Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2155 del 25/01/2022

Cassazione civile sez. VI, 25/01/2022, (ud. 30/11/2021, dep. 25/01/2022), n.2155

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24041-2020 proposto da:

P.V.P., domiciliato presso la cancelleria della

CORTE DI CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentato e difeso

dall’avvocato EDOARDO ROCCO;

– ricorrente –

contro

T.D.F., elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA DEL SERAFICO 106, presso lo studio dell’avvocato GENNARO MARINO,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato MICHELE

CLAVELLI;

– controricorrente-

avverso la sentenza n. 583/2020 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 09/06/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 30/11/2021 dal Consigliere Relatore Dott. PAOLO

PORRECA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

P.V.P. propone ricorso per cassazione, sulla base di otto motivi, corredati da memoria, avverso la sentenza n. 583 del 2020 della Corte di appello di Salerno, esponendo che:

– aveva intimato precetto a T.D.F.A. sulla base di sette assegni bancari, protestati e insoluti, rilasciati a garanzia del pagamento dovuto dalla figlia, T.A., alla ditta del ricorrente;

– il Tribunale aveva accolto l’opposizione osservando che: trattandosi di titoli stragiudiziali, erano opponibili tra le parti nel merito del sottostante credito quale preteso; era stata confermata dal ricorrente, in interrogatorio formale, la fornitura che costituiva la ragione creditoria, e la stessa quietanza liberatoria ad essa relativa e documentata, sia pure con la precisazione, rimasta però priva di riscontro, secondo cui le somme erano state restituite in contanti, poiché la T.A. aveva necessità della quietanza per il procedimento di finanziamento avviato;

– la Corte di appello aveva respinto il gravame osservando, per quanto qui ancora rileva, che non era emersa prova di rapporti commerciali tra opponente e opposto, sicché, gli assegni quindi dati in mera garanzia dal deducente rispetto all’acquisto della figlia, non potevano che essere postdatati o compilati parzialmente, e dunque mere promesse di pagamento non azionabili posta la quietanza liberatoria rilasciata, in uno all’inverosimiglianza della restituzione di tutte quelle somme in contanti, quale affermata;

resiste con controricorso T.D.F.A..

Diritto

RILEVATO

che:

con il primo motivo si prospetta la violazione o falsa applicazione della L., – o meglio del R.D. n. 1736 del 1933, art. 55, poiché la Corte di appello avrebbe errato valutando solo l’interrogatorio formale per escludere l’efficacia esecutiva degli assegni;

con il secondo motivo si prospetta la violazione o falsa applicazione dell’art. 230, c.p.c., poiché la Corte di appello avrebbe errato valutando solo parzialmente lo stesso interrogatorio formale;

con il terzo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 615 c.p.c., comma 1, poiché la Corte di appello avrebbe errato escludendo la sussistenza del credito solo “su gossip”, atteso che, diversamente, il protesto dei titoli avrebbe dovuto impugnarsi e, verosimilmente, sarebbe stato richiesto il correlativo risarcimento;

con il quarto motivo si prospetta la violazione o falsa applicazione del R.D. n. 1736 del 1933, art. 55, poiché la Corte di appello avrebbe errato affermando che, trattandosi di titoli stragiudiziali, sarebbe stata possibile la contestazione del merito del credito tra le parti, laddove un assegno protestato risulta “idoneo a munire il titolo della provvisoria esecuzione”;

con il quinto motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 481, c.p.c., poiché la Corte di appello avrebbe errato ritenendo inefficace il titolo e dunque il precetto sulla base di una risposta a un interrogatorio formale;

con il sesto motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362,1363,1381, c.c., poiché la Corte di appello avrebbe errato discorrendo di “rapporto commerciale” e non, come dimostrato dal rilascio di assegni, di “promessa del fatto di terzo come contratto di garanzia”;

con il settimo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363, c.c., poiché la Corte di appello avrebbe errato affermando il difetto di prova della restituzione delle somme, ed evincendone la postdatazione o parziale compilazione degli assegni, in violazione dei canoni ermeneutici contrattuali;

con l’ottavo motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, e dell’art. 92 c.p.c., comma 2, poiché la Corte di appello avrebbe errato posto che, avendo la stessa rigettato quattro eccezioni della controparte, non si sarebbe trattato di rigetto integrale della correlativa domanda, e le spese avrebbero comunque dovuto compensarsi;

Vista la proposta formulata del relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.;

Rilevato che:

i primi sette motivi di ricorso sono manifestamente inammissibili;

infatti, le censure, per un verso tendono a una rilettura istruttoria inammissibile in questa sede di legittimità (sulla portata probatoria delle dichiarazioni dell’interpello, su quella della quietanza e sulla restituzione degli importi, di cui alla stessa quietanza, in contanti), in parte sono affermazioni apodittiche o aspecifiche;

la censura “in iure” davanti a questa Corte dev’essere dedotta, a pena di inammissibilità, non solo mediante la puntuale, oltre che pertinente, indicazione delle norme asseritamente violate, ma anche mediante specifiche argomentazioni, intese a dimostrare in quale modo determinate affermazioni in diritto, contenute nella sentenza gravata, debbano ritenersi in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla dottrina e dalla prevalente giurisprudenza di legittimità (cfr., ad esempio, Cass., 21/08/2020, n. 17570);

non si comprende in alcun modo, infatti, quale sia la pertinenza della disciplina normativa degli assegni con le argomentazioni della Corte territoriale secondo cui il titolo stragiudiziale, ovvero, nel caso, specificandosi così la motivazione della sentenza gravata, il titolo di credito nei rapporti diretti tra traente e prenditore, può essere contestato anche nel merito inerente, cioè, al rapporto negoziale sottostante; né come possano rilevare i canoni di ermeneutica contrattuale rispetto al vaglio istruttorio compiuto e relativo alla prova dell’estinzione del debito; né perché e come rilevi la disciplina dell’inefficacia del precetto rispetto alle medesime conclusioni istruttorie fatte proprie dal giudice di merito;

l’ultimo motivo è manifestamente inammissibile;

la Corte ha correttamente applicato la regola della soccombenza rispetto all’esito finale del giudizio, e non al sindacato delle singole eccezioni sollevate in secondo grado, laddove a nessuna motivazione è tenuto per il mancato esercizio del potere discrezionale di compensare le spese (cfr., ad esempio, Cass., 04/08/2017, n. 19613);

la constatazione della sussistenza dei presupposti per il pagamento del c.d. doppio contributo unificato, ne costituisce conseguenza legale;

la pretestuosità delle censure, quale appena ricostruita, impone la condanna al pagamento di una somma, parametrata all’importo delle spese legali, a titolo di responsabilità processuale aggravata per abuso dello strumento processuale (cfr., ad esempio, Cass., 04/08/2021, n. 22208, Cass., 15/02/2021, n. 3830).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di parte controricorrente liquidate in Euro 4.000,00, oltre 200,00 Euro per esborsi, oltre a spese forfettarie al 15% e accessori legali.

Condanna altresì parte ricorrente al pagamento di Euro 2.000,00 in favore di parte controricorrente a titolo di responsabilità processuale aggravata.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il pagamento, se dovuto e nella misura dovuta, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 30 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2022

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA