Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21554 del 25/10/2016


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Cassazione civile sez. VI, 25/10/2016, (ud. 08/06/2016, dep. 25/10/2016), n.21554

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. MANNA Felice – rel. Consigliere –

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 10304-2015 proposto da:

P.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TOMMASO

CAMPANELLA, 41, presso lo studio dell’avvocato LAILA PERCIBALLI, che

la rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto n. 1430/2014 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA del

6/10/2014, depositato il 27/10/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza

dell’08/06/2016 dal Consigliere Relatore Dott. FELICE MANNA;

udito l’Avvocato Laila Perciballi difensore della ricorrente che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso.

Fatto

IN FATTO

Con decreto depositato il 27.10.2014 la Corte d’appello di Perugia, in accoglimento dell’opposizione L. n. 89 del 2001, ex art. 5 ter proposta dal Ministero della Giustizia, dichiarava inefficace il decreto ingiuntivo emesso dal consigliere designato della medesima Corte, che aveva condannato il predetto Ministero a corrispondere a P.M. la somma di Euro 2.000.00, a titolo di equa riparazione ai sensi della predetta legge.

A base della decisione, la circostanza che nel termine di cui all’art. 5, comma 2 Legge citata la ricorrente si era limitata a notificare al Ministero della Giustizia il solo decreto emesso ai sensi dell’art. 3, comma 5 Legge cit., e non anche il ricorso, il che aveva vulnerato la difesa dell’amministrazione erariale nel merito.

Per la cassazione di tale decreto ricorre Maria P., sulla base di tre motivi, illustrati da memoria.

Il Ministero della Giustizia resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Il primo motivo deduce la violazione o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 1 e art. 5, comma 2, art. 47, comma 2 Carta di Nizza, art. 6 CEDU e art. 10 Cost., comma 1 e art. 117 Cost., comma 1. Il secondo mezzo deduce la violazione dell’art. 3 Cost. per la non proporzionalità tra i tempi di adempimento del Ministero della Giustizia e quelli di adempimento dei cittadini. Il terzo motivo deduce la violazione della L. n. 87 del 1953, art. 23, comma 3, per non aver la Corte territoriale sollevato la questione di legittimità costituzionale della L. n. 89 del 2001, art. 5, comma 2, che prevede la perentorietà del termine entro cui il ricorso e il decreto devono essere notificati al Ministero resistente, e lamenta di riflesso la violazione dell’art. 112 c.p.c., per la mancata corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato.

Tutti e tre i mezzi dedotti contestano, in sostanza, come contraria al principio di effettività della tutela giurisdizionale imposto dalla Convenzione EDU e dalle norme costituzionali, la previsione di un termine perentorio di notifica del decreto e del ricorso, sotto comminatoria d’irriproponibilità della domanda. E così (anche nella memoria) parte ricorrente insta affinchè sia sollevata questione di legittimità costituzionale della L. n. 89 del 2001, art. 5, comma 2, per violazione degli artt. 117 e 111 Cost..

2. – Così riassunte le censure, si rileva che l’impugnazione va accolta nei sensi e nei limiti che seguono, restando così assorbita, per la sua irrilevanza, qualsivoglia discussione circa di legittimità costituzionale della norma citata.

2.1. – Questa Corte ha già avuto modo di esaminare la medesima questione in oggetto con sentenze mi. 3159/16. 3994/16 e 13614/16. il cui nucleo motivazionale comune va richiamato come segue:

“Ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 5 il ricorso, unitamente al decreto che accoglie la domanda di equa riparazione, è notificato per copia autentica al soggetto nei cui confronti la domanda è proposta (comma 1). Il decreto diventa inefficace qualora la notificazione non sia eseguita nel termine di trenta giorni dal deposito in cancelleria del provvedimento e la domanda di equa riparazione non può essere più proposta (comma 2).

L’unico precedente in materia, avente aspetti parzialmente analoghi a quella di specie, con cui si è espressa questa Corte ha affermato che nel procedimento di equa riparazione per durata irragionevole del processo, come modificato dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, la notifica al Ministero del solo decreto ingiuntivo, e non anche del ricorso, non ne comporta l’inesistenza, ma solo la nullità per incompletezza, sicchè, non essendo applicabile l’art. 188 disp. att. c.p.c.. che presuppone una notificazione mancante o giuridicamente inesistente, per dichiarare l’eventuale inefficacia del decreto va proposta tempestiva opposizione ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 5 ter (Cass. n. 5656/15).

Il caso aveva di mira la soluzione di un problema preliminare – l’individuazione dello strumento tecnico adoperabile per far dichiarare l’inefficacia del decreto – e dunque si arrestava proprio alla soglia della questione successiva oggetto del ricorso in esame. Non di meno. il principio espresso impegna due premesse: la prima è che l’oggetto incompleto della notificazione rifluisce su quest’ultima provocandone la nullità: la seconda è che l’inefficacia del decreto monocratico per mancata notificazione sia integrabile in via d’interpretazione sistematica da norme dettate per l’inefficacia del decreto ingiuntivo. (…) Tale soluzione deve essere ribadita e sviluppata ai fini che qui rilevano.

