Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21539 del 18/09/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 18/09/2017, (ud. 13/07/2017, dep.18/09/2017),  n. 21539

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 20590/2016 R.G. proposto da:

METAL TRANSPORT DI S.B. S.A.S. IN LIQUIDAZIONE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 288, presso lo studio dell’avvocato MICHELA

REGGIO D’ACI, che la rappresenta e difende unitamente e

disgiuntamente all’avvocato DOMENICO FRAGAPANE;

– ricorrente –

contro

GENERALI ITALIA S.P.A., società incorporante Alleanza Toro S.p.A.,

in persona del suo procuratore speciale, da considerarsi, in difetto

di elezione di domicilio in Roma, ivi domiciliata per legge presso

la CANCELLERIA della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato LUCA PROCACCI;

– controricorrente –

e contro

FALLIMENTO (OMISSIS) S.R.L. IN LIQUIDAZIONE, in persona del Curatore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA UGO DE CAROLIS 77, presso lo

studio dell’avvocato LUCIO LAURITA LONGO, rappresentata e difesa

dall’avvocato LUCA PECORARO;

– controricorrente –

e contro

LA ROSA DI D.L. & C. S.N.C.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 155/2016 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 02/02/2016;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata

del 13/07/2017 dal Consigliere Dott. Franco DE STEFANO.

Fatto

RILEVATO

che:

la Metal Transport di S.B. sas in liq.ne ricorre, affidandosi a tre gruppi di motivi, per la cassazione della sentenza n. 155 del 02/02/2016 con cui la corte di appello di Torino ha respinto il suo appello avverso la condanna, pronunziata nei suoi confronti ed in favore della La Rosa di D.L. & C. snc, al risarcimento dei danni da questa patiti per la rovina di una tettoia non bene ancorata e finita su di un manufatto dell’attrice, rimossa con ulteriori danni dalla danneggiante odierna ricorrente, che aveva invano chiamato in garanzia la (OMISSIS) srl, impresa incaricata della rimozione, ma ottenendo solo parziale manleva dall’altra chiamata Alleanza Toro, in quel grado di lite in giudizio a mezzo della mandataria Generali Business Solutions scpa;

delle intimate resistono, con separati controricorsi, la curatela del fallimento della (OMISSIS) srl in liq.ne e la Generali Italia spa;

è formulata proposta di definizione – di inammissibilità – in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 1 come modificato dal D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1 bis, comma 1, lett. e), conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197;

la ricorrente deposita memoria ai sensi del medesimo art. 380-bis, comma 2, u.p..

Diritto

CONSIDERATO

che:

il Collegio ha raccomandato la redazione della motivazione in forma semplificata;

dei motivi di ricorso (il primo, di “violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione agli artt. 2051,2043 e 2697 c.c.), error in procedendo (art. 360 c.p.c., n. 4, in relazione all’art. 132 c.p.c., con riguardo agli artt. 61 e 191 c.p.c.), omesso esame di fatto decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5, in relazione alla prova documentale del caso fortuito”; il secondo, di “violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione all’art. 111 Cost., art. 2697 c.c., artt. 183,194 e 201 c.p.c.); error in procedendo (art. 360 c.p.c., n. 4, in relazione all’art. 194 e all’art. 132 c.p.c.); assunzione, a fondamento della decisione, di fatto risultante da prova inammissibile (art. 360 c.p.c., n. 5, in relazione al contenuto delle operazioni peritali ed alla relazione di ctu)”; il terzo, di “violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione agli artt. 2043,1228,2697,1223 e 2056 c.c.), nullità della sentenza in relazione all’art. 132 n. 4 c.p.c., assunzione, a fondamento della decisione, di fatto inesistente (art. 360 c.p.c., n. 5, in relazione al contenuto delle prove testimoniali)”) è superflua l’illustrazione analitica;

infatti, ai sensi dell’art. 2051 c.c. la responsabilità del custode della res sussiste pure in relazione ai danni dipendenti dal dinamismo intrinseco della stessa (per tutte: Cass. 27/11/2014, n. 25214, ove ulteriori riferimenti) per la sua conformazione o struttura, cui ben può ricondursi il rischio di uno svellimento di una tettoia precaria, sia pure per il concorso dell’azione di un vento di forza particolare, ma evidentemente non considerata o prevista in modo adeguato al momento del suo ancoraggio al suolo e quindi con persistente piena operatività di obblighi e responsabilità del custode: quindi, la tesi dell’inapplicabilità della norma suddetta alla fattispecie è di per sè errata e la ricorrente non può giovarsene;

