Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21549 del 22/10/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 21549 Anno 2015
Presidente: CURZIO PIETRO
Relatore: GARRI FABRIZIA

ORDINANZA
sul ricorso 27878-2013 proposto da:
ALISARDA s.p.a. già MERIDIANA S.P.A., MERIDIANA FLY
S.P.A., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro-tempore,
elettivamente domiciliate in ROMA, VIALE GIULIO CESARE
21/23, presso lo studio degli avvocati CARLO BOURSIER NIUTTA,
ANTONIO ARMENTANO, MARCELLO DE LUCA TAMAJO,
che le rappresentano e difendono, per deleghe a margine del ricorso;
– ricorrenti contro
MAZZANTINI GIUSEPPE, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIALE PAOLO ORLANDO 58, presso lo studio dell’avvocato
MARCO PETRUCCI, rappresentato e difeso dall’avvocato
GIOMMARIA UGGIAS, per delega a margine del controricorso;
– controricorrente –

R

Data pubblicazione: 22/10/2015

avverso la sentenza n. 164/2013 della CORTE D’APPELLO di
Cagliari – Sezione distaccata di SASSARI, depositata il 03/06/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
09/07/2015 dal Consigliere Dott. FABRIZIA GARRII;
udito l’Avvocato ANTONIO ARMENTANO che si riporta.

Il Tribunale di Tempio Pausania, in parziale accoglimento della
domanda proposta da Giuseppe Mazzantini nei confronti di Meridiana
Fly spa, dichiarava la nullità dei termini apposti ai contratti stipulati
dalla ricorrente con Meridiana a far data da quello del 1 luglio 1999
accertava che tra le parti si era instaurato un unico rapporto di lavoro e
condannava la società datrice al pagamento di sei mensilità della
retribuzione globale di fatto in godimento ex art. 32 comma 5 della 1.
n. 183 del 2010.
Avverso tale decisione proponeva appello il Mazzantini dolendosi
dell’omessa pronuncia sulla domanda di ricostruzione dell’ anzianità di
servizio maturata a far data dal 1999 e delle conseguenti differenze
retributive maturate.
La Corte di appello di Cagliari sezione di Sassari accoglieva il gravame
e previo accertamento del diritto del lavoratore alla ricostruzione
dell’anzianità maturata a far data dal primo contratto cui era stato
illegittimamente apposto un termine di durata condannava la società
convenuta al pagamento in favore dell’appellante delle maggiorazioni
retributive maturate durante i vari contratti a termine e solo nel corso
di essi, con interessi legali e rivalutazione monetaria.
Per la cassazione della sentenza ha proposto tempestivo ricorso
Meridiana Fly s.p.a. ed ha chiesto la riforma della sentenza nella parte
in cui ha riconosciuto come spettanti gli scatti di anzianità maturati nei
periodi lavorati.
Ric. 2013 n. 27878 sez. ML – ud. 09-07-2015
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Fatto e diritto

Il Mazzantini si è difeso con controricorso.
Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..
Tanto premesso

va rilevato che secondo la giurisprudenza

recentemente consolidatasi della Cassazione “nel caso di illegittima
reiterazione di contratti a tempo determinato con conversione in unico