L’art. 160 c.p.c. stabilisce che la notificazione è nulla se non sono osservate le disposizioni circa la persona alla quale deve essere consegnata la copia, o se vi è incertezza assoluta sulla persona a cui è fatta o sulla data salva l’applicazione degli artt. 156 e 157 c.p.c. Il richiamo all’art. 156 c.p.c. rimanda ad ulteriori ipotesi di nullità per difetto dei requisiti di forma-contenuto dell’atto, e dunque amplia la categoria alle ipotesi d’invalidità derivanti da altra causa incidente sui requisiti indispensabili perchè l’atto raggiunga il suo scopo: quest’ultimo pacificamente identificato nella conoscenza giuridica (e non materiale) del contenuto dell’atto.

Delineata in tal modo, la nullità della notificazione abbraccia un ambito necessariamente più ampio e. segnatamente, inclusivo dei vizi inerenti al suo stesso oggetto, non riconducibili ad un diverso ambito d’invalidità. Se l’atto oggetto della notificazione non è affetto da vizi suoi propri, il modo erroneo o incompleto con cui, pur nel rispetto dell’art. 137 c.p.c. e ss. esso è portato a conoscenza del destinatario non può determinare altra invalidità se non quella afferente la stessa notifica. Alla cui base vi è sempre un difetto dell’attività dell’istante o dell’ufficiale giudiziario.

Così, nello specifico, l’omessa (o incompleta) notificazione della sola copia autentica del ricorso L. n. 89 del 2001, ex art. 3, comma 1 non può intaccare l’originaria validità dell’atto introduttivo del procedimento e, dunque, dell’editio actionis perfezionatasi in precedenza con la proposizione del ricorso stesso. Nè è pensabile che un successivo vizio d’attività renda invalido il precedente esercizio della giurisdizione effettuato nel rispetto delle norme di rito.

Piuttosto, tale vizio impedisce la corretta instaurazione del rapporto processuale, perchè sottrae all’amministrazione destinataria la piena conoscenza dell’atto. La domanda giudiziale, infatti, è soltanto desumibile dal contenuto del decreto notificato, nella misura variabile e necessariamente sommaria (data la natura del provvedimento) con cui il giudice monocratico ne riassuma i tratti essenziali.

Va da sè, pertanto, che la notificazione del solo decreto e non anche del ricorso ex. lege n. 89 del 2001 non realizza lo scopo dell’atto, che è costituito dalla piena (e non da una qualunque) conoscenza legale della domanda giudiziale, e integra pertanto una nullità formale ad assetto variabile ai sensi dell’art. 156 c.p.c., comma 2. Il che esclude, ad un tempo, sia la mera irregolarità sia l’inesistenza della notificazione. (…) Tanto la struttura monitoria del procedimento, che termina con un provvedimento la cui notifica attua la provocatio ad opponendum, quanto l’espressa sanzione d’inefficacia prevista dall’art. 5, comma 2 Legge cit., rimandano all’analoga disposizione dell’art. 644 c.p.c., comma 1, sull’inefficacia del decreto ingiuntivo per mancata notificazione del ricorso e del decreto nel termine ivi previsto. Norma, quest’ultima, costantemente interpretata da questa Corte nel senso che l’inefficacia del decreto ingiuntivo è legittimamente riconducibile alla sola ipotesi in cui manchi o sia inesistente la notifica nel termine stabilito dalla norma predetta, poichè la notificazione del decreto ingiuntivo comunque effettuata, anche se nulla, è pur sempre indice della volontà del creditore di avvalersi del decreto stesso ed esclude la presunzione di abbandono del titolo che costituisce il fondamento della previsione d’inefficacia di cui all’art. 644 c.p.c. (cfr. Cass. nn. 17478/11, 18791/09 e 11498/00). Con la conseguenza che se il decreto è stato notificato, anche se la notifica sia nulla o fuori termine, l’unico rimedio esperibile contro di esso è l’opposizione prevista dall’art. 645 c.p.c. (giurisprudenza costante di questa Corte: cfr. per tutte Cass. n. 8126/10). che a sua volta non può limitarsi a dedurre la nullità o la tardività della notificazione, dovendo la parte opponente svolgere anche le proprie difese nel merito (v. Cass. n. 18791/09).

