Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21563 del 22/10/2015


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 21563 Anno 2015
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: PETITTI STEFANO

SENTENZA

sentenza con motivazione
semplificata

sul ricorso proposto da:
PETRUCCI Maurizio, PALLOTTA Rosella, PICA Loredana, PINNA
Rossana, DE SANCTIS Sandro, quale erede di Barberi Rita,
LUSSO Silvia, MARINI Domenica, RUSSO Angela, FITTIPALDI
Patrizia, BARTOLOMEI Mariella, LA ROCCA Maria, VECCHIETTI
Anna Maria, ROSSI Maria Palma, MARCOZZI Fernanda,
SCAGNETTI Simona, AMENDOLA Anna, COGNO Carla Antonella,
URSINO Silvana, SCOGNAMIGLIO Carmela, BORGHESE Maria
Rosaria, CALEVI Vera, FANNI Patrizia, SANTORO Anna
Giuseppa, SCALA Carlo, GIANNINI Maria, ARCANGELI
Elisabetta, tutti rappresentati e difesi, per procura
speciale in calce al ricorso, dagli Avvocati
Giovambattista Ferriolo e Ferdinando Emilio Abbate, presso

611,19,0(4,

Data pubblicazione: 22/10/2015

lo studio dei quali in Roma, viale Mazzini n. 114/B, sono
elettivamente domiciliati;
ricorrente contro

Ministro

pro tempore,

rappresentato e difeso

dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici
in Roma, via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato per
legge;
– controricorrente avverso il decreto della Corte d’Appello di Perugia n.
1551/13, depositato in data 9 settembre 2013.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 24 settembre 2015 dal Presidente relatore
Dott. Stefano Petitti;
sentito,

per i ricorrenti, l’Avvocato Ranieri Roda,

per delega dell’Avvocato Abbate.
Ritenuto che, con ricorso depositato presso la Corte
d’appello di Perugia il 29 aprile 2011, in riassunzione di
precedente ricorso depositato nel 2008 presso la Corte
d’appello di Roma, poi dichiaratasi incompetente, PETRUCCI
Maurizio, PALLOTTA Rosella, PICA Loredana, PINNA Rossana,
DE SANCTIS Sandro, quale erede di Barberi Rita, LUSSO
Silvia, MARINI Domenica, RUSSO Angela, FITTIPALDI
Patrizia, BARTOLOMEI Mariella, LA ROCCA Maria, VECCHIETTI

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MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del

Anna Maria, ROSSI Maria Palma, MARCOZZI Fernanda,
SCAGNETTI Simona, AMENDOLA Anna, COGNO Carla Antonella,
URSINO Silvana, SCOGNAMIGLIO Carmela, BORGHESE Maria
Rosaria, CALEVI Vera, FANNI Patrizia, SANTORO Anna

Elisabetta chiedevano la condanna del Ministero
dell’economia e delle finanze al pagamento dell’equa
riparazione per la irragionevole durata di un giudizio
amministrativo iniziato con ricorso depositato nel
febbraio 1998 dinnanzi al TAR Lazio, per il quale era
stata fissata udienza di discussione il 6 giugno 2007;
che l’adita Corte d’appello, rilevato che il giudizio
amministrativo presupposto non era di rilevante
complessità e che si era concluso con dichiarazione di
inammissibilità per mancata notifica del ricorso ai
controinteressati, riteneva intervenuta una violazione di
sei anni del termine di durata ragionevole, condannava il
Ministero al pagamento della somma di euro 3.000,00 in
favore di ciascuno dei ricorrenti, adottando il criterio
di euro 500,00 per anno di ritardo e compensava per metà
le spese del procedimento in considerazione della
reciproca soccombenza;
che, con riferimento alla posizione di DE SANCTIS
Sandro, che aveva agito quale erede di Barbieri Rita, la
Corte d’appello, rilevato che quest’ultima era deceduta

