Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21564 del 22/10/2015


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 6 Num. 21564 Anno 2015
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: PETITTI STEFANO

sentenza con motivazione
semplificata

SENTENZA
sul ricorso proposto da:

LEPRI Carla, GUIDI Lorenzo, GUIDI Monica, GUIDI Simone,
quali eredi di Guidi Graziano, LIPPI Anna, CIRIFINO Elena,
CIRIFINO Fabio,

quali eredi di Cirifino Carlo,

rappresentati e difesi, per procura speciale in calce al
ricorso, dal’Avvocato Anna Rita Moscioni, elettivamente
domiciliati presso Biagio Marinelli, via Acquedotto Paolo
n. 22;
ricorrenti contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del
Ministro

pro

tempore,

rappresentato

e

difeso

dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici

Data pubblicazione: 22/10/2015

in Roma, via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato per
legge;
– controricorrente e ricorrente incidentale avverso il decreto della Corte d’Appello di Perugia n.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 24 settembre 2015 dal Presidente relatore
Dott. Stefano Petitti.
Ritenuto che, con ricorso depositato presso la Corte
d’appello di Perugia il 16 luglio 2010, LEPRI Carla, GUIDI
Lorenzo, GUIDI Monica, GUIDI Simone, quali eredi di Guidi
Graziano deceduto il 12 marzo 2004, chiedevano la condanna
del Ministero dell’economia e delle finanze al pagamento
dell’equa riparazione per la irragionevole durata di un
giudizio amministrativo iniziato dal loro dante causa con
ricorso depositato nel marzo 1994 dinnanzi al TAR Lazio,
per il riconoscimento del diritto alla corresponsione
delle differenze economiche dovute a titolo di arretrato
in applicazione dell’art. l della legge n. 23 del 1993;
che, con ricorso depositato presso la Corte d’appello
di Perugia il 9 agosto 2010, LIPPI Anna, CIRIFINO Elena,
CIRIFINO Fabio, quali eredi di Cirifino Carlo deceduto il
6 dicembre 2003, chiedevano la condanna del Ministero
dell’economia e delle finanze al pagamento dell’equa
riparazione per la irragionevole durata di un giudizio

-2-

1602/13, depositato in data 9 settembre 2013.

amministrativo iniziato dal loro dante causa con ricorso
depositato nel marzo 1994 dinnanzi al TAR Lazio, per il
riconoscimento del diritto alla corresponsione delle
differenze economiche dovute a titolo di arretrato in

che l’adita Corte d’appello, riuniti i giudizi,
rilevato che il giudizio amministrativo presupposto non
era di rilevante complessità e che la sua durata rilevante
si arrestava alla data del decesso dei danti causa dei
ricorrenti (rispettivamente 12 marzo 2004 e 6 dicembre
2003), riteneva che la durata irragionevole indennizzabile
per gli eredi del Guidi fosse di sette anni e per gli
eredi del Cirifino, fosse di sei anni e nove mesi;
che, quindi, applicando il criterio di 500,00 euro per
anno di ritardo, in considerazione della modestia delle
pretese economiche azionate, la Corte d’appello
riconosceva agli eredi Guidi la somma di euro 3.500,00 e
agli eredi Cirifino la somma di euro 3.375,00, oltre agli
interessi legali dalla data della domanda al soddisfo, e
compensava per metà le spese del giudizio, in
considerazione dell’accoglimento solo parziale della
domanda;
che per la cassazione del decreto della Corte
d’appello i ricorrenti in epigrafe indicati hanno proposto
ricorso sulla base di due motivi;

-3-

applicazione dell’art. l della legge n. 23 del 1993;

che

l’intimato

Ministero

ha

resistito

con

controricorso e ha a sua volta proposto ricorso
incidentale.
Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione

che con il primo motivo del ricorso principale
(violazione e falsa applicazione dell’art. 2 e seguenti L.
n. 89/2001 e dell’art. 6 par l CEDU in relazione all’art.
360 n. 3 cod. proc. civ. nonché omessa, insufficiente,
illogica e/o contraddittoria motivazione in relazione
all’art. 360 n. 5 cod. proc. civ.) i ricorrenti si dolgono
del criterio di liquidazione adottato, contestando la
idoneità degli indici adottati dalla Corte d’appello per
giustificare lo scostamento dagli ordinari criteri di
liquidazione;
che con il secondo motivo (violazione e falsa
applicazione del d.m. n. 140/2012, artt. 4, 5 e 9 nonché
violazione e falsa applicazione degli artt. 91, primo
comma, e 92, secondo comma, cod. proc. civ. in relazione
all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ.) i ricorrenti deducono
sia la erroneità della liquidazione delle spese,
effettuate dalla Corte d’appello nella misura di euro
300,00, poi compensata per la metà, in violazione della
tariffa approvata con il citato d.m. n. 140 del 2012, sia

di una motivazione in forma semplificata;

la illegittimità della disposta compensazione, adottata in
assenza di gravi ed eccezionali ragioni;
che con il ricorso incidentale il Ministero ricorrente
sostiene che la Corte d’appello non avrebbe apprezzato il

irricevibilità della domanda di equa riparazione;
che il ricorso incidentale, all’esame del quale
occorre procedere in via prioritaria per ragioni di ordine
logico, è inammissibile, atteso che lo stesso non soddisfa
i requisiti di cui all’art. 366, n. 3, cod. proc. civ.,
essendo del tutto omesso ogni riferimento sia al giudizio
presupposto che al giudizio di equa riparazione;
che il primo motivo del ricorso principale è
infondato;
che, invero, nella giurisprudenza di questa Corte si è
affermato il principio per cui, se è vero che il giudice
nazionale deve, in linea di principio, uniformarsi ai
criteri di liquidazione elaborati dalla Corte Europea dei
diritti dell’uomo (secondo cui, data l’esigenza di
garantire che la liquidazione sia satisfattiva di un danno
e non indebitamente lucrativa, la quantificazione del
danno non patrimoniale dev’essere, di regola, non
inferiore ad euro 750,00 per ogni anno di ritardo, in
relazione ai primi tre anni eccedenti la durata
ragionevole, e non inferiore a euro 1.000,00 per quelli

