Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21555 del 25/10/2016


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Cassazione civile sez. VI, 25/10/2016, (ud. 22/09/2016, dep. 25/10/2016), n.21555

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23855-2013 proposto da:

S.R., ((OMISSIS)) elettivamente domiciliato in ROMA

PIAZZA CAVOUR PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’Avvocato ANTONIO SIMIONI, giusta procura speciale a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il provvedimento n. 18/7/2013 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di TRIESTE del 17/12/2012, depositata il 23/01/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GUIDO FEDERICO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte,

costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., osserva quanto segue:

Il contribuente S.R., esercente l’attività di promotore finanziario, ricorre nei confronti dell’Agenzia delle entrate, che resiste con controricorso, per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Friuli Venezia Giulia n. 18/7/13, depositata il 23 gennaio 2013, con la quale, in riforma della pronuncia di primo grado, è stato respinto il ricorso del contribuente avverso il silenzio-rifiuto opposto dall’Ufficio sulla domanda di rimborso Irap relativa agli anni dal (OMISSIS).

La CTR, in particolare, ha ritenuto che la collaborazione della moglie e la disponibilità in capo al contribuente di un immobile, seppur appartenente alla banca mandante, non potesse farsi rientrare nel “minimo indispensabile”, costituendo invece elemento idoneo ad integrare L'”autonoma organizzazione”.

Con i primi tre motivi di ricorso che, in quanto connessi, vanno unitariamente esaminati, il contribuente denunzia la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1997, art. 3 comma 144, nonchè art. 2 e 3, in combinato disposto con il D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 31 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), censurando la sentenza impugnata per aver fatto discendere la sussistenza dell’autonoma organizzazione dal fatto che il contribuente si avvaleva della collaborazione della moglie, elemento questo introdotto dall’Ufficio solo nel corso del giudizio di secondo grado, ed aveva la disponibilità di un ufficio, situato, peraltro, presso la sede dell’istituto di credito nel quale egli prestava la propria attività professionale.

I motivi appaiono fondati e vanno accolti.

Ed invero, secondo il consolidato indirizzo di questa Corte (recentemente ribadito dalla sentenza n. 9451/2016 delle Ss.Uu. di questa Corte) l’esercizio delle attività di lavoro autonomo, è escluso dall’Irap solo qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata.

Il requisito dell’autonoma organizzazione ricorre, quando il contribuente:

a) sia, sotto qualsiasi forma il responsabile dell’organizzazione;

b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività, oppure si avvalga in modo non occasionale del lavoro altrui.

In particolare, come questa Corte ha recentemente affermato, attività quali l’agente di commercio o il promotore finanziario non sono soggette, di per sè, ad Irap, in quanto rientrano in un’area grigia tra il territorio dell’impresa e quello del lavoro autonomo, onde dev’essere verificato, in relazione a dette attività il fondamentale requisito dell’autonoma organizzazione, da valutarsi alla stregua delle concrete modalità con le quali l’attività professionale viene concretamente esercitata (Cass. 9561/2016).

A tali principi non risulta essersi attenuta la decisione impugnata.

La CTR ha infatti ritenuto sussistente l’autonoma organizzazione sulla base della disponibilità di uno studio, peraltro di proprietà della banca mandante, senza fare alcun riferimento all’utilizzo, da parte del contribuente, di ulteriori attrezzature e beni strumentali eccedenti, secondo l'”id quod plerumque accidit”, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività professionale.

Il giudice di appello ha inoltre dato rilievo all’apporto della moglie, in assenza di prova del vincolo di subordinazione ed in contrasto dunque con la presunzione di gratuità elle prestazioni lavorative rese in ambito familiare, che trova la sua fonte nella circostanza che tali prestazioni vengono normalmente rese “affectionis vel benevolentiae causae” (Cass. 18284/2003) e che può essere superata solo in presenza di concreti elementi sintomatici della subordinazione.

L’accoglimento dei primi tre motivi assorbe l’esame del quarto motivo di ricorso con il quale il contribuente denunzia l’omessa pronunzia della CTR in ordine all’appello incidentale proposto sulla decadenza, ritenuta dal primo giudice, in relazione a talune annualità d’imposta. Considerato che non è necessario effettuare ulteriori accertamenti, la causa può essere decisa nel merito ex art. 384 c.p.c., con accoglimento del ricorso introduttivo del contribuente.

Ritenuto altresì che il ricorso è stato proposto prima del recente arresto delle Ss.Uu. richiamato in motivazione sussistono i presupposti per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese dell’intero giudizio.

PQM

La Corte accoglie il ricorso.

Cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, accoglie il ricorso introduttivo del contribuente.

Spese compensate.

Così deciso in Roma, il 22 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 25 ottobre 2016

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