Estesa ai procedimento d’equa riparazione, tale interpretazione mantiene intatta la propria originaria funzione conservativa. considerato che l’inoperatività della presunzione di abbandono concettualmente non muta nel caso in esame. (…) L’estensione della giurisprudenza sull’art. 644 c.p.c. all’ipotesi analoga dell’art. 5, comma 2 Legge Pinto potrebbe supporsi ostacolata dal fatto che quest’ultima norma, a differenza della prima, impedisce la riproposizione della domanda. E dunque contiene una preclusione derivante dall’infruttuosa consumazione d’un potere processuale. L’acquisizione della nullità in parola all’ambito della notificazione, però, risolve l’apparente discrasia. Infatti, l’art. 162 c.p.c., comma 1, lì dove prevede che il giudice nel pronunciare la nullità ordina la rinnovazione dell’atto “se possibile -, deriva dall’art. 58 c.p.c. Pisanelli, che escludeva la rinnovazione dell’atto nullo “scaduto il termine perentorio per farlo, salvo i casi determinati dalla legge”. Tale clausola di salvezza consente di richiamare l’art. 291 c.p.c., comma 1, in base ai quale la rinnovazione della notificazione impedisce ogni decadenza (incluse, ad esempio, quelle relative alla scadenza del termine d’impugnazione: giurisprudenza costante di questa Corte a partire da S.U. n. 1070/88). E a sua volta, data la natura procedimentale della notificazione, che consta di atti sequenziali del richiedente e dell’ufficiale giudiziario, ai fini dell’applicazione di tale ultima norma non è consentito distinguere (a differenza di quanto ritenuto da Cass. n. 7848/94. e dovendosi invece condividere la diversa opinione espressa in dottrina) tra imputabilità del vizio alla parte o all’ufficiale giudiziario, per limitare il rimedio in parola all’invalidità dei soli atti posti in essere da quest’ultimo. (…) Coerenza logica ed esigenze di tenuta del sistema impongono allora un passaggio ulteriore.

La nullità derivante dalla notificazione del solo decreto e non anche del ricorso può essere sanata con effetto ex tune dall’opposizione dell’amministrazione erariale ingiunta. sicchè (argomentando da e mutuando l’espressione di Cass. n. 2028/71) l’opponente non ha un diritto quesito a sentire dichiarare l’inefficacia del decreto, essendo la Corte d’appello, in composizione collegiale, investita della decisione di merito sulla domanda.

Il punto, semmai, è che a differenza della nullità della notificazione derivante da altra causa, la sola opposizione non dimostra di per sè la piena conoscenza di un atto – il ricorso, appunto – la cui copia autentica pacificamente non è stata consegnata a nessun soggetto e in nessun luogo. Il che, a differenza del caso del decreto ingiuntivo notificato in maniera invalida, consente un’opposizione anche soltanto in rito.

Pertanto, il giudice dell’opposizione è tenuto a disporre d’ufficio, in base all’art. 291 c.p.c., la rinnovazione della notifica del solo ricorso, con la conseguenza che la sanatoria della nullità è in tale ipotesi l’effetto di una fattispecie a formazione progressiva, che consta dell’opposizione ai sensi della L. n. 89 del 2001, art. 5 ter e della rinnovazione della notifica del ricorso nel termine concesso. Ciò naturalmente, in attuazione del principio di strumentalità delle forme, sempre che l’amministrazione interessata, pur eccependo la nullità della notificazione per mancanza della copia autentica del ricorso, non abbia svolto compiutamente le proprie difese. dimostrando così di non avere interesse alla rinnovazione dell’atto.

Ne deriva il seguente principio di diritto ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1: – la notificazione L. n. 89 del 2001, ex art. 5, comma 2, del solo decreto e non anche del ricorso non realizza lo scopo dell’atto. che è costituito dalla piena (e non da una qualunque) conoscenza legale della domanda giudiziale da parte dell’amministrazione ingiunta, e integra pertanto una nullità formale ad assetto variabile ai sensi dell’art. 156 c.p.c., comma 2: tale nullità è sanata con efficacia ex tunc attraverso una fattispecie a formazione progressiva costituita dall’opposizione erariale ai sensi dell’art. 5-ter stessa Legge e dalla rinnovazione della notifica del ricorso, disposta d’ufficio dalla Corte d’appello in base all’art. 291 c.p.c. ed eseguita dalla parte ricorrente nel termine appositamente concesso, affinchè l’amministrazione, conseguita la piena conoscenza della domanda, possa svolgere le proprie difese nel merito ove non altrimenti effettuate in maniera compiuta”.

3. – Poichè non v’è ragione per discostarsi da tali precedenti, il decreto opposto va cassato con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Perugia, che deciderà la causa nel merito, senza che sia più necessaria la rinnovazione della notifica dell’originario ricorso per equa riparazione, essendone ormai l’amministrazione controricorrente venuta a piena conoscenza.

4. – Al giudice di rinvio è rimesso, altresì, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 3, il regolamento delle spese di cassazione.

PQM

La Corte accoglie il ricorso e cassa il decreto opposto con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Perugia, che provvederà anche sulle spese di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della sezione sesta civile – 2 della Corte Suprema di Cassazione, il 8 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 25 ottobre 2016

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