Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21543 del 27/07/2021

Cassazione civile sez. trib., 27/07/2021, (ud. 11/05/2021, dep. 27/07/2021), n.21543

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – rel. Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 25764/2014 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Distrettuale dello

Stato e presso i cui uffici domicilia in Roma, alla Via dei

Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

O.R.;

– resistente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria centrale del Veneto,

n. 92/30/2013, depositata il 12 settembre 2013.

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 20 ottobre

2020 dal Consigliere Luigi D’Orazio.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. L’Agenzia delle entrate emetteva un avviso di accertamenti nei confronti della Roma Orientai Carpets s.a.s., con sede in (OMISSIS), e due avvisi nei confronti dei due soci Riccardo O. (socio accomandante, con quota del 50%) e O.G., avendo accertato maggiori redditi della società (portati a lire 525.375.000), per l’anno 1992, imputabili ai soci per il principio di trasparenza di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 5, con maggiori imposte dirette per Lire 236.882,00, con applicazione di sanzione nei confronti dei soci per dichiarazione infedele, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 46, all’epoca vigente, avendo riportato nelle rispettive dichiarazioni dei redditi importi inferiori a quelli effettivamente dovuti.

2. Il socio O.R. impugnava l’avviso di accertamento emesso nei suoi confronti n. (OMISSIS), per l’anno 1992.

3. I soci O.G. e O.R. impugnavano anche l’avviso di accertamento emesso nei confronti della società. La Commissione tributaria provinciale di Roma accoglieva il ricorso (sentenza del 26-1-1999), mentre la Commissione tributaria regionale del Lazio (sentenza 68/25/2001, depositata il 21-11-2001) accoglieva l’appello proposto dalla Agenzia delle entrate. La Corte di Cassazione, con sentenza n. 3042/2008, depositata l’8 febbraio 2008, accoglieva il ricorso proposto dai soci O.R. e O.G. limitatamente alla omessa pronuncia del giudice di merito, ex art. 112 c.p.c., che non aveva adeguatamente considerato le ragioni contenute nell’atto di appello in relazione al merito della causa (motivi terzo, quarto e quinto). Rigettava i motivi primo e secondo per il vizio processuale relativo alla notifica dell’atto di appello da parte dell’Ufficio inviato in un’unica busta indirizzata al procuratore costituito di due parti.

4. La Commissione tributaria del Lazio, con sentenza n. 192/38/09, depositata il 22 luglio 2009, in sede di giudizio di rinvio, dichiarava la legittimità degli avvisi di accertamento emessi nei confronti della Roma Orientai Carpets s.a.s. per Ilor ed Irpef relative agli anni 1991, 1992 e 1993. Da un lato, rilevava che le questioni di rito erano inammissibili perché già decise dalla Corte di Cassazione e, dall’altro, nel merito, riteneva legittima la ripresa a tassazione.

5. I tre motivi del ricorso per cassazione dei soci erano dichiarati inammissibili dalla Cassazione, con sentenza n. 7331/2012, depositata l’11 maggio 2012.

6. Il ricorso del socio O.R., con riferimento all’avviso di accertamento n. (OMISSIS), veniva accolto dalla Commissione tributaria provinciale di Venezia, con sentenza n. 1/2000, depositata l’1-6-2000, “in conformità alla decisione della Commissione provinciale di Roma del 26-1-1999”.

7. La Commissione tributaria regionale del Veneto n. 92/30/2013, depositata il 12-9-2013, dichiarava inammissibile l’appello proposto dall’Ufficio, con duplice ratio decidendi. Da un lato, infatti, rilevava che l’Agenzia appellante non aveva indicato i motivi per la riforma della sentenza di prime cure, in quanto nel gravame vi era solo un generico rinvio alla sentenza della Commissione di Roma; dall’altro, con riferimento alla applicazione della sanzione al socio ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 46, per infedele dichiarazione, rilevava che “l’avviso di accertamento non risulta suffragato e motivato da idonea documentazione in quanto emesso su osservazioni ricevute dall’Ufficio di (OMISSIS), ma che riguardavano solo l’Ilor, imposta di competenza della società”. Aggiungeva che “la cessata materia del contendere riguardava solo il 1992”. 8. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate. 9.Resta intimato il contribuente O.R..

10. Con ordinanza interlocutoria questa Corte, in data 20 ottobre 2020, ha disposto il rinvio dell’udienza a nuovo ruolo, per consentire la trattazione congiunta di questo procedimento con i procedimenti n. 25624/2014 e n. 26040/2014, relativo al socio accomandatario O.G..

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Anzitutto, si rileva che non sussiste il litisconsorzio necessario, in quanto nei confronti della società è stata emessa sentenza, passata in giudicato, che ha dichiarato la legittimità dell’avviso di accertamento emesso nei confronti della stessa, con la partecipazione a quel giudizio di entrambi i soci, sicché restano da decidere solo le controversie relative agli avvisi di accertamento emessi nei confronti dei soci O.R. e O.G.. Per entrambi i soci le contestazioni attengono alla imputazione diretta dei redditi della società, per il principio di trasparenza D.P.R. n. 917 del 1986, ex art. 5, ed alla irrogazione di sanzioni per infedele dichiarazione D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 46, all’epoca vigente.

Invero, per questa Corte il giudicato formatosi a carico di uno dei litisconsorti impedisce la concreta attuazione del litisconsorzio processuale (Cass., 6 giugno 2014, n. 12793; in modo conforme Cass., 30 luglio 2014, n. 17360, in relazione ad avviso di accertamento di società di persone divenuto “irretrattabile per mancanza di impugnazione” da parte della società).

