Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21567 del 13/10/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 21567 Anno 2014
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: VENUTI PIETRO

SENTENZA

sul ricorso 11790-2010 proposto da:
PICCIONE

BARTOLOMEO

C.F.

PCCBTL53C011535Q,

domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso LA
CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,
rappresentato e difeso dall’avvocato MINGIARDI
GIUSEPPE, g iusta dele g a in atti;
– ricorrente –

2014
1905

contro

COMUNE DI SCICLI C.F. 00080070881, in persona del
Sindaco pro tempore, domiciliato in ROMA, PIAZZA
CAVOUR, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI

Data pubblicazione: 13/10/2014

CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato
CESARE BORROMETI, giusta delega in atti;
– controricorrente nonchè contro

I.N.P.D.A.P. – ISTITUTO NAZIONALE DI PREVIDENZA PER I

97095380586, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
CESARE BECCARIA n. 29 presso L’AVVOCATURA CENTRALE
DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dall’Avvocato
DARIO MARINUZZI, che lo rappresenta e difende, giusta
procura speciale notarile in atti;

resistente con procura

avverso la sentenza n. 803/2009 della CORTE D’APPELLO
di CATANIA, depositata il 14/01/2010 R.G.N. 835/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 28/05/2014 dal Consigliere Dott. PIETRO
VENUTI;
udito l’Avvocato MINGIARDI GIUSEPPE;
udito l’Avvocato MARINUZZI DARIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARIO FRESA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

DIPENDENTI DELLA AMMINISTRAZIONE PUBBLICA C.F.

R.G. n. 11790/10
Ud. 28.5.2014

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

gennaio 2010, riformando la sentenza del Tribunale di Modica,
accoglieva l’opposizione proposta dal Comune di Scicli avverso il
decreto ingiuntivo – che revocava – recante l’ingiunzione di
pagamento, in favore di Piccione Bartolomeo, della somma
maturata a titolo di indennità di fine rapporto dal 16 ottobre
1979 al 31 maggio 1985, relativa al servizio non di ruolo prestato
dalla lavoratrice prima dell’inquadramento in ruolo, avvenuto ai
sensi della L.R. n. 39 del 1985 a decorrere dal 1° giugno 1985.
La pretesa del lavoratore si fondava sulla sentenza della
Corte costituzionale n. 208 del 1986, che aveva dichiarato
l’illegittimità costituzionale del D. Lgs. C.P.S. n. 207 del 1947,
art. 8, comma 4, nella parte in cui escludeva il diritto
all’indennità di fine rapporto per il personale non di ruolo nel
caso di passaggio di ruolo, chiarendo che per detti periodi di
servizio non di ruolo il ricongiungimento non era possibile ai fini
del trattamento di fine rapporto, ma il personale aveva “diritto al
conseguimento dell’indennità per cessazione dal servizio”.
La Corte territoriale, dato atto del giudicato interno sulla
giurisdizione, dichiarava la prescrizione del diritto, in
accoglimento del primo motivo di gravame proposto dal Comune
di Scicli.
Disattendeva la tesi di parte appellata secondo cui solo dal
momento del disconoscimento della posizione previdenziale da
parte dell’INPDAP (nota del 5 marzo 2003) il credito era divenuto
esigibile, osservando che non poteva costituire un impedimento
all’esercizio del diritto l’errata interpretazione o applicazione da
parte del Comune della circolare INADEL n. 12 del 29 aprile

La Corte d’appello di Catania, con sentenza depositata il 14

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1986, la quale aveva previsto che il personale assunto presso gli
enti locali ai sensi della L. n. 285 del 1977 come il ricorrente sarebbe stato iscritto all’INADEL solo a decorrere dall’inizio del
rapporto di lavoro a tempo indeterminato. L’errata
regolarizzazione era stata sì cagionata dal comportamento del
Comune di Scicli, che aveva inviato all’Istituto
:

lavoratore.,

ma ben poteva il medesimo chiedere la liquidazione
dell’indennità relativa al cessato rapporto di lavoro non di ruolo,
il cui diritto era già definitivamente maturato in suo favore per
effetto della sentenza della Corte Costituzionale n. 208 del 1986.
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso Piccione
Bartolomeo sulla base di tre motivi.
Resiste il Comune di Scicli con controricorso, mentre
l’INPDAP ha rilasciato procura speciale al difensore, che ha
partecipato alla discussione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.

