Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2154 del 29/01/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 2154 Anno 2018
Presidente: DORONZO ADRIANA
Relatore: DORONZO ADRIANA

ORDINANZA
sul ricorso 17333-2014 proposto da:
CALZIA GIACOMO, CARLINO LAURA, VASSALLO CINZIA,
VASSALLO GIOVANNA, FIORAVANTI EMANUELA,
BONFANTE ANNA MARIA, CENZON DANIELA, VIGLIETTI
MONICA, LUCIA MARIA, MACCARIO SANDRA, PIA
MIRELLA, RAMELLA ROMILDA, RODI CLAUDIO, DI
GENNARO ROSA, DI ROCCO MONICA, DIURNO LUCIA,
DRIOLI SARA, DALMAZZO GIUSEPPINA, TOMARCHIO
GIUSEPPE, TRIOZZI GABRIELLA, POLLOLI ALESSIA,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA G. ARMELLINI 30, presso
lo studio dell’avvocato ROMEO BRUNETTI, che li rappresenta e
difende;
– ricorrenti contro

Data pubblicazione: 29/01/2018

MINISTERO DELL’ISTRUZIONE UNIVERSITA’ E RICERCA
80185250588, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta

– controricorrente avverso la sentenza n. 647/2013 della CORTE D’APPELLO di
GENOVA, depositata il 17/12/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 05/12/2017 dal Presidente Consigliere Dott.
ADRIANA DORONZO.

Rilevato che:
1. il Tribunale di Genova ha rigettato le domande proposte dagli
odierni ricorrenti, volte ad ottenere la declaratoria di nullità dei termini
apposti ai contratti di lavoro stipulati con il Ministero dell’Istruzione,
Università e Ricerca e la conversione dei contratti in contratti a tempo
indeterminato o, in subordine, la condanna del ministero al
risarcimento del danno.
1.1. La Corte d’appello di Genova ha rigettato l’appello dei lavoratori
argomentando dalla specialità del sistema di reclutamento del
personale docente e amministrativo del comparto della scuola, ritenuto
non “abusante”, essendo piuttosto un insieme di “norme equivalenti”
alternativo a quello delineato dai punti a), b) e c) della direttiva.
1.2. Contro la sentenza i lavoratori propongono ricorso per cassazione
articolando un unico motivo, al quale resiste il Ministero con
controricorso.
1.3. La proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., è
stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione
Ric. 2014 n. 17333 sez. ML – ud. 05-12-2017
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e difende op e legis;

dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata. I ricorrenti
hanno depositato memoria

ex art. 380

bis,

comma secondo,

cod.proc.civ., in cui esprimono motivato dissenso dalla proposta del
relatore.
1.4. Il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.

1.con l’unico articolato motivo di ricorso i lavoratori denunciano la
violazione «dell’art. 360 n. 3, cod.proc.civ.: erroneità dell’impugnata
sentenza ha errato nell’aver escluso la sussistenza delle “ragioni
obiettive” indicate nella clausola 4, punto 1 dell’Accordo quadro CES,
UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato»;
1.1. rilevano che la sentenza si è limitata a richiamare la decisione di
questa Corte n. 10127 del 20/6/2012, senza specificare le ragioni che
consentono di adottare norme speciali nel settore scolastico; assumono
che il divieto di trasformazione del rapporto di lavoro a tempo
determinato in rapporto di lavoro a tempo indeterminato nel settore
del pubblico impiego viola la direttiva europea 99/70 CE, che sancisce,
in primo luogo, il principio di non discriminazione tra lavoratori a
termine e lavoratori a tempo indeterminato e, in secondo luogo, la
prevenzione dell’abuso nella reiterazione dei contratti a termine, con la
conseguenza che la norma che tale divieto impone deve essere
disapplicata;
1.2. in via subordinata “ripropongono” la questione della violazione
dell’art. 53 L. cit. (sic), ritenuta assorbita dalla corte territoriale, e
insistono perché sia riconosciuto loro il diritto agli scatti stipendiali
biennali del 2,5% da calcolarsi sullo stipendio tabellare allegato
C.C.N.L, non essendo giustificata una distinzione tra insegnanti non di
ruolo di religione e quelli di tutte le altre materie;

