Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2155 del 27/01/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 27/01/2017, (ud. 15/12/2016, dep.27/01/2017),  n. 2155

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13448-2013 proposto da:

Geom. P.A. & C. SNC, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

PAOLA EMILIO 34, presso lo studio dell’avvocato QUIRINO D’ANGELO,

rappresentata e difesa dall’avvocato SALVATORE MEZZANOTTE, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale procuratore

speciale della SOCIETA’ di CARTOLARIZZAZIONE, DEI CREDITI INPS

(S.C.C.I.) S.P.A., elettivamente domiciliato in ROMA VIA CESARE

BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO,

rappresentato e difeso dagli avvocati ANTONINO SGROI, LELIO

MARITATO, SCIPLINO ESTER ADA VITA, CARLA D’ALOISIO, giusta procura a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 977/2014 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA del

27/11/2014, depositata il 27/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/12/2016 dal Consigliere Dott. ARIENZO ROSA;

udito l’Avvocato GIUSEPPE MATANO per delega dell’Avvocato ANTONINO

SGROI, difensore del controricorrente, che si riporta agli scritti.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 15 dicembre 2016, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:

“Con sentenza del 27.11.2014, la Corte di appello di L’Aquila rigettava il gravame proposto dalla società epigrafata avverso la decisione del Tribunale di Chieti che aveva respinto l’opposizione a verbale di accertamento del 31.5.2005 con il quale l’INPS di Chieti aveva contestato all’opponente la violazione della L. n. 448 del 1998 per avere indebitamente fruito degli sgravi contributivi nel periodo 1.4.2000/30.11.2002 e richiesto il pagamento dell’importo di Euro 145.431,00 all’indicato titolo e per somme aggiuntive.

La Corte rilevava, per quel che interessa nella presente sede, che non era stata adempiuto dall’azienda l’onere di provare la sussistenza dei requisiti per potersi avvalere delle agevolazioni contributive atteso che si era verificata una mera riassunzione, da parte della P.A. Geom. & C. s.n.c., dei medesimi lavoratori precedentemente occupati dalla Ditta individuale P.N. e dalla s.r.l., senza che il numero complessivo dei lavoratori occupati fosse risultato aumentato ed essendo lo stato di disoccupazione dei dipendenti rioccupati durato pochissimi giorni (da un minimo di 2 ad un massimo di 12) con adibizione degli stessi alle stesse mansioni precedentemente svolte. Osservava che dalla documentazione acquisita era emerso che la s.n.c. costituisse diretta emanazione dello stesso nucleo proprietario controllante, sia della ditta individuale che della srl – circostanza risultante dal verbale ispettivo e non contestata -, e che si fosse in presenza di un comune centro di interessi convergenti, in grado di ideare ed attuare un’operazione coordinata di ristrutturazione comportante il licenziamento di taluni dipendenti da un’azienda e la loro assunzione da parte dell’altra.

Per la cassazione di tale decisione ricorre la P.A. Geom. & C. snc, affidando l’impugnazione a quattro motivi, cui resiste, con controricorso, l’INPS.

Con il primo motivo, viene denunziata violazione della L. n. 448 del 1998, art. 3, commi 5 e 6, osservandosi che, contrariamente a quanto sostenuto nell’impugnata sentenza, la P. s.n.c. aveva concretamente realizzato un incremento occupazionale, essendo stato provato documentalmente che i lavoratori assunti tramite liste di collocamento versavano tutti in uno stato di disoccupazione e che non rilevava che gli stessi fossero in precedenza occupati presso la ditta individuale e la s.r.l., non ponendo le norme invocate alcun divieto in tal senso, dovendosi altresì ritenere irrilevante il periodo di disoccupazione dei lavoratori assunti e considerare erronea l’inclusione nel conteggio, ai fini della constatazione dell’incremento richiesto dalla legge, della realtà occupazionale delle imprese delle quali i lavoratori assunti erano in precedenza dipendenti.

Con il secondo motivo, viene dedotta falsa applicazione dell’art. 2359 c.c., rilevandosi che dalla documentazione prodotta risultava come tra le imprese non fosse mai esistita nè una forma di controllo di diritto, nè una ipotesi di controllo azionario di fatto, nè un controllo esterno, nè alcuna forma di collegamento, non essendo rilevante ai detti fini l’esistenza di un rapporto di parentela tra le persone fisiche preposte agli organi gestori di soggetti giuridici completamente distinti, essendo individuabile peraltro una diversa tipologia di attività.

Con il terzo motivo, si lamenta violazione dell’art. 112 c.p.c., sostenendosi, in relazione alla circostanza di cui alla L. n. 448 del 1998, art. 3, comma 6, lett. d), che la stessa doveva ritenersi pacifica in quanto non contestata nel corso di precedenti gradi del giudizio.

Infine, con il quarto motivo, si ascrive alla decisione impugnata l’insufficiente motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio relativamente alle dichiarazioni rese dai testimoni escussi nel giudizio di merito con riguardo allo stato di disoccupazione dei lavoratori assunti e sulla circostanza che P.N. non aveva mai ricoperto alcun ruolo od incarico nella s.n.c..