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Giuseppa, SCALA Carlo, GIANNINI Maria, ARCANGELI

nel dicembre 2003, riconosceva al ricorrente un indennizzo
di euro 1.000,00 per i due anni di durata irragionevole
sino al decesso della dante causa;
che per la cassazione del decreto della Corte

ricorso sulla base di tre motivi, illustrati da successiva
memoria;
che

l’intimato

Ministero

ha

resistito

con

controricorso.
Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione
di una motivazione in forma semplificata;
che con il primo motivo di ricorso (violazione e/o
falsa applicazione dell’art. 2 della legge n. 89 del 2001)
i ricorrenti si dolgono che la Corte d’appello abbia
accertato che la durata complessiva del giudizio
presupposto fosse di nove anni e non già di nove anni e
quattro mesi (febbraio 1998 – giugno 2007) e che abbia
quindi erroneamente omesso di indennizzare il periodo di
irragionevole durata di sei anni e quattro mesi, mentre
per il De Sanctis il periodo indennizzabile avrebbe dovuto
essere di due anni e dieci mesi (febbraio 1998 – dicembre
2003, data di decesso della de cuius);
che il motivo è fondato, atteso che, effettivamente,
la durata complessiva del giudizio presupposto è stata di
nove anni e quattro mesi per tutti i ricorrenti, mentre

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d’appello i ricorrenti in epigrafe indicati hanno proposto

per la dante causa di De Sanctis Sandro è stata di cinque
anni e dieci messi, sicché il ritardo indennizzabile
avrebbe dovuto essere per i primi di sei anni e quattro
mesi e per il secondo di due anni e dieci mesi;

applicazione dell’art. 2 della legge n. 89 del 2001) i
ricorrenti censurano il decreto impugnato per il criterio
di liquidazione adottato, contestando la idoneità degli
indici adottati dalla Corte d’appello per giustificare lo
scostamento dagli ordinari criteri di liquidazione;
che il motivo è infondato;
che, invero, nella giurisprudenza di questa Corte si è
affermato il principio per cui, se è vero che il giudice
nazionale deve, in linea di principio, uniformarsi ai
criteri di liquidazione elaborati dalla Corte Europea dei
diritti dell’uomo (secondo cui, data l’esigenza di
garantire che la liquidazione sia satisfattiva di un danno
e non indebitamente lucrativa, la quantificazione del
danno non patrimoniale dev’essere, di regola, non
inferiore ad Euro 750,00 per ogni anno di ritardo, in
relazione ai primi tre anni eccedenti la durata
ragionevole, e non inferiore a Euro 1.000,00 per quelli
successivi), permane tuttavia, in capo allo stesso
giudice, il potere di discostarsene, in misura
ragionevole, qualora, avuto riguardo alle peculiarità

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che con il secondo motivo (violazione e/o falsa

della singola fattispecie, ravvisi elementi concreti di
positiva smentita di detti criteri, dei quali deve dar
conto in motivazione (Cass. 18617 del 2010; Cass. 17922
del 2010);

l’adozione del criterio di 500,00 euro per anno di ritardo
facendo riferimento sia alla conclusione del giudizio
presupposto – dichiarazione di inammissibilità per omessa
notifica del ricorso ai controinteressati – sia alla
carenza di iniziative sollecitatorie una volta rigettate
le istanze di sospensiva;
che trattasi di motivazione del tutto idonea a
giustificare l’adozione di un criterio di liquidazione che
nella giurisprudenza di questa Corte, sulla scorta delle
indicazioni della giurisprudenza della Corte EDU, si
ritiene normalmente applicabile allorquando non siano
ravvisabili elementi idonei a suggerire una riduzione per
effetto del minor impatto che la irragionevole durata del
giudizio presupposto può aver determinato nelle parti di
quel giudizio;
che, infatti, nella giurisprudenza di questa Corte
(Cass., 18 giugno 2010, n. 14753; Cass., 10 febbraio 2011,
n. 3271; Cass., 13 aprile 2012, n. 5914), sulla base dei
criteri elaborati dalla Corte europea dei diritti
dell’uomo (decisioni Volta et autres c. Italia, del 16