Ric. 2014 n. 17333 sez. ML – ud. 05-12-2017
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Considerato che:

1.3. prospettano questioni di pregiudizialità ai sensi dell’art. 267 del
Trattato CEE, allo scopo di verificare se la normativa interna contrasti
con la direttiva comunitaria in punto di discriminazione e se la stessa
preveda misure adeguate ad impedire l’abuso del ricorso ai contratti a
tempo determinato;

comma 1, L. n. 124/1999, in relazione agli artt. 11 e 117 Cost e alla
clausola 5, punto 1, lett. a) dell’accordo quadro, chiedendo altresì in via
subordinata la sospensione del giudizio in attesa della definizione del
giudizio di legittimità (all’epoca) pendente.
2. In via preliminare deve rilevarsi che nella sentenza impugnata la
Corte d’appello di Genova, nel riassumere i fatti di causa, ha precisato
che la domanda dei ricorrenti aveva ad oggetto “la nullità del termine
apposto ai contratti di lavoro da loro stipulati con il predetto Ministero
e la conversione dei contratti stessi in contratti a tempo indeterminato
o, in subordine, il risarcimento del danno”; la stessa Corte ha aggiunto
che, secondo il tribunale, i contratti erano stati stipulati nel rispetto
della normativa interna e del diritto comunitario (pag. 2, secondo
capoverso della sentenza); infine nel riassumere i motivi di appello, la
Corte territoriale ha precisato che i ricorrenti hanno insistito nelle
domande già formulate.
2.1. Nella sentenza non vi è alcun riferimento ad una domanda avente
ad oggetto il riconoscimento del diritto agli scatti biennali di anzianità e
alle problematiche prospettate nel ricorso per cassazione con riguardo
all’applicazione dell’articolo 53 della legge n. 312 del 1980, né
emergono elementi da cui possa desumersi che tale domanda sia stata
ritenuta “assorbita” dal rigetto degli altri motivi di appello.
2.2. Nel ricorso per cassazione i ricorrenti si limitano ad asserire di
aver proposto al tribunale, sia pure in via subordinata, la domanda
Ric. 2014 n. 17333 sez. ML – ud. 05-12-2017

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1.4. infine sollevano dubbi di legittimità costituzionale dell’art. 4,

fondata sulla violazione di tale norma e del principio di non
discriminazione con riguardo al differente trattamento retributivo, ma
tale asserzione è priva della necessaria compiutezza, non avendo la
parte trascritto, neppure nella parte che interessa, il ricorso ex art. 414
cod.proc.civ. Inoltre, la parte non indica la sorte di tale domanda nel

del tribunale, né specifica con quale atto ed in che termini essa sarebbe
stata riproposta al giudice di appello. Deve aggiungersi che tale onere
di specificazione e autosufficienza va assolto anche quando si deduca
un error in procedendo (per tutte Cass. sez. Un., 22/5/2012, n. 8077).
2.3. E tanto vale anche in caso di omessa pronuncia (cfr. Cass.
02/08/2016, n. 16103; Cass. 20/08/2015, n. 17049; Cass. 04/03/2013,
n.5344; Cass. 17/08/2012, n.

