzato nel territorio nazionale e destinato alla produzione di film plastici utilizzati nel mercato interno si applica sul prezzo del prodotto, al netto dell’imposta sul valore
aggiunto, addebitato al cessionario; il contributo è esposto separatamente in
fattura ed è oggetto di rivalsa da parte del soggetto obbligato». Il comma 5,
della medesima disposizione stabiliva: «il fabbricante», che il comma 4, lettera a), conferma essere l’obbligato al pagamento, «può commercializzare il
polietilene vergine senza applicazione del contributo solo su presentazione
di richiesta scritta dell’acquirente che deve fornire le indicazioni necessarie
per la propria identificazione, compreso il codice fiscale o la partita IVA.
Per i prodotti provenienti da paesi terzi, la eventuale destinazione ad impieghi non soggetti a contributo deve risultare dalla dichiarazione d’importazione».
Dal sistema normativo appare chiaro che la possibilità per il fabbricante — il
quale è il solo obbligato al pagamento del contributo con diritto di rivalsa —
di commercializzare il prodotto senza applicazione del contributo è condizionata non ad una richiesta, quale che sia, dell’acquirente, bensì ad una dichiarazione (non generica) di quest’ultimo circa la effettiva destinazione di
utilizzo del prodotto medesimo, che deve escludere l’utilizzo del prodotto
nel mercato interno: una dichiarazione questa che può essere rilasciata da un
trasportatore o da un esportatore. Nel caso di specie, invece, l’utilizzo del
mercato nel mercato interno risulta in punto di fatto, poiché l’acquirente è
una ditta di imballaggi che utilizza il film di polietilene prodotto dal fabbricante per imballare altro tipo di prodotti che saranno, questi sì, a dover ere-

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del 10 per cento del valore fatturato». In questo caso obbligato al pagamento

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dere alla dichiarazione, destinati all’esportazione: sicché è la stessa “richie-

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sta dell’acquirente” ad escludere che sia il film di polietilene ad essere oggetto di esportazione, bensì i prodotti che con detto film saranno stati imballati, operazione che viene eseguita e si esaurisce nel mercato interno.
In ogni caso trattandosi di un caso di “esenzione”, la prova che sussistono
nel caso le condizioni che la giustificano onera il contribuente e non l’Ufficio. E in questo senso si è costantemente orientata questa Corte (v. Cass. n.
21406 del 2012: «in tema di agevolazioni tributarie, chi vuole fare valere
punto vi è contestazione, i presupposti che legittimano la richiesta della esenzione o della agevolazione».
Pertanto, il ricorso deve essere rigettato. L’assenza di precedenti specifici
giustifica la compensazione delle spese della presente fase del giudizio.

P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Rigetta il ricorso. Compensa le spese.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 18 luglio 2013.

una forma di esenzione o di agevolazione qualsiasi deve provare, quando sul

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