Preliminarmente,

va

respinta

l’eccezione

di

improcedibilità del ricorso sollevata dalla parte resistente sul
rilievo che esso non è stato notificato “presso il domicilio eletto
dal Comune di Scicli”, bensì “presso il Municipio”.
Poichè, infatti, lo scopo di notificazione degli atti di vocatio

in ius è quello di attuare il principio del contraddittorio, tale
finalità è raggiunta con la costituzione in giudizio del
destinatario dell’atto medesimo, rimanendo conseguentemente
sanato con effetto

ex tunc qualsiasi eventuale vizio della

notificazione (cfr., ex plurimis, Cass. 1 giugno 2004 n. 10495;
Cass. 6 marzo 2006 n. 4794).
2. Con il primo motivo, denunciandosi violazione degli artt.
112, 324, 329, 343 e 346 cod. proc. civ., si deduce che la
sentenza impugnata erroneamente ha ritenuto che fosse passato
in giudicato, per mancata impugnazione sul punto, il capo della
sentenza con il quale il Tribunale aveva accertato che il diritto al
pagamento dell’indennità di cessazione dal servizio relativa al

previdenziale i dati relativi al servizio prestato dai

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periodo precedente all’immissione in ruolo, avvenuta a far data
dal 1° giugno 1985, fosse maturato al momento della cessazione
di tale periodo non di ruolo.
Il Tribunale, aggiunge il ricorrente, aveva infatti affrontato
il problema della esigibilità della prestazione e della prescrizione
del diritto, ritenendo che questo non potesse essere reclamato

impugnata in appello dal Comune di Scicfi e che il ricorrente non
aveva interesse ad impugnare in via incidentale.
Non si era dunque formato alcun giudicato con riguardo al
momento della maturazione del diritto ad ottenere l’indennità di
fine servizio per il servizio non di ruolo.
3. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e
falsa applicazione degli artt. 2935 e 2944 cod. civ., in relazione
all’art. 9 D. Lgs. C.P.S. n. 207/47, per avere la Corte di appello
fatto decorrere la prescrizione non dalla data (5 marzo 2003) in
cui era avvenuto il disconoscimento, da parte dell’INPDAP, della
prestazione previdenziale per il servizio non di ruolo, ma dalla
data della sentenza della Corte Costituzionale n. 208 del 1986.
4.

Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la

compensazione delle spese di entrambi i gradi del giudizio,
operata dalla Corte di merito, posto che II ricorrente era
risultato vittorioso in primo grado.
5. I primi due motivi, che in ragione della loro connessione
vanno trattati congiuntamente, non sono fondati.
1) ricorrente, nel rilevare che la Corte di merito ha ritenuto
che fosse passata in giudicato la statuizione del Tribunale
secondo cui il diritto del ricorrente medesimo al pagamento
dell’indennità di fine servizio per il periodo non di ruolo fosse
maturato al momento di cessazione di tale periodo, osserva che,
avendo lo stesso Tribunale dichiarato che la prestazione poteva
essere reclamata solo a decorrere dal 5 marzo 2003, non aveva
alcun interesse ad impugnare la prima di dette statuizioni.

prima del 5 marzo 2003, statuizione questa che era stata

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Ma, la statuizione del Tribunale dianzi indicata non è stata
assunta dal giudice d’appello alla base del decisum, posto che
l’oggetto del presente giudizio non è costituito dall’accertamento
della data in cui il lavoratore ha conseguito il diritto alla
prestazione in esame – questione questa cui la Consulta ha
posto fine, dichiarando l’illegittimità costituzionale del D. Lgs.

escludeva il diritto all’indennità di fine rapporto per il personale
non di ruolo nel caso di passaggio di ruolo – quanto piuttosto
dall’accertare, ai fini della prescrizione, da quale data il diritto
poteva essere fatto valere.
E su tale questione la Corte ha affermato di non
condividere l’assunto – svolto dal Tribunale per disattendere
l’eccezione di prescrizione – secondo cui il diritto dei lavoratori
sarebbe divenuto esigibile solo dal momento del disconoscimento
della posizione previdenziale avvenuto con la nota INPDAP del 5
marzo 2003.
Al riguardo la decisione impugnata va confermata, non
essendo fondate le censure proposte dai ricorrente.
6. La questione per cui è controversia è stata già esaminata
da questa Corte in senso sfavorevole alla dipendente con
sentenza del 24 maggio 2013 n. 12917, le cui argomentazioni
vanno condivise.
Il ricorrente muove dall’assunto che costituirebbe
impedimento all’esercizio del diritto il comportamento tenuto dal
Comune di Scicli che, interpretando erroneamente la Circolare
INADEL n. 12 del 1986, trasferì all’Istituto previdenziale gli
elementi per consentire alla lavoratrice di fruire, all’atto della
cessazione dal servizio, dell’indennità premio di servizio anche
relativamente al periodo non di ruolo.
L’assunto deve essere disatteso.
La previsione di cui all’art. 2935 cod. civ., secondo cui la
prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può
essere fatto valere, non consente di procrastinare il dies a quo di