della legge 4 novembre 2010, n. 183, è esaustiva del diritto al ristoro
per gli “intervalli non lavorati” in quanto inclusiva di tutti i danni,
retributivi e contributivi, subiti dal lavoratore, mentre, per i “periodi
lavorati” spetta anche, oltre alla retribuzione maturata, il
riconoscimento dell’ anzianità di servizio e, dunque, la maturazione
degli scatti di anzianità.” (cfr Cass. 262 del 2015 ed anche nn. 2343,
2344 e 2349 del 2015).
E’ stato osservato nelle sentenze richiamate che:
“L’art. 32 della legge n. 183 del 2010 ha modificato il regime della
tutela del lavoratore assunto con un contratto a termine illegittimo. Il
precedente assetto era così organizzato: nel caso in cui si accertasse
l’illegittimità del termine, il giudice doveva ordinare la riammissione in
servizio del lavoratore, con conseguente diritto a percepire le
retribuzioni anche qualora il datore di lavoro non consentisse la ripresa
del lavoro. Questa prima fondamentale conseguenza è rimasta
immutata. Anche dopo la legge n. 183 del 2010 e la legge di
interpretazione autentica, la sentenza che accerta l’illegittimità
del termine converte il contratto a termine in contratto a tempo
indeterminato e dispone la riammissione del lavoratore in servizio. Da
quel momento il lavoratore avrà diritto a percepire le retribuzioni tanto
se il datore di lavoro adempie, quanto se non adempie (in questo
secondo caso a titolo di risarcimento del danno commisurato al
pregiudizio economico derivante dal rifiuto di assunzione: Cass. 11
Ric. 2013 n. 27878 sez. ML – ud. 09-07-2015
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rapporto a tempo indeterminato, l’indennità di cui all’art. 32, comma 5,

aprile 2013, n. 8851; Corte cost. 30 luglio 2014, n. 226). Con
riferimento, invece, al periodo che precede la sentenza, il
quadro è parzialmente cambiato. Nel regime previgente mancava una
norma che regolasse specificamente questo profilo e la
regolamentazione venne delineata in base ai principi generali del diritto

marzo 1991, n. 2334, che risolse il contrasto tra due orientamenti:
quello che riteneva che al lavoratore spettassero tutte le retribuzioni
pregresse e quello che invece riteneva che il lavoratore avesse diritto
alle retribuzioni pregresse solo se e a decorrere dal momento in cui
avesse messo a disposizione del datore di lavoro le sue energie
lavorative. È bene ricordare che la diversità dei due orientamenti
concerneva il diritto alla retribuzione per gli intervalli non lavorati tra
un contratto a termine e l’altro, in caso di sequenza di contratti a
termine, mentre nessuna delle sentenze in conflitto negava che
spettasse la retribuzione per i periodi di lavoro effettuati nella sequenza
di contratti a termine. Le Sezioni unite ritennero che il problema
concernente i periodi “non lavorati”, non trovasse soluzione in una
norma specifica, come invece avveniva nella materia affine ma non
identica dei licenziamenti illegittimi con l’art. 18 St. lav., e dovesse
quindi essere risolto in base ai principi generali dell’ordinamento.
Affermarono che il principio regolatore della materia, data la natura
sinallagmatica del rapporto di lavoro, fosse quello della corrispettività
tra lavoro e retribuzione e che non potesse esservi retribuzione in
assenza della prestazione lavorativa.
Per questa ragione ritennero non fondato l’orientamento che
riconosceva tutte le retribuzioni pregresse per i periodi non lavorati, ed
invece fondato quello che le riconosceva, ma solo a condizione ed a far
tempo da un eventuale atto di messa a disposizione delle energie
Ric. 2013 n. 27878 sez. ML – ud. 09-07-2015
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civile e del lavoro. Fondamentale fu la sentenza delle Sezioni unite 5

lavorative da parte del lavoratore. Queste conclusioni hanno guidato la
giurisprudenza dei decenni successivi.
Le Sezioni unite si espressero anche sui “periodi lavorati” e
precisarono che l’unificazione del rapporto di lavoro “comporta, a
prescindere dalle eventuali spettanze, nei limiti anzidetti, per gli

una volta considerati inseriti nell’unico rapporto di lavoro a tempo
indeterminato, con conseguente applicazione degli istituti propri di
questo quali, ad esempio, gli aumenti di anzianità, la misura del periodo
di comporto, la misura del periodo di preavviso, e determina
comunque sicuri vantaggi per il lavoratore …. quali l’acquisizione della
corrispondente anzianità, quanto meno per sommatoria dei periodi
lavorati”. Il quadro regolativo è cambiato con la legge n. 183 del 2010,
ma come si vedrà, il cambiamento riguarda solo i periodi non lavorati.
L’art. 32, quinto comma, così si esprime: “nei casi di conversione del
contratto a tempo indeterminato, il giudice condanna il datore di
lavoro al risarcimento del lavoratore, stabilendo un’indennità
onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 ed un
massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, avuto
riguardo ai criteri indicati nell’art. 8 della legge 15 luglio 1966, n. 604”.
L’art. 1, comma 13, della legge n. 92 del 2012, ha sancito che detta
norma “si interpreta nel senso che l’indennità ivi prevista ristora per
intero il pregiudizio subito dal lavoratore, comprese le conseguenze
retributive e contributive relative al periodo compreso tra la scadenza
del termine e la pronuncia del provvedimento con il quale il giudice
abbia ordinato la ricostruzione del rapporto di lavoro”. Dalla norma si
desume che l’indennità è volta al “risarcimento” del lavoratore. Quindi
concerne un danno subito dal lavoratore e cioè il danno derivante dalla

Ric. 2013 n. 27878 sez. ML – ud. 09-07-2015
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intervalli non lavorati, un ricalcolo delle spettanze per i periodi lavorati

perdita del lavoro dovuta ad un contratto a termine illegittimo, un
danno da mancato lavoro.
La norma di interpretazione autentica afferma che l’indennità “ristora
un pregiudizio” ribadendo, ancor più esplicitamente, che è correlata ad
un danno, un pregiudizio, derivante dalla perdita del lavoro e che essa

e contributive di quel danno da mancato lavoro. Quindi tutti
i danni sul piano retributivo e contributivo che sono conseguenza, cioè
sono legati da un nesso di causalità con la perdita del lavoro. Se
l’indennità serve a risarcire le conseguenze retributive e contributive
del danno da mancato lavoro è evidente che il legislatore considera
solo i periodi di non lavoro ai fini di tale risarcimento. Ed infatti
esclude dal computo il periodo sino alla scadenza del termine, che è
periodo di lavoro, in cui il lavoratore è stato retribuito e quindi non ha
subito, né può subire conseguenze negative sul piano retributivo o
contributivo. In tale periodo la retribuzione è dovuta e detto periodo si
computa ai fini degli effetti riflessi e dell’anzianità di servizio.
L’anzianità di servizio maturata in questo periodo lavorato, vale a tutti
gli effetti. Rileva persino per la quantificazione della indennità volta a
risarcire il danno derivante dalla perdita del lavoro, perché è uno dei
criteri indicati dall’art. 8 della legge 604 del 1966, richiamati dall’art. 32,
quinto comma, della legge n. 183 del 2010. Il problema oggetto della
presente controversia deriva dal fatto che il datore di lavoro ha
stipulato con il lavoratore non un unico contratto a termine, ma una
serie di contratti a termine. Il legislatore non ha espressamente
considerato questo caso, ma l’interpretazione logico sistematica della
norma impone di ritenere che, se è estraneo al risarcimento il periodo
del primo contratto a termine, lo saranno anche i periodi lavorati in
successivi contratti a tempo determinato. Sarebbe assurdo affermare
Ric. 2013 n. 27878 sez. ML – ud. 09-07-2015
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onnicomprensiva perché ristora per intero le “conseguenze” retributive

che per questi periodi la retribuzione non spetti e sia assorbita nella
indennità, ma è parimenti contrario alla logica della norma ritenere che
questi periodi di lavoro è come se non fossero stati effettuati e non
rilevino ai fini dell’anzianità di servizio e delle sue implicazioni
economiche. Questi periodi non possono non avere lo stesso

termine in quanto, al pari del primo, sono estranei al danno
determinato dal non lavoro, quindi estranei alla indennità prevista dal
legislatore per risarcire le conseguenze retributive e contributive di quel
pregiudizio. Il risarcimento riguarderà solo i periodi di “non lavoro”.
Solo per questi periodi vi è un danno da risarcire e un pregiudizio da
ristorare.
Pertanto l’indennità prevista dall’art. 32, risarcisce il danno subito per il
mancato lavoro e lo risarcisce in tutte le sue conseguenze retributive e
contributive, in tal senso è onnicomprensiva. Mentre non riguarda il
periodo (in caso di un unico contratto a termine) o i periodi di lavoro
(in caso di più contratti a termine). I diritti relativi a questi
periodi non possono essere intaccati e inglobati nell’indennizzo
forfetizzato del danno causato dal non lavoro. Per questi periodi non
vi è niente da risarcire ed il risarcimento mediante indennizzo non può,
in una sorta di eterogenesi dei fini, risolversi nella contrazione di diritti
legati da un rapporto di corrispettività con la prestazione lavorativa
effettuata. Questa ricostruzione è in continuità con quanto affermato
nelle prime sentenze sull’art. 32, come interpretato dalla legge n. 92 del
2012.
In particolare, Cass. n. 15265 del 12 settembre 2012, nell’enucleare il
principio di diritto parla di “indennità forfetizzata ed onnicomprensiva
per i danni causati dalla nullità del termine nel periodo considerato
intermedio”. Forfetizzazione dei danni determinatisi “nel” periodo
Ric. 2013 n. 27878 sez. ML – ud. 09-07-2015
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trattamento giuridico del periodo di lavoro per il primo contratto a

intermedio, significa che l’indennizzo non incide sui diritti maturati in
quel periodo nella parte del rapporto che non ha determinato danni:
non tocca le retribuzioni per i periodi lavorati e gli effetti riflessi di tali
retribuzioni, né tocca l’anzianità lavorativa maturata in tale o in tali
periodi.

impugnata ha considerato nell’anzianità lavorativa e retributiva tutti i
periodi effettivamente lavorati, da sommarsi a quelli successivi alla
formale assunzione a tempo indeterminato, in ragione del principio
ripetutamente affermato da questa Corte (Cass., sez. un., 5 marzo
1991, n. 2334 e succ.)”. L’affermazione è netta ed è esplicito il richiamo
alla sentenza delle Sezioni unite che, come si è visto, affermò che nel
caso di trasformazione, in unico rapporto di lavoro a tempo
indeterminato, di più contratti a termine succedutisi fra le stesse parti,
per effetto dell’illegittimità dell’apposizione del termine, gli “intervalli
non lavorati” fra l’uno e l’altro rapporto, in difetto di un obbligo del
lavoratore di continuare ad effettuare la propria prestazione o di
tenersi disponibile ad effettuarla, non implicano il diritto alla
retribuzione … e nemmeno sono computabili come periodi di
servizio”, mentre i “periodi lavorati” danno diritto alla retribuzione e
sono rilevanti ai fini della maturazione
degli scatti di anzianità. Quest’ultimo profilo dell’assetto dato dalle
Sezioni unite del ’91 alla materia – sottolinea la sentenza del 2012 — va
oggi pienamente riaffermato non essendo stato scalfito minimamente
dallo ius superveniens costituito dalla legge n. 183 del 2010.
Le più recenti Cass. 16 giugno 2014, n. 13630 e Cass. 17 giugno 2014,
n. 13732 hanno fissato il seguente principio di diritto: “L’art. 32, quinto
comma, legge n. 183 del 2010 commisura l’indennità, dovuta nei casi di
conversione, all’ultima retribuzione globale di fatto, così riferendosi al
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La medesima pronuncia afferma: “legittimamente la sentenza

danno subìto dal lavoratore, ossia alla perdita della retribuzione (ed
accessori) per essere stato allontanato dal proprio posto di lavoro nel
periodo compreso tra l’allontanamento e la sentenza di merito.
L’espressione ‘onnicomprensiva’, adoperata dal legislatore con
riferimento all’indennità, si riferisce soltanto al danno ora detto, e non

