Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2154 del 31/01/2011

Cassazione civile sez. lav., 31/01/2011, (ud. 15/12/2010, dep. 31/01/2011), n.2154

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LAMORGESE Antonio – rel. Presidente –

Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere –

Dott. COLETTI DE CESARE Gabriella – Consigliere –

Dott. MELIADO’ Giuseppe – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

D.E., T.S., R.G., M.

M.A., C.G., V.G., R.

E., M.F., G.G.B., P.

G., M.A., D.L., L.C.

R., I.C., P.S., G.A., V.

F., tutti già elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

ALBERICO II 33, presso lo studio dell’avvocato GALLEANO SERGIO NATALE

EDOARDO, rappresentati e difesi dall’avvocato MESSINA VINCENZO,

giusta delega in atti e da ultimo domiciliati d’ufficio presso LA

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA N. 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dall’avvocato LANZETTA

ELISABETTA, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 993/2009 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 29/07/2009 R.G.N. 839/06;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/12/2010 dal Consigliere Dott. ANTONIO LAMORGESE;

udito l’Avvocato MESSINA VINCENZO;

udito l’Avvocato TRIOLO VINCENZO per delega LANZETTA ELISABETTA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello che ha concluso per accoglimento del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Con distinti ricorsi al Tribunale di Trapani, giudice del lavoro, R.E. ed altri dipendenti dell’INPS, tutti indicati in epigrafe, convenivano in giudizio l’Istituto per ottenerne la condanna alla restituzione delle somme trattenute sulla loro retribuzione, a titolo di contributo di solidarietà del 2% ai sensi della L. n. 144 del 1999, art. 64, comma 5, siccome aventi diritto, per il periodo successivo al 1 ottobre 1999, al trattamento pensionistico integrativo erogato dal Fondo per la Previdenza Integrativa gestito dallo stesso Istituto; sostenevano i ricorrenti che tale contributo di solidarietà avrebbe dovuto essere applicato solamente sulle prestazioni integrative successive alla cessazione del servizio, e non anche sulla retribuzione percepita in costanza del servizio medesimo.

2. Il Tribunale accoglieva il ricorso dichiarando che i lavoratori non erano tenuti al versamento del predetto contributo di solidarietà fino alla data di cessazione dal servizio e condannando l’INPS alla restituzione delle somme a tale titolo indebitamente trattenute sulle retribuzioni, oltre agli interessi legali. La decisione veniva riformata dalla Corte d’appello di Palermo, che con sentenza del 29 luglio 2009, riunite le cause, accoglieva il gravame proposto dall’Istituto e respingeva le domande di restituzione proposte dai dipendenti. A sostegno del decisum il giudice d’appello osservava che la norma si riferisce anche alle prestazioni “maturate” al 1 ottobre 1999, tali dovendosi intendere quelle non ancora esigibili per la mancanza di taluno dei requisiti previsti dall’art. 22 del Regolamento del Fondo integrativo INPS, cioè in primo luogo la cessazione dal servizio, sì che il contributo di solidarietà grava anche sui dipendenti in servizio a tale data, già iscritti al fondo soppresso, che abbiano maturato le prestazioni a carico del fondo.

3. Avverso l’anzidetta sentenza i dipendenti hanno proposto ricorso per cassazione fondato su un unico motivo, cui l’INPS ha resistito con controricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Con l’unico motivo i ricorrenti denunciano violazione della L. n. 144 del 1999, art. 64, comma 5, sostenendo che il diritto alla pensione matura solo al momento della cessazione del servizio nella contestuale sussistenza dei requisiti contributivo ed anagrafico, come confermato anche dall’art. 22 del regolamento del Fondo, cosicchè l’INPS non avrebbe dovuto estendere il contributo di solidarietà anche ai dipendenti in servizio mediante trattenute sulle loro retribuzioni, ancorchè i medesimi fossero in possesso dei requisiti contributivo ed anagrafico richiesti per il conseguimento della pensione a carico dell’assicurazione generale obbligatoria.

2. Il motivo è fondato.

2.1. La questione è già stata decisa da questa Corte con la sentenza n. 11732 del 2009, e altre pronunzie successive conformi (cfr. Cass. n. 12735 del 2009; 12905 del 2009), ed a tale indirizzo il Collegio intende dare continuità.

