Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21562 del 18/10/2011

Cassazione civile sez. VI, 18/10/2011, (ud. 22/09/2011, dep. 18/10/2011), n.21562

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 19076-2010 proposto da:

COMUNE di ANCONA (OMISSIS), in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE MAZZINI 6, presso lo studio

dell’avvocato VITALE ELIO, rappresentato e difeso dall’avvocato

FABIANI MAURIZIO giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

L.E.;

– intimato –

avverso l’ordinanza n. 3655/1995 del TRIBUNALE di ANCONA, depositata

il 25/06/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/09/2011 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE FRASCA;

è presente il P.G. in persona del Dott. ROSARIO GIOVANNI RUSSO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto quanto segue:

p.1. Il Tribunale di Ancona, investito dal Comune di Ancona nel novembre del 1995 contro L.E. di un giudizio inteso ad ottenere il risarcimento di danni per L. quaranta miliardi, dopo avere pronunciato sentenza non definitiva sull’an debeatur nel gennaio del 2005, con la quale riconosceva al Comune il diritto al risarcimento dei danni e rimetteva la causa nella fase istruttoria per l’accertamento del quantum, con ordinanza resa il 25 giugno 2009 a seguito di rimessione in decisione avvenuta il 18 dicembre 2009, ha disposto la sospensione del giudizio sino all’esito del procedimento penale, instaurato con richiesta di rinvio a giudizio per il delitto di cui all’art. 373 c.p. e di fissazione dell’udienza preliminare del Procuratore delle Repubblica presso lo stesso Tribunale nei confronti dei membri del collegio di consulenti tecnici che avevano espletato la consulenza tecnica nel giudizio stesso.

La sospensione è stata disposta dal Tribunale per asserita pregiudizi alita del giudizio penale, sull’assunto che l’accertamento della sussistenza della falsità che dovesse scaturire dal detto giudizio spigherebbe efficacia pregiudicante sul giudizio civile, in quanto, ove la consulenza fosse accertata come affetta da falsità, dovrebbe disporsi la sua rinnovazione (allo stato definita prematura per l’aleatorietà del giudizio penale), attesa l’indispensabilità del mezzo ai fini dell’accertamento del danno. Il Tribunale ha, d’altro canto, rilevato che il Pubblico Ministero nella sua richiesta ha indicato come parte offesa il Sindaco del Comune di Ancona, onde, essendo quest’ultimo parte del processo penale, il giudicato che si dovesse formare in tale giudizio potrà spiegare effetti nel giudizio civile ai sensi degli artt. 651, 652 e 654 c.p.p..

p.2. Contro l’ordinanza il Comune ha proposto tempestivamente istanza di regolamento di competenza con atto notificato il 16 luglio 2010.

L’intimato L. non ha svolto attività difensiva.

3. Essendo stata disposta la trattazione con il procedimento ai sensi dell’art. 380-ter c.p.c., il Pubblico Ministero ha depositato le Sue conclusioni scritte, che sono state notificate al ricorrente, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte.

Considerato quanto segue:

p.1. Nelle Sue conclusioni il Pubblico Ministero ha chiesto il rigetto dell’istanza di regolamento, assumendo che nella specie sussisterebbe sia la pregiudizialità logica che quella giuridica, rispettivamente sotto il profilo che la sentenza che fosse emanata nel processo penale sarebbe opponibile al Comune, in quanto il suo Sindaco è parte offesa nel processo, e sotto il profilo correttamente il giudice a quo avrebbe rilevato che, attese le circostanze, la consulenza tecnica rivestiva il carattere di fonte oggettiva di prova.

p.2. Il Collegio ritiene che l’istanza di regolamento di competenza sia fondata.

Queste le ragioni.

Va premesso che la controversia, in quanto introdotta nel novembre del 1995, è soggetta al testo dell’art. 295 c.p.c. modificato dalla L. n. 353 del 1990 ed alla disciplina dei rapporti fra giudizio civile e giudizio penale emergente dall’assetto normativo determinato dal Codice di procedura penale del 1989.