14561), come sembrerebbe più

correttamente inquadrabile la censura in esame, nella parte in cui si
assume che la corte genovese, sia pure attraverso la tecnica
dell’assorbimento, non avrebbe pronunciato sulla domanda di
condanna al pagamento delle differenze retributive, domanda che,
stando alle ragioni esposte nel ricorso per cassazione, avrebbe una sua
autonoma causa petendi,

il principio di non discriminazione ex art. 4

dell’Accordo Quadro – rispetto alla domanda risarcitoria, legata
all’abusività della stipulazione dei contratti a tempo indeterminato ed
in violazione della clausola 5 dello stesso accordo.
2.4. La mancata trascrizione testuale delle conclusioni rassegnate nel
ricorso introduttivo del giudizio e dei motivi di appello e il mancato
deposito, unitamente al ricorso per cassazione, dei relativi atti
impediscono di ritenere soddisfatto, da parte del ricorrente, il duplice
onere imposto, a pena di inammissibilità del ricorso, dall’art. 366,
primo comma, n. 6, c.p.c., e, a pena di improcedibilità, dall’art. 369,
secondo comma, n. 4, c.p.c.
Ric. 2014 n. 17333 sez. ML – ud. 05-12-2017
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giudizio di primo grado, le ragioni del suo eventuale rigetto da parte

2.5. Si tratta di norme che consacrano il principio di autosufficienza del
ricorso per cassazione – corollario del requisito di specificità dei motivi
di impugnazione – il quale comporta che, quando siano in gioco atti
processuali ovvero documenti o prove orali la cui valutazione debba
essere fatta ai fini dello scrutinio di un vizio di violazione di legge, ex

un error in procedendo, ai sensi dei numeri 1, 2 e 4 della medesima norma,
è necessario non solo che il contenuto dell’atto o della prova orale o
documentale sia riprodotto in ricorso, ma anche che ne venga indicata
l’esatta allocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte,
rispettivamente acquisito o prodotto in sede di giudizio di legittimità
(Cass., 6 novembre 2012, n. 19157; Cass., 23 marzo 2010, n. 6937;
Cass. civ. 12 giugno 2008, n. 15808; Cass. civ. 25 maggio 2007, n.
12239), al fine di consentire al giudice di legittimità di valutare la
fondatezza del motivo, senza dover procedere all’esame dei fascicoli
d’ufficio o di parte (v. da ultimo, Cass., 12 dicembre 2014, n. 26174;
Cass., 7 febbraio 2011, n. 2966).
2.6. Né tale onere può essere assolto attraverso il rinvio a fonti esterne
allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi o atti attinenti al pregresso
giudizio di merito (Cass. 15/07/2015, n.14784): diviene così irrilevante
che nel controricorso il Ministero abbia incluso, tra le domande proposte
dalle controparti, quella del riconoscimento dell’anzianità di servizio e
delle conseguenti differenze retributive, senza considerare che in ogni
caso mancano elementi per desumere se la questione sia stata
correttamente devoluta al giudice di appello.
3. Con riguardo al motivo di ricorso avente ad oggetto la conversione
dei contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato
o, in subordine, il risarcimento del danno, valgono i principi affermati

Ric. 2014 n. 17333 sez. ML – ud. 05-12-2017
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art. 360 c.p.c., n. 3, di carenze motivazionali, ex art. 360 c.p.c., n. 5, o di

da questa Corte nella sentenza n. 22553/2016 e 22556/2016 a cui
occorre uniformarsi.
3.1. I passaggi motivazionali che rilevano in questa sede sono i
seguenti:
a) la Corte Costituzionale, con l’ordinanza n. 207 del 2013, ha già