C.P.S. n. 207 del 1947, art. 8, comma 4, nella parte in cui

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decorrenza se non nell’ipotesi d’impedimento legale all’esercizio
del diritto e non anche – salve le eccezioni espressamente
stabilite dalla legge e regolate con gli istituti della sospensione e
dell’interruzione – nell’ipotesi d’impedimento di fatto (Cass. n.
2913/02; Cass. n. 9618/01; Cass. n. 3796/01; Cass. n.
12825/99; Cass. n. 4939/97), al quale va ricondotta l’ignoranza

Cass. n. 4389/99; Cass. n. 11809/97; Cass. n. 9291/97; Cass.
n. 4235/96), salvo che derivi da un comportamento doloso della
controparte come desumibile dalla ratio dell’art. 2941 cod. civ.,
n. 8 (v. Cass. n. 1547/04).
A tale riguardo va osservato che l’operatività della causa di
sospensione della prescrizione di cui all’art. 2941 cod. civ., n. 8,
ricorre quando sia posta in essere dal debitore una condotta tale
da comportare per il creditore una vera e propria impossibilità di
agire, e non una mera difficoltà di accertamento del credito, e
dunque quando sia posto in essere dal debitore un
comportamento intenzionalmente diretto ad occultare al
creditore l’esistenza dell’obbligazione (cfr., tra le tante, Cass. n.
1222/04, che ha escluso che possa integrare tale ipotesi la
condotta tenuta dall’Ente Ferrovie dello Stato sulla base di una
circolare volta soltanto a rassicurare i dipendenti in ordine alla
non decorrenza della prescrizione del credito per il compenso per
lavoro straordinario).
È stato osservato che l’art. 2935 cod. civ., disponendo che
la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto
può essere fatto valere, si riferisce soltanto alla possibilità legale
di esercizio del diritto e non ad un semplice impedimento
soggettivo ancorché determinato dal fatto di un terzo (Cass. n.
15858/03; v. pure Cass. n. 2429/94).
Nel caso in esame, il Comune di Scicli ebbe ad erogare
l’indennità di buonuscita relativa al periodo di servizio non di
ruolo solo per il primo anno e provvide a regolarizzare la
posizione previdenziale

de ll* lavorato.- per gli anni successivi

del titolare, colpevole o meno ch’essa sia (Cass. n. 15622/01;

6

versando i contributi all’INADEL, che autorizzò l’incombente.
Successivamente l’INPDAP, con nota del 5 marzo 2003, inviata a
tutti gli enti locali con personale assunto ai sensi della L. n. 285
del 1977, ebbe a comunicare che l’obbligo di iscrizione, ai fini
della corresponsione dell’indennità di premio servizio, decorreva
dal

10 giugno 1985, ossia dalla iscrizione nell’apposita

ruoli organici degli Enti utilizzatori, e invitò contestualmente gli
Enti interessati a presentare domanda di rimborso per i
contributi erroneamente versati. Il ricorrente, venuto a
conoscenza di ciò – e segnatamente del fatto che alla fine del
rapporto di lavoro non avrebbe percepito da parte dell’INPDAP
alcuna indennità di fine rapporto in relazione al periodo non di
ruolo -, avanzò istanza al Comune di Scicli per la liquidazione
dell’indennità di buonuscita relativa a tale periodo, impugnando
poi il diniego in quanto contrastante con il dictum della Corte
Costituzionale di cui alla sentenza n. 208 del 9 luglio 1986.
Tali essendo i fatti, deve ritenersi che i principi di diritto
sopra indicati siano stati correttamente applicati dal giudice di
appello: nessun comportamento doloso risultava posto in essere
dal Comune di Scicli, atto a trarre in inganno il ricorrente circa
la possibilità di far valere il suo diritto all’indennità per
cessazione dal servizio non di ruolo, a seguito della sentenza n.
208/86 della Corte costituzionale; non vi erano impedimenti
legali all’esercizio di tale diritto, non potendo ritenersi tale la
regolarizzazione contributiva operata dal Comune per il
ricongiungimento dei periodi ai fini previdenziali, che peraltro la
stessa sentenza della Corte costituzionale n. 208/86 aveva
escluso.
7. Infondato è infine il terzo motivo, essendo a ricorrente
rimasta soccombente in secondo grado ed avendo la Corte dato
conto della compensazione delle spese, richiamando anche la
peculiarità della vicenda.

graduatoria regionale formata per l’inserimento dei giovani nei

7

8. Il ricorso va dunque respinto, con compensazione tra le
parti delle spese del presente giudizio, avuto riguardo al diverso
esito dei giudizi di merito.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese tra le parti.

Così deciso in Roma il 28 maggio 2014.

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