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che, nella specie, la Corte d’appello ha giustificato

marzo 2010 e Falco et autres c. Italia, del 6 aprile
2010), si è ritenuto che, relativamente a giudizi
amministrativi protrattisi per oltre dieci anni, sia
possibile liquidare un indennizzo pari a 500,00 euro per

entrata in vigore del decreto-legge n. 83 del 2012,
convertito dalla legge n. 134 del 2012, non applicabile
ratione temporis nel caso di specie, deve ritenersi in sé
non irragionevole e idoneo ad assicurare un adeguato
indennizzo per la violazione del diritto alla ragionevole
durata del processo;
che sulla base di tale orientamento, e tenuto conto
delle caratteristiche del giudizio amministrativo, si è
poi affermato che, per tale tipologia di giudizio, il
criterio di 500,00 euro per anno costituisce l’adeguato
indennizzo per la violazione della ragionevole durata del
processo e che da esso il giudice del merito possa
discostarsi con adeguata motivazione, evidenziando le
specificità del caso, con riguardo sia alla natura e alla
rilevanza dell’oggetto del giudizio, sia al comportamento
processuale delle parti (Cass. n. 20617 del 2014);
che con il terzo motivo (violazione e/o falsa
applicazione degli artt. 91 cod. proc. civ., 2233, secondo
comma, cod. civ., 10, secondo comma, cod. proc. civ.) i
ricorrenti deducono la erroneità della liquidazione delle

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anno di ritardo; criterio, questo, che anche prima della

spese, effettuate dalla Corte d’appello nella misura di
euro 700,00, ridotta della metà per effetto della
compensazione, e non sulla base dell’effettivo valore
della controversia; il che avrebbe comportato il

compenso pari ad euro 4.020,00, riducibile del 50% e
comunque aumentabile di un ulteriore 50% adottando il
criterio di incremento già adottato dalla Corte d’appello
per la pluralità di parti;
che l’esame del motivo è assorbito dall’accoglimento
del primo, atteso che, dovendosi procedere a nuova
liquidazione delle spese per effetto della
rideterminazione dell’indennizzo dovuto, si dovrà
procedere altresì alla regolamentazione delle spese del
giudizio di merito;
che, tuttavia, non essendo necessari ulteriori
accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel
merito, ai sensi dell’art. 384, secondo comma, cod. proc.
civ.;
che, invero, accertata la irragionevole durata per i
ricorrenti in sei anni e quattro mesi, l’indennizzo
spettante a ciascuno dei ricorrenti (ad eccezione di De
Sanctis Sandro) va determinato nella maggior somma di euro
3.167,00, oltre interessi legali dalla data della domanda
al soddisfo, mentre per De Sanctis Sandro, accertata una

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riconoscimento, secondo il d.m. n. 140 del 2012, di un

irragionevole durata indennizzabile di due anni e dieci
mesi, l’indennizzo va determinato in euro 1.417,00, oltre
interessi dalla domanda al soddisfo;
che, quanto alle spese, le stesse possono essere

controversia rientra nello scaglione di valore fino a
25.000,00 euro, non sommandosi gli importi dovuti a
ciascun ricorrente, e tuttavia potendosi riconoscere un
incremento del compenso stesso in ragione del numero delle
parti;
che, quanto alle spese del giudizio di cessazione, le
stesse seguono la soccombenza e si liquidano come da
dispositivo;
che le spese vanno distratte in favore dei difensori
dichiaratisi antistatari.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta
il secondo, assorbito il terzo; cassa il decreto impugnato
in relazione alle censure accolte e decidendo la causa nel
merito,

condanna

il Ministero dell’economia e delle

finanze al pagamento, in favore di De Sanctis Sandro,
nella qualità, di euro 1.417,00, oltre agli interessi
legali dalla data della domanda al soddisfo, e in favore
di ciascuno degli altri ricorrenti, della somma di euro
3.167,00, oltre interessi legali dalla domanda al

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liquidate in euro 1.000,00, tenuto conto che la

soddisfo;

condanna

inoltre il Ministero dell’economia e

delle finanze al pagamento delle spese dell’intero
giudizio che liquida, quanto al giudizio di merito, in
euro 1.000,00 per compensi, oltre accessori di legge e,

compensi, oltre agli accessori di legge e alle spese
forfetarie; dispone la distrazione delle spese in favore
dei difensori dichiaratisi antistatari.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della
VI – 2 Sezione civile della Corte Suprema di Cassazione,

per il giudizio di cassazione, in euro 700,00 per

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