-5-

carattere bagatellare della controversia e quindi la

successivi), permane tuttavia, in capo allo stesso
giudice, il potere di discostarsene, in misura
ragionevole, qualora, avuto riguardo alle peculiarità
della singola fattispecie, ravvisi elementi concreti di

conto in motivazione (Cass. 18617 del 2010; Cass. 17922
del 2010);
che, nella specie, la Corte d’appello ha giustificato
l’adozione del criterio di 500,00 euro per anno di ritardo
facendo riferimento al fatto che il giudizio presupposto
aveva ad oggetto una pretesa di carattere economico di
modesto rilievo;
che trattasi di motivazione del tutto idonea a
giustificare l’adozione di un criterio di liquidazione che
nella giurisprudenza di questa Corte, sulla scorta delle
indicazioni della giurisprudenza della Corte EDU, si
ritiene normalmente applicabile allorquando non siano
ravvisabili elementi idonei a suggerire una riduzione per
effetto del minor impatto che la irragionevole durata del
giudizio presupposto può aver determinato nelle parti di
quel giudizio;
che, infatti, nella giurisprudenza di questa Corte
(Cass., 18 giugno 2010, n. 14753; Cass., 10 febbraio 2011,
n. 3271; Cass., 13 aprile 2012, n. 5914), sulla base dei
criteri elaborati dalla Corte europea dei diritti

-6-

positiva smentita di detti criteri, dei quali deve dar

dell’uomo (decisioni Volta et autres c. Italia, del 16
marzo 2010 e Falco et autres c. Italia, del 6 aprile
2010), si è ritenuto che, relativamente a giudizi
amministrativi protrattisi per oltre dieci anni, sia

anno di ritardo; criterio, questo, che anche prima della
entrata in vigore del decreto-legge n. 83 del 2012,
convertito dalla legge n. 134 del 2012, non applicabile
ratione temporis nel caso di specie, deve ritenersi in sé
non irragionevole e idoneo ad assicurare un adeguato
indennizzo per la violazione alla ragionevole durata del
processo;
che sulla base di tale orientamento, e tenuto conto
delle caratteristiche del giudizio amministrativo, si è
poi affermato che, per tale tipologia di giudizio, il
criterio di 500,00 euro per anno costituisca l’adeguato
indennizzo per la violazione della ragionevole durata del
processo e che da esso il giudice del merito possa
discostarsi con adeguata motivazione, evidenziando le
specificità del caso, con riguardo sia alla natura e alla
rilevanza dell’oggetto del giudizio, sia al comportamento
processuale delle parti (Cass. n. 20617 del 2014);
che il secondo motivo è fondato in entrambi i profili
in cui si articola;

possibile liquidare un indennizzo pari a 500,00 euro per

che effettivamente la somma liquidata a titolo di
spese appare non conforme al d.m. n. 140 del 2012, atteso
che per una controversia di valore rientrante nel primo
scaglione, il compenso minimo spettante è di 564,00 euro;

delle spese per metà, atteso che la riduzione del quantum
liquidato rispetto alla richiesta iniziale discende
unicamente dalla adozione di un differente criterio di
liquidazione del danno non patrimnoniale;
che, dunque, dichiarato inammissibile il ricorso
incidentale, rigettato il primo motivo del ricorso
principale ed accolto il secondo motivo di tale ricorso,
il decreto impugnato va cassato in relazione alle censure
accolte;
che, tuttavia, non essendo necessari ulteriori
accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel
merito, ai sensi dell’art. 384, secondo comma, cod. proc.
civ., procedendosi alla determinazione delle spese del
giudizio di merito in euro 564,00 per compensi, oltre agli
accessori di legge, e alla elisione della compensazione
per metà delle spese stesse;
che quanto alle spese del giudizio di cassazione le
spese seguono la soccombenza, tenuto anche conto della
dichiarazione di inammissibilità del ricorso incidentale;

che del pari appare ingiustificata la compensazione

che le spese vanno distratte in favore del difensore,
dichiaratosi antistatario.
PER QUESTI MOTIVI
Corte

incidentale,
principale,

dichiara
rigetta

accoglie

il

inammissibile

ricorso

il primo motivo del ricorso
il secondo;

cassa

il decreto

impugnato in relazione alle censure accolte e decidendo la
causa nel merito,

condanna

il Ministero dell’economia e

delle finanze al pagamento, in favore dei ricorrenti,
delle spese del giudizio di merito che

liquida

in euro

564,00 per compensi, oltre accessori di legge e, del
giudizio di cassazione, in euro 600,00 per compensi, oltre
agli accessori di legge e alle spese forfetarie;

dispone

la distrazione delle spese in favore del difensore dei
ricorrenti, dichiaratosi antistatario.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della
VI – 2 Sezione civile della Corte Suprema di Cassazione,

La

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA