Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21564 del 07/10/2020

Cassazione civile sez. II, 07/10/2020, (ud. 26/02/2020, dep. 07/10/2020), n.21564

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3734-2016 proposto da:

I.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE GIULIO

CESARE, 14, presso lo studio dell’avvocato ALESSIA CIPROTTI,

rappresentata e difesa dall’avvocato CINZIA LUCIA DI VITA;

– ricorrente –

contro

G.A., elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO TRIESTE,

199, presso lo studio dell’avvocato ANTONIETTA GIANNUZZI,

rappresentata e difesa dagli avvocati GIOVANNI VALENTINO, UGO

VASSALLO PALEOLOGO;

– controricorrente –

e contro

G.M., G.C., C.M.L.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 969/2015 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 18/06/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/02/2020 dal Consigliere Dott. ELISA PICARONI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Nel 2006 I.C. convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di Termini Imerese-sez. distaccata di Cefalù, B.G. e C.M.L., per ottenere l’ampliamento della servitù di passaggio a favore del fondo di sua proprietà, sito in (OMISSIS) (in catasto al foglio (OMISSIS)), ed a carico dei terreni appartenenti alle convenute.

1.1. Il Tribunale, con sentenza n. 163 del 2008, rigettò la domanda e dichiarò compensate le spese di lite.

2. La Corte d’appello, con sentenza pubblicata il 18 giugno 2015, nella contumacia di C.M.L., ha rigettato l’appello principale proposto da I.C. ed ha accolto l’incidentale in punto spese proposto da G.M., G.C. ed G.A., eredi di B.G..

2.1. Secondo la Corte territoriale la domanda della I. era rimasta sfornita di prova, avuto riguardo sia alla consistenza della servitù di cui si chiedeva l’ampliamento sia alle esigenze del fondo preteso dominante.

Ed infatti, anche dopo l’espletamento della CTU disposta in grado di appello, era rimasto incerto il percorso dell’asserita preesistente servitù e quindi l’assetto proprietario dello stesso, con la conseguenza che non era possibile individuare su quali porzioni di terreno avrebbe inciso l’ampliamento richiesto.

Analogamente risultavano indimostrate le esigenze di coltivazione del fondo preteso dominante, tanto più che il CTU aveva accertato che si trattava di terreno incolto.

2.2. Era fondato, per contro, l’appello incidentale degli Eredi B., poichè non ricorrevano giusti motivi per compensare le spese di lite, del resto neppure indicati dal giudice di primo grado.

3. Per la cassazione della sentenza ricorre I.C. sulla base di un motivo, al quale resiste G.A. con controricorso, anche illustrato da memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c. Non hanno svolto difese in questa sede C.M.L., G.M. e G.C..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso, che denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 1051 c.c., la ricorrente assume che la Corte d’appello sarebbe incorsa in errore nel ritenere non dimostrata la consistenza della servitù e le esigenze sottese alla domanda di ampliamento della servitù.

Per un verso, la documentazione prodotta era idonea a dimostrare che il viottolo oggetto del passaggio è costituito da una strada privata in proprietà dei frontisti al 50% ciascuno, e, per altro verso, la questione dell’incertezza del confine tra i fondi era stato sollevato tardivamente.

La Corte d’appello avrebbe errato anche nel ritenere che il terreno incolto di cui riferisce la CTU fosse quello di proprietà I., mentre si trattava del terreno di proprietà B..

2. La doglianza è infondata.

2.1. La Corte d’appello ha confermato il rigetto della domanda di ampliamento della servitù di passaggio ex art. 1051 c.c., comma 3, sul rilievo che non risultavano provate nè la “consistenza della servitù” preesistente, nè le esigenze del fondo preteso dominante.

Il secondo dei rilievi suddetti, ovvero la carenza del requisito obiettivo richiesto dall’art. 1051 cit., che è da solo sufficiente a supportare la decisione della Corte di merito, costituisce un giudizio di fatto incensurabile in sede di legittimità (ex plurimis, Cass. 30/09/2015, n. 19388; Cass. 13/01/2010, n. 382; Cass. 04/03/2003, n. 382; Cass. 07/05/1997, n. 3973).

Peraltro, l’errore che la ricorrente imputa alla Corte d’appello, di avere ritenuto “incolto” il fondo dominante anzichè quello servente, è prospettato genericamente, mancando nel ricorso la trascrizione degli atti dai quali emergerebbe che il fondo dominante è coltivato, e tale lacuna impedisce l’esame della censura.

3. Al rigetto del ricorso segue la condanna della ricorrente alle spese, nella misura liquidata in dispositivo. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna al ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 1.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello richiesto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Seconda civile della Corte Suprema di Cassazione, il 26 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2020

 

 

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