In tale cornice normativa l’esercizio del potere di sospensione risulta avvenuto del tutto al di fuori dei limiti entro i quali vigente il nuovo testo dell’art. 295 e il Codice di Procedura Penale del 1989 è possibile sospendere il giudizio civile in attesa della definizione di un giudizio penale.

Il Collegio rileva, tuttavia, in via pregiudiziale che il provvedimento di sospensione è stata anche adottato in modo irriguardoso del principio del contraddittorio di cui all’art. 183 c.p.c., comma 3 (nel testo vigente anteriormente alla sostituzione operata dal D.Lgs. n. 40 del 2006, applicabile alla controversia), giacchè pur essendosi verificata l’emersione della pretesa fattispecie sospensiva dopo la rimessione in decisione della controversia (cioè il 23 giugno 2010, attraverso il pervenimento al Presidente del Tribunale della copia della richiesta di rinvio a giudizio, siccome si da atto nell’ordinanza impugnata), il Tribunale non ha sentito il dovere di rimettere la causa sul ruolo per provocare il contraddittorio sulla questione di sospensione in quanto emergente da un fatto sopravvenuto, prima di adottare quest’ultima.

E’ da rilevare che la violazione del principio del contraddittorio di cui all’art. 101 c.p.c., ora comma 1, alla cui preservazione era funzionale l’art. 183 c.p.c., comma 3 (ed ora, prima di esso il nuovo art. 101 c.p.c., comma 2, inapplicabile alla controversia) è rilevabile d’ufficio dalla Corte ed afferendo alle modalità di adozione del provvedimento di sospensione può esserlo indipendentemente dal rilievo del Comune ricorrente, posto che quando la Corte in sede di regolamento è investita della valutazione della correttezza della sospensione, il suo sindacato, dovendo concernere la questione di sospensione come tale, si estende ad essa al di là dei profili prospettati nell’istanza di regolamento.

L’inosservanza dell’art. 101 c.p.c. di per sè sola è idonea a determinare l’illegittimità della disposta sospensione.

Ma essa è priva di fondamento e, dunque, gradatamente illegittima anche per difetto dei presupposti della sospensione.

Le ipotesi di sospensione del processo civile in pendenza di processo penale sono ora ristrette a due ipotesi.

La prima emerge dall’art. 75 c.p.p., comma 3, ma è palese che essa nella specie non solo non è stata posta a base dell’impugnato provvedimento, ma non avrebbe potuto nemmeno astrattamente esserlo, per l’assorbente ragione che il giudizi civile non ha ad oggetto il danno originato dal reato per cui è stata formulata richiesta di rinvio a giudizio: essa, infatti, concerne il delitto di falsa perizia e riguarda la consulenza tecnica espletata nel giudizio civile.

La seconda è ricollegabile alle situazioni ipotizzate dall’art. 211 disp. att. cod. proc. civ., le quali, però, non sono identificabili – come mostra di non percepire l’ordinanza impugnata – nella previsione della stessa norma dell’art. 295 c.p.c., come ebbe a precisare Cass. sez. un. n. 13682 del 2001.

Ora, queste situazioni cui allude l’art. 211 c.p.p. che è norma la quale dev’essere riempita di contenuti, sono state identificate dalla giurisprudenza della Corte nella circostanza che a livello normativo la fattispecie relativa alla situazione giuridica dedotta nel giudizio civile abbia come suo elemento costitutivo l’esistenza di un reato e questo sia oggetto del processo penale e lo sia in una situazione che veda in tale processo coinvolti i soggetti del processo civile in modo tale che essi, ai sensi dell’art. 654 posano risentire del giudicato penale nel giudizio civile.

Questo concetto è stato oggetto della enunciazione del seguente principio di diritto: In materia di rapporto tra giudizio civile e processo penale, il primo può essere sospeso, in base a quanto dispongono l’art. 295 cod. proc. civ., art. 654 cod. proc. pen. e art. 211 disp. att. cod. proc. pen., nell’ipotesi in cui alla commissione del reato oggetto dell’imputazione penale una norma di diritto sostanziale ricolleghi un effetto sul diritto oggetto di giudizio nel processo civile, e sempre a condizione che la sentenza che sia per essere pronunciata nel processo penale possa esplicare nel caso concreto efficacia di giudicato nel processo civile.