pregiudiziale ai sensi e per gli effetti dell’art. 267 del Trattato sul
Funzionamento dell’Unione Europea, la questione di interpretazione
della clausola 5, punto 1, dell’Accordo quadro CES, UNICE e CEEP
sul lavoro a tempo determinato: la Corte di giustizia, con la sentenza
del 26 novembre 2014 (nelle cause riunite C-22/13, da C-61/13 a C63/13 e C-418/13, Mascolo ed altri), ha deciso nel senso che «La
clausola 5, punto 1, dell’Accordo quadro sul lavoro a tempo
determinato, E… (…)…] deve essere interpretata nel senso che osta a
una normativa nazionale, quale quella di cui trattasi nei procedimenti
principali, che autorizzi, in attesa dell’espletamento delle procedure
concorsuali per l’assunzione di personale di ruolo delle scuole statali, il
rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di
posti vacanti e disponibili di docenti nonché di personale
amministrativo, tecnico e ausiliario, senza indicare tempi certi per
l’espletamento di dette procedure concorsuali ed escludendo qualsiasi
possibilità, per tali docenti e per detto personale, di ottenere il
risarcimento del danno eventualmente subito a causa di un siffatto
rinnovo»;
b) con la sentenza n. 187 del 2016 la Corte Costituzionale ha dichiarato
«l’illegittimità costituzionale, nei sensi e nei limiti di cui in motivazione,
dell’art. 4, commi 1 e 11, della legge 3 maggio 1999, n. 124, nella parte
in cui autorizza, in mancanza di limiti effettivi alla durata massima
totale dei rapporti di lavoro successivi, il rinnovo potenzialmente
Ric. 2014 n. 17333 sez. ML – ud. 05-12-2017
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sottoposto alla Corte di giustizia dell’Unione europea, in via

illimitato di contratti di lavoro a tempo determinato per la copertura di
posti vacanti e disponibili di docenti nonché di personale
amministrativo, tecnico e ausiliario, senza che ragioni obiettive lo
giustifichino».
3.2. La Corte è pervenuta al predetto dispositivo riconoscendo il

Giustizia sulla non conformità alla clausola 5 comma l della Direttiva
del 1999 delle disposizioni menzionate (punto 47), in tal modo dando
seguito al fondamentale principio del primato del diritto comunitario,
posto alla base della richiamata ordinanza n. 207 del 2013 della Corte
Costituzionale e sempre riconosciuto dalle pronunzie di questa Corte.
3.3. La Corte Costituzionale ha tuttavia ritenuto di dovere integrare il

dictum del giudice comunitario ed ha esaminato la questione, oggetto
dei giudizi nei quali era stata sollevata la questione di legittimità
costituzionale, dello jus superveniens, costituito dalla legge n. 107 del
2015, adottata dal legislatore al fine di garantire la corretta applicazione
dell’Accordo quadro.
3.4. Dalla combinazione dei vari interventi, sia a regime che transitori,
effettuati con la suddetta legge n. 107 del 2015, il Giudice delle leggi ha
desunto l’esistenza, «in tutti i casi che vengono in rilievo», di una delle
misure rispondenti ai requisiti richiesti dalla Corte di Giustizia,
individuandole, quanto ai docenti, nelle procedure privilegiate di
assunzione che attribuiscono a tutto il personale interessato serie ed
indiscutibili chances di immissione in ruolo.
3.5. La Corte ha precisato, da ultimo, che grazie alla legge n. 107 del
2015 l’illecito di cui si è reso responsabile lo Stato italiano, a causa della
violazione del diritto dell’UE, è stato «cancellato» dal legislatore italiano
con la previsione di adeguati ristori al personale interessato.

Ric. 2014 n. 17333 sez. ML – ud. 05-12-2017
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proprio obbligo di attenersi all’inequivocabile verdetto della Corte di

3.6. I giudici delle leggi hanno pertanto precisato che la dichiarazione
di illegittimità costituzionale, in parte qua e con effetto ex tunc, dell’art. 4
c. 1 e 11 della L. 124 del 1999, comporta che la reiterazione dei
contratti a termine stipulati ai sensi della richiamata disposizione
configura un illecito, rilevante sul piano del diritto comunitario e,

