Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21558 del 18/10/2011

Cassazione civile sez. VI, 18/10/2011, (ud. 22/09/2011, dep. 18/10/2011), n.21558

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. SPAGNA MUSSO Bruno – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 23795-2010 proposto da:

R.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIALE GIULIO CESARE 14, presso lo studio dell’avvocato

BARBANTINI MARIA TERESA, che lo rappresenta e difende unitamente

all’avvocato MARIOTTI EMILIO, giusta procura speciale in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

CONSIGLIO DELL’ORDINE DEGLI ARCHITETTTI PIANIFICATORI PAESAGGISTI

CONSERVATORI DELLA PROVINCIA DI RAVENNA, PROCURATORE DELLA REPUBBLICA

PRESSO IL TRIBUNALE DI RAVENNA;

– intimati –

avverso la decisione n. 11/2010 del Consiglio Nazionale degli

Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori di ROMA del

16.6.2010, depositata il 21/07/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/09/2011 dal Consigliere Relatore Dott. MAURIZIO MASSERA;

udito per il ricorrente l’Avvocato Maria Teresa Barbantini che si

riporta agli scritti.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. ROSARIO

GIOVANNI RUSSO che nulla osserva.

La Corte, Letti gli atti depositati:

Fatto

OSSERVA

E’ stata depositata la seguente relazione:

1. Il fatto che ha originato la controversia è il seguente:

R.G. è stato sanzionato disciplinarmente con la censura dall’Ordine degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori della Provincia di Ravenna.

Con decisione depositata in data 21 luglio 2010 il Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori ha respinto il ricorso proposto avverso la decisione del Consiglio provinciale. Non è opportuno accogliere l’istanza del R. volta ad ottenere la riunione ad altro giudizio che assume essere connesso, considerato che trattasi di decisioni diverse, emesse in relazione a provvedimenti diversi e aventi esiti differenti, anche se entrambi sfavorevoli al ricorrente.

2. Il relatore propone la trattazione del ricorso in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375, 376 e 380 bis c.p.c..

3. Il primo motivo denuncia violazione dell’art. 360, comma 1, n. 3 in riferimento all’art. 111 Cost., comma 6; motivazione inesistente a apparente. Occorre premettere (Cass. Sez. 3, n. 24392 del 2006) che le decisioni degli organi centrali delle categorie professionali in materia disciplinare sono impugnabili con ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost. per violazione di legge e per vizio di motivazione nei casi in cui la motivazione sia inesistente o apparente, esulando da detta previsione la verifica sulla sufficienza e razionalità della motivazione stessa, perchè l’individuazione, l’interpretazione e P applicazione delle regole di deontologia professionale nella valutazione degli addebiti attengono al merito del procedimento e non sono sindacabili in sede di legittimità se adeguatamente motivate.

Il ricorrente, in violazione dell’art. 366 c.p.c.. n. 3, che impone una adeguata esposizione dei fatti di causa, pur diffondendosi nel riferirli, omette di specificare le incolpazioni poste alla base del procedimento disciplinare cui è stato assoggettato.

Egli sostanzialmente assume che la decisione impugnata si è limitata a confermare le statuizioni dell’Ordine provinciale senza addurre specifiche argomentazioni dimostrative delle ragioni in forza delle quali ha respinto le proprie censure.

La motivazione della sentenza impugnata è certamente sintetica.

Tuttavia, considerato che in linea astratta è pacificamente ritenuta ammissibile la motivazione per relationem (confronta, da ultimo, Cass. n. 23231 del 2010), è agevole rilevare che la decisione in esame ha riferito le censure dei ricorrente e ha dato risposta a ciascuna di esse.

D’altra parte, al fine di dimostrare il vizio denunciato, il ricorrente non avrebbe dovuto limitarsi alla indicazione generica contenuta in ricorso, ma avrebbe dovuto riferire le pertinenti parti del proprio atto di impugnazione al fine di consentire alla Corte di verificare se il Consiglio Nazionale abbia effettivamente trascurato argomenti e considerazioni potenzialmente decisivi.

Il secondo motivo adduce violazione di legge in relazione all’art. 111 Cost., in riferimento alla L. n. 241 del 1990, art. 2 (durata del procedimento disciplinare) e art. 1 preleggi, comma 4.

Lamenta che non sono stati presi in considerazione i punti di gravame relativi all’eccessiva durata del procedimento disciplinare e all’omessa comunicazione all’interessato dell’avvio del procedimento stesso.

I riferimenti normativi appaiono incongrui; è sufficiente al riguardo osservare che la L. n. 241 del 1990 regola il procedimento amministrativo e il diritto di accesso ai documenti amministrativi, mentre il procedimento disciplinare è regolato dalla L. 24 giugno 1923, n. 1395.

D’altra parte, quanto al primo punto, l’asserita durata eccessiva del procedimento disciplinare può eventualmente rilevare sotto altri profili, ma non inficia nè il procedimento stesso, nè la decisione.

Quanto al secondo punto, è decisivo il rilievo che la comunicazione all’interessato dell’avvio del procedimento non è prevista da alcuna norma. Questa stessa sezione ha già avuto occasione di affermare (Cass. Sez. 3, n. 15523 del 2006) che la normativa in materia di procedimento disciplinare a carico degli architetti e ingegneri, dettata dalla L. n. 1395 del 1923, e dal relativo regolamento di attuazione (R.D. n. 2537 del 1925), prevede una disciplina specifica, la quale, in ragione di tale carattere, non consente la trasposizione in via analogica delle disposizioni del codice di procedura penale.

Dalla stessa esposizione dei fatti contenuta nel ricorso, oltre che dalla decisione impugnata, risulta che al ricorrente sono state contestate le incolpazioni e che è stato posto in grado di prenderne visione e di esercitare il diritto di difesa.

Il terzo motivo ipotizza violazione dell’art. 111 Cost. in riferimento alla L. n. 241 del 1990, artt. 7 e 8; omessa motivazione relativa al rilievo di omessa notifica all’incolpato della Delib. 20 giugno 2008, (Delibera di apertura del procedimento disciplinare);

omessa allegazione della medesima all’atto di citazione a giudizio e conseguente omessa contestazione degli addebiti.

La censura è sostanzialmente ripetitiva, anche se sotto profili parzialmente diversi, della precedente e, quindi, è infondata per le medesime ragioni ivi indicate.

Il quarto motivo lamenta violazione dell’art. 111 Cost. e art. 24 Cost., comma 2;

omessa motivazione in relazione al punto di gravame con il quale il ricorrente ha censurato l’impianto probatorio del procedimento disciplinare e il CNAPPC ne ha invece ritenuto l’adeguatezza ad infliggere al professionista la sanzione della censura.

La censura non è autosufficiente e la omessa indicazione delle incolpazioni di cui il ricorrente era stato chiamato a rispondere impedisce alla Corte qualsiasi valutazione al riguardo.

4. La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;

Il ricorrente ha presentato memoria ed ha chiesto d’essere ascoltato in camera di consiglio;

5.- Ritenuto:

che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;

che le argomentazioni addotte con la memoria non inducono a diversa statuizione; il ricorso per cassazione deve essere autosufficiente, senza rendere necessario l’esame degli atti, cui la Corte non può accedere direttamente; per il resto, non viene data adeguata risposta ai rilievi della relazione;

che il ricorso deve perciò essere rigettato essendo manifestamente infondato; nulla spese;

visti gli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ..

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Nulla spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sesta sezione civile – 3, il 22 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 18 ottobre 2011

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