Pertanto, per rendere dipendente la decisione civile dalla definizione del giudizio penale, non basta che nei due processi rilevino gli stessi fatti, ma occorre che l’effetto giuridico dedotto nel processo civile sia collegato normativamente alla commissione del reato che è oggetto di imputazione nel giudizio penale. (Sulla base di tale principio, la S.C. ha annullato l’ordinanza di sospensione e disposto la prosecuzione del giudizio di opposizione al precetto, ritenendo insufficiente ai fini sospensivi la pretesa falsità, penalmente rilevante e sostenuta dall’opponente, della sottoscrizione della rinuncia al diritto a procedere ad esecuzione forzata).(Cass. (ord.) n. 15641 del 2009; in precedenza. Cass. (ord.) n. 27787 del 2005; ancora in precedenza: Cass. sez. un. n. 13682 del 2001). In sostanza occorre che l’esistenza del reato sia contemplata dalla fattispecie costituiva della situazione giuridica azionata in sede civile e, dunque, dalla norma da cui origina. In questo caso poichè il legislatore ha posto come elemento della fattispecie costitutiva l’esistenza del reato e questa è fisiologicamente giudicabile dalla giurisdizione penale, se è sub iudice davanti ad essa, si verifica la condizione prevista dall’art. 295 c.p.c., cioè che la decisione della controversia e, quindi, il giudizio sulla situazione dedotta in essa dipende dall’accertamento che deve svolgersi dall’autorità penale. E le condizioni della sospensione, peraltro, richiederanno, in ossequio al principio del contraddittorio, che i soggetti del giudizio civile siano parti del processo penale. Perchè altrimenti il vincolo di pregiudizialità, in quanto funzionale allo spiegarsi dell’efficacia del giudicato penale sul giudizio civile, giusta l’art. 654 c.p.p..

A questa situazione allude l’art. 211 citato se la norma determinativa della sospensione necessaria si ricerca nell’attuale art. 295 c.p.c., perchè il concetto di dipendenza fra controversie supposto da questa norma implica che la fattispecie dedotta nella controversia civile pregiudicata abbia come elemento quella del giudizio pregiudicante.

Ebbene è palese che nel caso in cui nell’ambito di un giudizio civile sia stata espletata una prova, come nella specie una consulenza tecnica, e successivamente sorga un processo penale avente ad oggetto il reato correlato alla falsità della sua formazione, non solo non si verte all’evidenza – nella situazione di cui all’art. 75 c.p.c., comma 3, ma non si verte nemmeno nella situazione emergente dal coordinamento fra artt. 211, 295 e 654 c.p.p..

E’ sufficiente osservare che l’essere stata la consulenza falsamente resa, inerendo essa ad un mezzo probatorio (o se si vuole ad un mezzo di valutazione delle prove) del giudizio civile, non riguarda la fattispecie dedotta nel giudizio stesso.

La prova civile oggetto del giudizio penale di falso, non essendo concepibile la sospensione del giudizio civile, dovrà, dunque, essere apprezzata secondo l’efficacia sua propria nel giudizio civile, cioè come prova legale se ne ha il valore, come prova liberamente apprezzabile se è soggetta a tale regola di valutazione.

D’altro canto, al di fuori dell’ipotesi del falso giuramento (art. 2738 c.c., comma 2), l’ordinamento considera la sopravvenienza dell’accertamento della falsità della prova al giudicato civile come fatto idoneo a giustificare la revocazione straordinaria delle sentenze passate in cosa giudicata e, quindi, per la contraddizion che nòl consente, si giustifica che se la falsità risulti accertata prima della formazione della cosa giudicata, come fatto sopravvenuto che può essere dedotto nel giudizio civile sia ai fini dell’infirmazione – appunto quale fato successivo – dell’efficacia di prova legale attribuita quanto a determinati alla prova riconosciuta poi falsa, sia come fatto sopravvenuto che può e deve giustificare la rinnovazione dell’apprezzamento della prova falsa già liberamente valutata o da valutarsi dal giudice civile (come nella specie una consulenza tecnica).

Nel caso della consulenza tecnica, inoltre, l’instaurarsi di un procedimento penale per falsa perizia a carico dei consulenti è situazione gestibile dal giudice civile, oltre che con il suo legittimo potere di apprezzamento della consulenza tecnica, anche, ove egli si convinca dell’opportunità di procedervi, di una eventuale rinnovazione della consulenza con altri consulenti.

Da ultimo, non è senza rilievo ricordare che anche nel vigore del vecchio codice di procedura penale, allorquando era vigente l’art. 3 di esso (richiamato dall’art. 295 c.p.c., nel testo anteriore alla modifica di cui alla L. n. 353 del 1990), si era negato che fosse riconducibile ad esso una situazione come quella di cui è processo, essendosi così statuito: Affinchè ricorra ipotesi di sospensione obbligatoria del processo, ai sensi dell’art. 295 cod. proc. civ., non e sufficiente una mera pregiudizialità logica fra procedimenti, ma occorre l’esistenza di un rapporto di pregiudizialità giuridica, fra il giudizio da sospendere e quello da definire, nel senso che la decisione del secondo deve riguardare un antecedente necessario alla decisione del primo, e deve inoltre essere tale, passando in giudicato, da rendere incontestabile l’antecedente medesimo. Ne consegue che la pendenza di procedimento penale, a carico di un consulente d’ufficio, non è causa di sospensione necessaria del processo civile, nel quale il parere di quel consulente debba essere utilizzato, in quanto il parere medesimo è sempre liberamente valutabile da parte del giudice: così Cass. n. 651 del 1977).

Affermazione questa forse discutibile, atteso che l’art. 3 parlava di “cognizione del reato che influisce sulla decisione della controversia”, che era nozione la quale nel vecchio art. 295 c.p.c. non era coincidente con la pregiudizialità fra controversie cui pure la norma alludeva, come allude tuttora, tenuto conto che accanto ad essa l’art. 295 contemplava il caso previsto dell’art. 3 citato.

Affermazione che, peraltro, poteva forse apparire condivisibile al lume delle emnde che l’art. 28 del vecchio c.p.p. aveva subito per effetto di internati della Corte costituzionale, tendenti a ricollegare l’efficacia del giudicato penale all’avere partecipato al giudizio in cui esso sera formato. Il che, ove nel giudizio di falsa perizia fossero state coinvolte le parti del giudizio civile di espletamento della c.t.u. poteva forse giustificare la sospensione.

Mentre in caso contrario essa no poteva giustificarsi.

3. In base alla osservazioni svolte dev’essere disposta al prosecuzione del giudizio.

4. Per completezza il Collegio rileva che dall’intestazione dell’ordinanza impugnata emerge che parte contumace del giudizio di merito era anche la s.p.a. Adriatica Costruzioni, alla quale nè il ricorrente nè l’ordinanza in motivazione alludono.

Non essendo pervenuto il fascicolo d’ufficio, ancorchè il ricorrente abbia fatto la relativa istanza, e mancando in atti elementi per individuare la posizione della detta società come riconducibile all’art. 331 c.p.c., il Collegio opina applicabile l’art. 332 c.p.c. e, poichè l’impugnazione per detta parte è preclusa ritiene di non dar corso all’applicazione di detta norma.

Le spese del giudizio di regolamento di competenza saranno regolate dal giudice di merito.

P.Q.M.

La Corte dispone la prosecuzione del giudizio. Fissa per la riassunzione termine di mesi quattro dalla comunicazione del deposito della presente. Rimette al giudice di merito la decisione sulle spese del giudizio di regolamento.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile-3, il 22 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 18 ottobre 2011

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