3.7. In ordine alle condizioni in presenza delle quali può dirsi integrato
l’illecito questa Corte, nelle sentenze citate, ha posto l’accento sia sulle
ragioni delle supplenze sia sul dispiegamento nel tempo dei contratti a
tempo determinato, precisando che, sotto il primo profilo, tanto la
Corte di Giustizia quanto la Corte Costituzionale hanno fatto
riferimento alla sola tipologia contrattuale delle supplenze «organico di
diritto», regolate dall’art. 4, comma 1°, 1. n. 124/1999, e, dunque, i
principi enunciati non si estendono a quelle su organico di fatto; sotto
il secondo profilo che, pur in assenza di disposizioni di legge che
espressamente individuino il tempo in cui il rinnovo dei contratti a
termine possa integrare la illegittima ed abusiva reiterazione delle
assunzioni a termine, è stato ritenuto idoneo parametro il termine
triennale previsto per l’indizione delle procedure concorsuali per i
docenti (art. 400 del T. U., come modificato dall’art. 1 legge n. 124 del
1999): esso infatti, trasposto in termini di rinnovi contrattuali, sarebbe
stato idoneo a giustificare fino a tre contratti a termine, ciascuno di
durata annuale ed è, quindi, desumibile in via interpretativa proprio dal
sistema peculiare della scuola, ricevendo specifica conferma nel fatto
che avranno cadenza triennale i futuri concorsi pubblici, come previsto
dal comma 113 dell’art. 1, legge n. 107 del 2015, che ha riformato l’art.
400 del T. U.
3.8. E’ stato, così, conclusivamente affermato che la complessiva
durata massima di trentasei mesi costituisce un parametro tendenziale
Ric. 2014 n. 17333 sez. ML – ud. 05-12-2017
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quindi, sul diritto interno.

del sistema delle assunzioni a tempo determinato che porta ad
allineare, ferma la specialità del d.lgs. n. 165/01, il settore privato e il
settore pubblico, se pur esclusivamente in ordine al limite temporale
oltre il quale è configurabile l’abuso (quanto al settore privato, cfr. da
ultimo S.U. 11374/2016).

dal ricorso per cassazione quanto dalla sentenza impugnata non
emergono elementi dai quali possa desumersi il tipo e il numero dei
contratti intercorsi tra le parti, in particolare se le supplenze abbiano
riguardato vacanze su organico di diritto e si siano protratte per oltre
36 mesi, con la conseguenza che non è evincibile in che termini
sarebbe configurabile un abuso nei termini su descritti.
Nelle memorie ex art. 380 bis, c. 2., cod.proc.civ., dissentendo dalla
proposta del relatore, i lavoratori assumono che il contenuto e la
successione dei contratti è “fermo e incontestato”, e che, in ogni caso,
si tratterebbe di circostanze ininfluenti, essendo pacifico che vi è stata
violazione del principio di non discriminazione: ma è evidente che si
tratta di una petizione di principio, dal momento che la parte dà per
dimostrato ciò che invece avrebbe dovuto dimostrare.
Né vale invocare precedenti che avrebbero deciso in senso favorevole
ai lavoratori in un caso “del tutto analogo”, giacché anche qui si dà per
dimostrato ciò che dimostrato non è – ossia la sovrapponibilità delle
situazioni di fatto e giuridiche – ed anche qui senza considerare che, nel
precedente indicato in memoria, risulta che la domanda avente ad
oggetto le differenze retributive era già stata riconosciuta dai giudici di
merito.
In conclusione, va condivisa la proposta del relatore ed il ricorso deve
essere dichiarato inammissibile.

Ric. 2014 n. 17333 sez. ML – ud. 05-12-2017
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4. Nella specie, contrariamente a quanto opina parte ricorrente, tanto

In ragione delle peculiarità delle questioni prospettate, solo di recente
composte dall’intervento di questa Corte si ritiene di compensare le
spese del presente giudizio.
I ricorrenti vanno comunque condannati al versamento dell’ulteriore
importo pari a quello del contributo unificato versato, ai sensi dell’art.

PQM
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e compensa le spese.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 115 del 2002, dà atto
della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei
ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art.
13.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 5/12/2017
Il Presidente
Dott. Adriana Doronzo
iteki a.u,U

13, comma 1 quater, del d.P.R. 115 del 2002.

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