Va, peraltro, ribadito che entrambi i soci hanno partecipato al giudizio relativo alla impugnazione degli avvisi di accertamento emessi nei confronti della società per gli anni 1991, 1992 e 1993, definito con sentenza passata in giudicato, che ha accertato la legittimità degli avvisi.

1. Con il primo motivo di impugnazione l’Agenzia delle entrate deduce “la nullità della sentenza per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”, in quanto nell’atto di appello avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Venezia erano specificamente indicati i motivi del gravame, riportati peraltro nel ricorso per cassazione. In particolare, con l’appello l’Ufficio ha evidenziato l’errore commesso dalla Commissione tributaria provinciale di Venezia, nell’accogliere i ricorsi presentati dal contribuente per gli anni 1992 e 1993, solo sulla base della sentenza della Commissione tributaria provinciale di Roma n. 327/04/1999, depositata il 12-10-1999. In realtà, secondo il ricorrente, il giudizio che aveva ad oggetto i redditi del socio, doveva restare pendente fino alla definizione della controversia relativa alla società. Tra l’altro la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Roma 327/04/1999 era stata impugnata dall’Ufficio e la controversia era pendente. I giudici di prime cure avrebbero dovuto attendere, dunque, il passaggio in giudicato della sentenza relativa agli avvisi emessi nei confronti della società. Tra l’altro, in seguito, la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Roma, favorevole alla società, era stata riformata a seguito di giudizio di rinvio, con conferma successiva della legittimità degli avvisi da parte della Cassazione, che aveva rigettato il successivo ricorso della società.

1.1. Il motivo è fondato.

Invero, nel processo tributaria l’onere della specificità dei motivi di appello è semplificato sia per l’Agenzia delle entrate che per il contribuente.

Pertanto, anche nell’ipotesi in cui l’Amministrazione finanziaria si limiti a ribadire ed a riproporre in appello le stesse ragioni ed argomentazioni poste a sostegno della legittimità del proprio operato già dedotte in primo grado, deve ritenersi assolto l’onere d’impugnazione specifica richiesto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, che costituisce norma speciale rispetto all’art. 342 c.p.c. (Cass., sez. 6-5, 25 ottobre 2018, n. 24641).

Allo stesso modo, quanto al contribuente, la riproposizione, a supporto dell’appello proposto dal contribuente, delle ragioni di impugnazione del provvedimento impositivo in contrapposizione alle argomentazioni adottate dal giudice di primo grado assolve l’onere di impugnazione specifica imposto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, atteso il carattere devolutivo pieno, in tale giudizio, dell’appello, quale mezzo di gravame non limitato al controllo di vizi specifici, ma volto ad ottenere il riesame della causa nel merito (Cass., sez. 5, 23 novembre 2018 n. 30525).

Inoltre, la critica alla sentenza di prime cure che si era limitata ad accogliere il ricorso del contribuente solo sulla scorta della precedente sentenza della Commissione tributaria provinciale di Roma, che aveva accolto il ricorso della società, era serrata ed esposta in modo chiaro, sì da non poter incorrere nel vizio di inammissibilità per articolazione di motivi non dotati di specificità.

2. Con il secondo motivo di impugnazione l’Agenzia lamenta la “violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 46, ratione temporis applicabile”, in quanto il giudice di appello, con una seconda ratio decidendi, ha anche ritenuto infondato il ricorso del contribuente in quanto il socio di società di persone, che nella propria dichiarazione dei redditi, omette di indicare i maggiori redditi accertati in capo alla società, incorre nella violazione di infedele dichiarazione ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 46, nella versione all’epoca vigente.

2.1. Il motivo inammissibile

Invero, qualora il giudice che abbia ritenuto inammissibile una domanda, o un capo di essa, o un singolo motivo di gravame, così spogliandosi della “potestas iudicandi” sul relativo merito, proceda poi comunque all’esame di quest’ultimo, è inammissibile, per difetto di interesse, il motivo di impugnazione della sentenza da lui pronunciata che ne contesti solo la motivazione, da considerarsi svolta “ad abundantiam”, su tale ultimo aspetto (Cass., sez. un., 30 ottobre 2013, n. 24469).

Nella specie, il giudice di appello ha ritenuto inammissibile il gravame proposto dalla Agenzia delle entrate per la mancanza del requisito di specificità dei motivi di impugnazione, rilevando che “non vengono indicati i motivi relativi al merito delle cause per le quali si deve riformare la sentenza di primo grado, infatti è contenuto un generico rinvio alla sentenza della Commissione di Roma, che non consente di comprendere quali siano chiaramente le questioni di merito a cui si fa riferimento. Pertanto, l’appello è inammissibile per difetto di chiarezza ed autosufficienza”. Nel dispositivo, poi, la Commissione regionale ha dichiarato “inammissibile l’Appello dell’Ufficio”.

Pertanto, una volta dichiarato inammissibile l’appello dell’Ufficio per ragioni di rito, attinenti alla mancanza di specificità dei motivi del gravame, in violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, la Commissione regionale si è spogliata della potestas iudicandi, non potendo più compiere ulteriori accertamenti di merito. Risulta, dunque, ultronea l’affermazione del giudice di appello in ordine alla intervenuta cessazione della materia del contendere per l’anno 1992. Tanto più che tale affermazione si riferisce all’avviso di accertamento n. (OMISSIS) emesso nei confronti di O.R., che era stato annullato d’ufficio, con emissione di altro avviso di accertamento, n. (OMISSIS), a seguito di segnalazione dell’Ufficio di (OMISSIS) per la partecipazione nella società Roma Orientai Carpets s.a.s..

3. La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata, con rinvio alla Commissione tributaria regionale del Veneto, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara inammissibile il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Commissione tributaria regionale del Veneto, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 20 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2021

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