2.2. La L. n. 144 del 1999, art. 64, comma 2, ha disposto, a decorrere dal 1 ottobre 1999, la soppressione dei fondi per la previdenza integrativa dell’assicurazione generale obbligatoria per i dipendenti degli enti indicati al comma precedente e della gestione speciale costituita presso l’INPS, con contestuale cessazione delle corrispondenti aliquote contributive previste per il finanziamento dei fondi medesimi; il successivo comma 3 ha poi riconosciuto agli iscritti ai fondi soppressi “il diritto all’importo del trattamento pensionistico calcolato sulla base delle normative regolamentari in vigore presso i predetti fondi che restano a tal fine confermate anche ai fini di quiescenza e delle anzianità contributive maturate alla data del 1 ottobre 1999”; quindi il comma 5 ha stabilito che, sempre dal 1 ottobre 1999, “è applicato un contributo di solidarietà pari al 2 per cento sulle prestazioni integrative dell’assicurazione generale obbligatoria erogate o maturate presso i fondi e la gestione speciale di cui al comma 2”.

2.3. La ricognizione normativa consente di rilevare che la legge – come le decisioni sopra menzionate hanno precisato – prescrive, inequivocabilmente, che il contributo di solidarietà di che trattasi deve essere applicato sulle “prestazioni integrative”, cioè sui trattamenti pensionistici contemplati dal Fondo, e non già sulle retribuzioni percepite dai dipendenti ancora in attività di servizio, come invece attuato dall’Istituto seguendo l’interpretazione della norma dal medesimo prospettata.

2.4. Ancora deve rilevarsi che le aggettivazioni “erogate” e “maturate” si riferiscono indiscutibilmente alle predette “prestazioni integrative” e non già, come vorrebbe l’Istituto ricorrente, al “diritto all’importo del trattamento pensionistico” riconosciuto dal precedente comma 3. Lo stesso significato delle ricordate aggettivazioni, nel loro testuale riferimento alle “prestazioni integrative”, è chiaro, indicando il termine “erogate” le prestazioni corrisposte agli aventi diritto e quello “maturate” le prestazioni riguardo alle quali, pur sussistendo le “anzianità contributive maturate alla data del 1 ottobre 1999” (riconosciute dal comma 3), non si siano, tuttavia, ancora verificate tutte le condizioni cui la legge subordina la loro attribuibilità, e dunque la cessazione dal servizio nonchè il possesso dei requisiti per il conseguimento delle prestazioni del regime pensionistico obbligatorio di appartenenza (come risulta, invero, dalla L. n. 144 del 1999, art. 64, comma 3, secondo periodo, secondo cui l’importo del trattamento pensionistico integrativo viene erogato “in aggiunta” ai trattamenti pensionistici liquidati a carico dei regimi obbligatoli di base, e dalla L. n. 449 del 1997, art. 59, comma 3, primo periodo, in forza del quale il trattamento integrativo si consegue esclusivamente in presenza dei requisiti e con la decorrenza previsti dalla disciplina dell’assicurazione generale obbligatoria di appartenenza: v. Cass. n. 23094 del 2008 – richiamata dall’INPS nella memoria illustrativa – ove la rilevanza del momento di “esigibilità” della pensione, ai fini della individuazione della disciplina applicabile, conferma la natura costitutiva di fatti diversi dalla sola “maturazione” dell’anzianità contributiva: sì che, se il trattamento non è “esigibile”, non lo è neanche il contributo di solidarietà, che si applica, appunto, sulla pensione, e non sulla retribuzione).

2.5. Ne consegue che “la L. n. 144 del 1999, art. 64, comma 5, si interpreta nel senso che il contributo di solidarietà del 2% ivi introdotto si applica, a decorrere dal 1 ottobre 1999, soltanto sulle prestazioni integrative, contemplate dai soppressi fondi per la previdenza integrativa dell’assicurazione generale obbligatoria, per le quali si sia realizzata la fattispecie costitutiva del relativo diritto e, quindi, ove sussistano tutti i presupposti voluti dalla legge e dalle disposizioni regolamentari, fra i quali va ricompresa l’intervenuta cessazione dal servizio, dovendosi invece escludere l’applicabilità del suddetto contributo sull’importo della retribuzione dei lavoratori ancora in servizio dopo la suddetta data”.

3. Il ricorso va quindi accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata; e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, con la condanna Istituto alla restituzione in favore dei ricorrenti delle somme trattenute sulla retribuzione, a titolo di contributo di solidarietà, dalla data del 1 ottobre 1999, oltre gli accessori di legge.

La difficoltà della questione, nonchè il consolidamento solo di recente dell’orientamento di legittimità nella materia esaminata, inducono alla compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, condanna l’INPS alla restituzione delle somme trattenute sulla retribuzione, a titolo di contributo di solidarietà, dalla data del 1 ottobre 1999, oltre gli accessori di legge. Compensa le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 31 gennaio 2011

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