Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21540 del 18/10/2011
Cassazione civile sez. trib., 18/10/2011, (ud. 29/09/2011, dep. 18/10/2011), n.21540
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MERONE Antonio – Presidente –
Dott. PARMEGGIANI Carlo – rel. Consigliere –
Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –
Dott. GRECO Antonio – Consigliere –
Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 22037-2009 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS) e MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE
FINANZE in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende, ope
legis;
– ricorrenti –
contro
EDIL KASA SRL in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, LARGO LUCIO APULEIO 11, presso lo
studio dell’avvocato DELLA ROCCA CESARE, che la rappresenta e
difende, giusta procura alle liti a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 130/2009 della Commissione Tributaria
Regionale di POTENZA del 20.4.09, depositata il 09/06/2009;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
29/09/2011 dal Consigliere Relatore Dott. CARLO PARMEGGIANI.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. RAFFAELE
CENICCOLA.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
Nella causa indicata in premessa è stata depositata in cancelleria la seguente relazione ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. comunicata al P.M. e notificata agli avvocati delle parti costituite:
“Il Ministero della Economia e delle Finanze e la Agenzia delle Entrate propongono ricorso per cassazione, con due motivi, avverso la sentenza n. 130/1/09 in data 20-4-2009 depositata il 9-6-2009, notificata in data 23-6-2009 della CTR della Basilicata che in parziale riforma della sentenza di primo grado della CTP di Potenza annullava l’avviso di accertamento per IVA IRPEG IRAP dell’anno 2003 nei confronti di Edil Kasa s.r.l., limitatamente alla esposizione di ricavi non dichiarati.
La contribuente resiste con controricorso.
Il ricorso del Ministero pare inammissibile non essendo questi stato parte del giudizio di primo grado.
Con il primo motivo di ricorso la Agenzia deduce difetto di motivazione sostenendo che la CTR, nel ritenere che i versamenti in conto finanziamento dei soci ed i relativi prelievi fossero reali, e che comunque gli elementi forniti dall’Ufficio in contrario mancavano di gravità precisione e concordanza, non aveva fatto buon governo delle risultanze della indagini dei verbalizzanti da cui emergevano violazioni delle norma statutarie della società e dei principi di trasparenza contabile dando credito ad una scrittura privata priva secondo l’Ufficio di data certa.
Con il secondo motivo si deduce violazione del D.P.R. n. 600 del 1998, art. 3, D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54, D.P.R. n. 600 del 1972, art. 15. Sostiene che la legittimità dell’accertamento induttivo sui ricavi deriva dalla inattendibilità della contabilità per omessa esibizione delle distinte di inventario, essendo stato trascritto nel libro degli inventari il solo bilancio senza redazione dell’inventario.
Il primo motivo è inammissibile. In primo luogo manca il “momento di sintesi” prescritto dall’art. 366 bis c.p.c., comma 2; e d’altro canto non si riscontra alcuna critica alla motivazione della sentenza sotto il profilo della mancanza, insufficienza, contraddittorietà, illogicità, consistendo il motivo in una mera esposizione di circostanze di fatto che ad avviso dell’Ufficio avrebbero giustificato una conclusione diversa, chiedendo in sostanza una rivalutazione del materiale probatorio,inammissibile in questa sede, ed in ordine alla individuazione del quale, peraltro, vi è solo una enunciazione priva di autosufficienza.
Il secondo motivo è pure inammissibile. Come riconosciuto dall’Ufficio ricorrente, non vi è alcuna menzione in sentenza della questione della esistenza o meno delle distinte inventariali, avendo la CTR fondata la decisione su fatti diversi. Ne consegue che la sentenza non poteva essere censurata per violazione di legge, ma, se del caso, ai sensi dell’art. 112 c.p.c.. Peraltro sul punto della esistenza o meno di dette distinte vi è carenza di autosufficienza, non essendo le risultanze da cui tale carenza dovrebbe evincersi nè trascritte in ricorso nè documentate”.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
che il Collegio, a seguito della discussione in Camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione; che pertanto, riaffermati i principi sopra richiamati, il ricorso del Ministero deve essere dichiarato inammissibile, con compensazione di spese, attesa la incertezza giurisprudenziale all’epoca vigente, e quello della Agenzia deve essere rigettato;
le spese di quest’ultimo seguono la soccombenza, e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso del Ministero, e compensa le relative spese; rigetta il ricorso della Agenzia; condanna la Agenzia alle spese a favore del contribuente, che liquida in Euro 5.000, di cui Euro 100 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 29 settembre 2011.
Depositato in Cancelleria il 18 ottobre 2011