una volta unificati i diversi rapporti a tempo determinato in un unico
rapporto a tempo indeterminato”.
In questo principio di diritto è detto chiaramente che l’indennizzo
onnicomprensivo copre soltanto il danno derivante
dall’allontanamento dal lavoro e quindi il danno subìto per il “non
lavoro” nel periodo o nei periodi “non lavorati”. Il che ancora una
volta conferma che i diritti per i periodi in cui si è prestato lavoro non
vanno ricompresi nell’indennità risarcitoria perché non sono stati
danneggiati, sono fuori dal perimetro del danno e quindi del
risarcimento. Quanto alle conseguenze giuridiche di tale assetto
sull’anzianità, la Corte in queste ultime sentenze aggiunge, e non
potrebbe essere più chiara, che: “L’espressione ‘onnicomprensiva’,
adoperata dal legislatore con riferimento all’indennità, si riferisce
soltanto al danno ora detto, e non a quanto spetta al lavoratore per
eventuale ricostruzione della carriera, una volta unificati i diversi
rapporti a tempo determinato in un unico rapporto a tempo
determinato”.
In conclusione, nonostante i problemi lessicali derivanti dal fatto che
probabilmente il legislatore ha configurato l’indennità avendo presente
il caso, statisticamente più frequente, della stipulazione di un unico
contratto a termine, deve affermarsi che l’indennità prevista dall’art. 32
legge n. 183 del 2010 ristora in generale il danno subito dal lavoratore
per l’allontanamento dal lavoro, tanto se questo sia stato unico, quanto
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a quanto spetta al lavoratore per eventuale ricostruzione della carriera,

se sia stato ripetuto. Per tali periodi di non lavoro, mentre prima il
lavoratore aveva diritto ad essere comunque retribuito a decorrere dalla
messa a disposizione delle energie lavorative pur non avendo lavorato,
oggi è prevista solo l’indennità da un minimo di 2,5 ad un massimo di
12 mensilità.

sequenza di contratti) il lavoratore ha diritto ad essere retribuito ed ha
diritto a che tale periodo o tali periodi siano computati ai fini della
anzianità di servizio e, quindi, della maturazione degli scatti di
anzianità. Questa interpretazione del quinto comma dell’art. 32 1. n.
183 del 2010 è la più coerente sul piano logico sistematico. Si coordina
con i tratti del sistema delineato dalle Sezioni unite che, come si è visto
e come hanno sottolineato le decisioni del 2012, sotto questo profilo
rimangono fermi, ed è in continuità con i primi interventi di questa
Corte successivi alla modifica legislativa. È coerente con i principi
espressi dall’art. 5 della legge n. 230 del 1962 e dall’art. 6 del decreto
legislativo n. 368 del 2001, nonché con i principi costituzionali e del
diritto dell’Unione europea: in particolare con il principio di non
discriminazione tra lavoratori a tempo determinato e lavoratori a
tempo
indeterminato, anche e specificamente in ordine all’anzianità di
servizio, affermato con la Direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28
giugno 1999 relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul
lavoro a tempo determinato.”
Poiché si intende dare continuità ai principi esposti il ricorso
manifestamente infondato deve essere rigettato con ordinanza ex art.
375 cod. proc. civ., n. 5.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
PQM
Ric. 2013 n. 27878 sez. ML – ud. 09-07-2015
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Al contrario, per il periodo di lavoro (o i periodi di lavoro, in caso di

La Corte, rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento
delle spese del giudizio di legittimità che liquida in € 3000,00 per
compensi professionali ed in € 100,00 per esborsi oltre al 15% per
spese forfetarie. Accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002 dà atto

ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso~ a norma dell’art.13 comma 1 bis
del citato d.p.r..
Così deciso in Roma il 9 luglio 2015

Ric. 2013 n. 27878 sez. ML – ud. 09-07-2015

della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della

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