Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21539 del 25/10/2016

Cassazione civile sez. II, 25/10/2016, (ud. 14/06/2016, dep. 25/10/2016), n.21539

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – rel. Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 27911-2011 proposto da:

P.P., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA UGO

DE CAROLIS 154, presso lo studio dell’avvocato VANESSA GURRIERI, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIOVANNA VIGNA

giusta procura speciale per Notaio Dott. Pi.Fe. del

(OMISSIS) in (OMISSIS) Rep. n. (OMISSIS);

– ricorrente –

contro

F.M.G., (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

PACUVIO 34, presso lo studio dell’avvocato GUIDO ROMANELLI, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato EMILIO VIGNOLO;

– controricorrente –

e contro

C.A., F.L.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 652/2011 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 15/06/201);

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/06/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO;

uditi gli Avvocati VANESSA GURRIERI e GIOVANNA VIGNA, difensori del

ricorrente, che hanno chiesto l’accoglimento del ricorso e della

memoria;

udito l’Avvocato EMILIO VIGNOLO, difensore della Sig.ra F., che ha

chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUZIO Riccardo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

P.P. conveniva innanzi al Tribunale di (OMISSIS) F.L., C.A. e F.M.G. chiedendo lo scioglimento della comunione di un locale sottotetto e di altro locale (già adibito a rifugio aereo) ubicati entrambi nello stabile condominiale di via (OMISSIS).

La C. e la F.M.G. si costituivano nel giudizio contestando gli assunti attorei.

La F.L., costituitasi, aderiva alla domanda svolta dall’attore, chiedendo di andare immune dal pagamento delle spese processuali.

L’adito Tribunale, con sentenza n. 1307/2003, dichiarava lo scioglimento della comunione e disponeva che la divisione avvenisse conformemente al progetto divisionale redatto dal CTU e di cui in atti, rimettendo in istruttoria per le operazioni di sorteggio dei lotti.

Avverso la suddetta pronunzia proponevano appello la F.M.G. e la C.A., proponendo appello incidentale. Resistevano all’interposto gravame il P. e la F.L.. L’adita Corte di Appello di Genova, con sentenza n. 652/2011 accoglieva l’appello, annullava tutte le statuizioni dell’impugnata sentenza, respingeva la domanda di scioglimento della comunione, accertava la quota di comproprietà del P. quanto ai beni per cui era controversia ed, in accoglimento della domanda subordinata proposta con l’appello incidentale compensava totalmente, quanto alla F.L., le spese di causa, poste quanto alle altre parti a carico del P. sia per il primo che per il secondo grado.

Per la cassazione della succitata sentenza della Corte ligure ricorre il P. con atto fondato su quattro ordini di motivi.

Resiste con controricorso la sola intimata F.M.G.. Nell’approssimarsi dell’udienza ha depositato memoria, ai sensi dell’art. 378 c.p.c., F.M.G..

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1.- Con il primo motivo del ricorso si censura il vizio di violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1117 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 in ordine alla presunzione di proprietà comune dei beni oggetto della controversia.

Il motivo si sostanzia nella considerazione, operata dal ricorrente, per cui i beni in relazione ai quali si controverte non rientravano fra quelli per i quali vi è la presunzione ex lege di appartenenza alle parti comuni di un edificio.

Il motivo non può essere accolto.

Esso impinge una valutazione corretta della Corte distrettuale, che ha fatto buon uso delle norme e dei principi applicabili nella fattispecie.

Nella concreta fattispecie non risulta alcuna sussistenza di un titolo contrario alla presunzione di comunione oggi contestata (presunzione, per più, avallata dalle risultanze di CTU e dallo stimato “collegamento obiettivo funzionale della cosa” con conseguente uso e godimento comune ed appartenenza a tutti i condomini.

In proposito non può che condividersi (con la decisione gravata) il richiamo ai principi enunciati da questa Corte e di cui alle decisioni citate nell’impugnata decisione (quali, ad esempio, Cass. n. 1371/1976).

Il motivo va, dunque, respinto.

2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce il vizio di falsa applicazione dell’art. 1117 c.c. e violazione dell’art. 922 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 per quanto concerne attribuzione della comproprietà delle parti comuni dell’edificio al P. “non essendo i beni assoggettati a presunzione comunione.

Anche per tale motivo, che – in buona sostanza – si ricollega a quello innanzi esaminato non possono che ribadirsi le considerazioni già prima espressa.

Inoltre deve evidenziarsi che – correttamente – la Corte territoriale ha la destinazione a bene comune e la presunzione di cui sopra, oltre che accertata dal CTU, è collegata “all’obiettiva funzionale destinazione della cosa”.

Nel giudizio di merito l’odierno ricorrente nulla ha efficacemente dedotto a contrario.

E, la stessa possibilità di far escludere la suddetta presunzione (a mezzo di opportuno e comprovato riferimento all’atto costitutivo del condominio) non è stata affatto coltivata dal P..

Il motivo deve, dunque, essere rigettato.

3.- Con il terzo motivo parte ricorrente lamenta la violazione dell’art. 1111 c.c. e art. 1119 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 perchè l’art. 1119 c.c. non vieta la divisione.

IL motivo va rigettato in quanto, stante la valutata appartenenza ai beni comuni, del locale per cui si controverte, proprio il disposto dell’art. 1119 c.c. fissa un limite rigoroso per la divisibilità di un bene come quello per cui è causa.

Tale bene non poteva essere diviso poichè non risultava che la sua (eventuale) divisione non pregiudicava il godimento anche solo di un condomino solo, quello – appunto – previsto da una delle norme invocate.

Il motivo va, perciò, rigettato.

4.- Con il quarto motivo del ricorso si prospetta il vizio di omessa e/o insufficiente motivazione circa la divisibilità dei beni di cui si chiede lo scioglimento della comunione in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.

Il motivo è inammissibile tendendo espressamente ad un riapprezzamento in queste sede non più possibile, delle valutazioni in fatti già compiutamente svolte e congruamente motivate nell’impugnata sentenza.

Il motivo è, quindi, inammissibile.

5.- Il ricorso, alla stregua di quanto innanzi ritenuto, va rigettato.

6.- Le spese seguono la soccombenza e si determinano come in dispositivo.

PQM

LA CORTE

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore della contro ricorrente delle spese del giudizio, determinate in Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 14 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 25 ottobre 2016

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