Quanto ai primi due motivi, è sufficiente richiamare l’orientamento espresso da questa Corte, che va qui ribadito, secondo cui deve essere esclusa la ricorrenza dei presupposti per il riconoscimento del beneficio ove l’impresa, senza creare alcun posto di lavoro, si limiti a succedere nei rapporti lavorativi, non a rischio, di un’altra azienda e non può aver rilievo la circostanza che il personale assunto, già alle dipendenze della precedente impresa prima del licenziamento, non sia più occupato, atteso che si assiste, in tal caso, all’attuazione di un semplice sistema rotativo dello stesso personale tra due imprese, a discapito dell’ingresso nella nuova impresa interessata al conseguimento degli sgravi contributivi, di nuovi lavoratori, operazione, quest’ultima, che rappresenta il vero mezzo per la realizzazione dell’incremento della base occupazionale voluto dal legislatore attraverso il preciso riferimento, di cui alla L. n. 448 del 1998, art. 3, comma 6, lett. d), al concetto di incremento al netto del personale comunque già occupato nelle medesime attività al 31 dicembre dell’ anno precedente (cfr. Cass. 22.5.2014 n. 11379).

Dai precisi riferimenti normativi e dai principi su richiamati discende la logica conseguenza, esaustivamente supportata dai passaggi argomentativi contenuti nella sentenza della Corte di merito, che non poteva tenersi conto, ai fini del calcolo del suddetto incremento, del personale già occupato nelle stesse attività al 31 dicembre dell’anno precedente. I invero, condivisibile la decisione dei giudici d’appello laddove i medesimi hanno adeguatamente motivato, sulla base delle risultanze documentali e testimoniali, in merito all’accertata insussistenza del requisito dell’effettivo incremento occupazionale ai fini del preteso sgravio contributivo. I stato ben posto in rilievo al riguardo che i nuovi lavoratori assunti erano, in realtà, quelli che avevano svolto la stessa attività fino ad un massimo di dodici giorni prima alle dipendenze delle imprese – di cui non rappresentavano più la forza lavoro – in relazione alle quali, con accertamento in fatto non validamente contrastato, è stato accertato che la s.n.c. costituisse diretta emanazione dello stesso nucleo proprietario facente riferimento alla famiglia P., controllante la Ditta individuale, la srl e la sue, come emerso dal verbale ispettivo e non ritualmente contestato (v. riferimento alla non contestazione pag 6 della sentenza impugnata).

Inammissibile deve, poi, ritenersi il terzo motivo, sia per quanto appena osservato, sia in considerazione del fatto che l’interpretazione del contenuto e dell’ampiezza della domanda dell’attore, come pure delle eccezioni e delle difese del convenuto, anche al fine di rilevare la mancata contestazione del fatto costitutivo del diritto azionato, integra un tipico accertamento in fatto, sindacabile in sede di legittimità solo sotto il profilo del vizio di motivazione (cfr. Cass. 16.12.2005 n. 27833). In ogni caso, anche ove prospettabile un error in procedendo, in ossequio al principio di autosufficienza e specificità del ricorso, era necessario non solo che venisse enunciata la norma processuale violata, ma che fossero esaustivamente specificate le ragioni della violazione con riferimento alle doglianze espresse in relazione all’oggetto della originaria domanda (cfr. Cass. 20045/2006, Cass. 21621/2007).

Va, in ultimo, rilevata l’inammissibilità anche del quarto motivo, posto che la prospettazione del vizio denunciato non rispetta i parametri della nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, secondo l’interpretazione fornitane da Cass. a S.U. 8053/2014. Perchè la violazione sussista, secondo le Sezioni Unite, si deve essere in presenza di un vizio “così radicale da comportare con riferimento a quanto previsto dall’art. 132 c.p.c., n. 4, la nullità della sentenza per mancanza di motivazione”. “Mancanza di motivazione si ha quando la motivazione manchi del tutto oppure formalmente esista come parte del documento, ma le argomentazioni siano svolte in modo “talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum” (cfr. Cass. S.U. cit.).

Nella specie la motivazione non è assente o meramente apparente, nè gli argomenti addotti risultano manifestamente illogici o contraddittori.

ella stregua delle esposte argomentazioni, si propone il rigetto dei primi due motivi e l’inammissibilità del terzo e del quarto, potendo la decisione del ricorso essere assunta in sede camerale ai sensi dell’art. 375 c.p.c.”.

Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio.

Questa Corte ritiene che le osservazioni in fatto e le considerazioni e conclusioni in diritto svolte dal relatore siano del tutto condivisibili, siccome coerenti alla richiamata giurisprudenza di legittimità, e che le stesse conducano complessivamente al rigetto del ricorso.

Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza della società e si liquidano come da dispositivo.

Poichè il ricorso è stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013 si impone di dare atto dell’applicabilità del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17. Invero, in base al tenore letterale della disposizione, il rilevamento della sussistenza o meno dei presupposti per l’applicazione dell’ulteriore contributo unificato costituisce un atto dovuto, poichè l’obbligo di tale pagamento aggiuntivo non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo – ed altrettanto oggettivamente insuscettibile di diversa valutazione – del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, dell’impugnazione, muovendosi, nella sostanza, la previsione normativa nell’ottica di un parziale ristoro) dei costi del vano funzionamento dell’apparato giudiziario o della vana erogazione delle, pur sempre limitate, risorse a sua disposizione (così Cass., Sez. Un., n. 22035/2014).

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la società al pagamento) delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 100,00 per esborsi, Euro 4200,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge, nonchè al rimborso delle spese forfetarie nella misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 27 gennaio 2017

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