ad ogni buon conto, si può rilevare che le doglianze relative a tempi e modalità di acquisizione di documenti da parte del c.t.u. sono comunque inammissibili per l’inidonea contestazione della ratio decidendi della corte di merito sull’intervenuta sanatoria di ogni nullità per tardività di quelle: inidonea per la chiarezza dell’affermazione del giudice del merito e per la non riferibilità delle censure alla medesima, visto che nessuna nullità può rilevare se non si allega e si prova un’effettiva lesione del diritto di difesa (per tutte: Cass. Sez. U. 08/05/2017, n. 11141, p. 6 delle ragioni della decisione, ove ampi riferimenti ai numerosi e risalenti precedenti), che appunto è esclusa dalla corte di merito per la possibilità di reazione non colta tempestivamente da chi quella doglianza proponeva e visto che quella documentazione era stata sottoposta al pieno contraddittorio delle parti;

ancora, l’intero sistema argomentativo della ricorrente, viziato in punto di diritto per quanto detto appena più sopra in ordine al contenuto della responsabilità del custode anche per i danni cagionati dal dinamismo intrinseco della cosa custodita, si infrange anche in punto di fatto contro le valutazioni di merito della corte territoriale quanto alla sussistenza dei presupposti per la riconosciuta responsabilità, ai sensi degli artt. 2051 c.c.. (per i danni da tettoia divelta per il vento) e 2043 c.c. (per i danni da rimozione della medesima, imputabili alla direzione di soggetto riconducibile ad essa odierna ricorrente), con l’esclusione del caso fortuito e l’accertamento del nesso di causalità tra cosa custodita e danno e tra condotta successiva e danno ulteriore, quindi in applicazione del tutto corretta dei paradigmi legali richiamati;

ma è noto che nessuna riconsiderazione degli apprezzamenti di fatto è consentita nella presente sede di legittimità, a maggior ragione dopo la novella dell’art. 360 c.p.c., n. 5, che ha ridotto al minimo costituzionale il controllo in questa sede sulla motivazione (Cass. Sez. Un. nn. 8053, 8054 e 19881 del 2014), rimanendo comunque gli apprezzamenti di fatto – se scevri, come lo sono nella specie, da quei soli ed evidenti vizi logici o giuridici ammessi dalle or ora richiamate pronunzie delle Sezioni Unite istituzionalmente riservati al giudice del merito (tanto corrispondendo a consolidato insegnamento, su cui, per tutte, v. Cass. Sez. Un., n. 20412 del 2015, ove ulteriori riferimenti): mentre la tesi della riconducibilità alla previsione dell’art. 360 c.p.c., nuovo n. 5 dei fatti qualificati inesistenti, ma appunto all’esito di una comparazione delle risultanze istruttorie, ovvero dei fatti carenti di prova ammissibile, si scontra contro la ricostruzione della norma operata dalla giurisprudenza già consolidata di questa Corte sul punto;

inoltre, non è pertinente il richiamo all’art. 2697 c.c., posto che la violazione o la falsa applicazione di questo precetto è configurabile solo nell’ipotesi che il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne risulta gravata, non anche quando, a seguito di una valutazione delle acquisizioni istruttorie ritenuta incongrua, si deduca avere il giudice errato nel ritenere che la parte onerata non abbia assolto tale onere, in questo caso prospettandosi soltanto un erroneo apprezzamento sull’esito della prova (da ultimo, v. Cass. Sez. U. 31/05/2016, n. 11383): in altri termini, la violazione dell’art. 2697 cod. civ. si configura se il giudice di merito applica la regola di giudizio fondata sull’onere della prova in modo erroneo, cioè attribuendo l’onus probandi a una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costituivi ed eccezioni (Cass. Sez. U. 05/08/2016, n. 16598, che richiama Cass. n. 11892 del 2016);

il ricorso va pertanto rigettato, atteso il profilo di infondatezza delle doglianze riferite agli artt. 2051 e 2697 c.c., con condanna della soccombente ricorrente alle spese edato pure atto – mancando ogni discrezionalità al riguardo (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra molte altre: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1,comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito.

PQM

 

rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore di ciascuna controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida per ognuna in Euro 4.100,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 13 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 18 settembre 2017

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