Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21538 del 25/10/2016


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Cassazione civile sez. II, 25/10/2016, (ud. 14/06/2016, dep. 25/10/2016), n.21538

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIANCHINI Bruno – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. ORICCHIO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18608-2011 proposto da:

I.I.V., (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, LUNGOTEVERE MELLINI 24, presso lo studio dell’avvocato

GIOVANNI GIACOBBE, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato MARCO MACHETTA;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO DI (OMISSIS), c.f. (OMISSIS), in persona

dell’Amministratore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA LUCREZIO CARO 67, presso lo studio dell’avvocato ALFREDO

BARBIERI, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1739/2011 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 20/04/2011;

udlta la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/06/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO ORICCHIO;

uditi gli Avvocati GIOVANNI GIACOBBE e MARCO MACHETTA, difensori

della ricorrente, che hanno chiesto l’accoglimento delle difese

depositate;

udito l’Avvocato ANNA RUSSO, con delega orale dell’Avvocato ALFREDO

BARBIERI difensore del controricorrente, che ha chiesto il rigetto

del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FUZIO Riccardo, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso per

quanto di ragione.

Fatto

CONSIDERATO IN FATTO

I.I.V. impugnava innanzi al Tribunale di Roma la delibera assembleare del Condominio di (OMISSIS) di quella Città volta alla regolamentazione dell’uso comune del terrazzo condominiale.

Nella resistenza del Condominio, che svolgeva domanda riconvenzionale, l’adito Tribunale – con sentenza n. 159/2004 -rigettava la domanda attrice di impugnazione ed, in parziale accoglimento della proposta domanda riconvenzionale, ordinava alla I. di non apporre arredi o quant’altro di pertinenza del proprio appartamento sul terrazzo condominiale e la condannava alla refusione delle spese di lite.

Avverso la succitata sentenza, di cui chiedeva la riforma, interponeva appello l’ I..

Resisteva al proposto gravame il Condominio, che proponeva appello incidentale al fine dell’accoglimento delle disattese istanze già svolte con la svolta riconvenzionale (relative alle piante sulla terrazza ed al ripristino dello status quo ante ovvero alla chiusura dell’apertura di collegamento fra l’appartamento della appellante principale ed il bene comune).

L’adita Corte di Appello di Roma, con sentenza n. 1739/2011 rigettava l’appello principale ed, in accoglimento dell’impugnazione incidentale, ordinava alla I. di sostituire con una finestra la porta finestra esistente collegante il di lei appartamento al lastrico solare condominiale, con condanna della stessa appellante alla refusione delle spese.

Avverso la suddetta decisione della Corte capitolina ricorre la I. con atto affidato a otto ordini di motivi.

Resiste con controricorso l’intimato Condominio. Nell’approssimarsi dell’udienza hanno depositato memorie, ai sensi dell’art. 378 c.p.c., entrambe le parti in causa.

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

1.- Con il primo motivo del ricorso si censura il vizio di violazione e falsa applicazione dell’art. 39 c.p.c., art. 325 c.p.c. e ss., art. 2909 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, nonchè omessa motivazione su punti e fatti della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 4 e 5.

Il motivo non può essere accolto.

Con lo stesso viene, in sostanza, ripreso un profilo della controversia già affrontato con il terzo motivo di appello.

Trattasi della eccepita litispendenza con altro giudizio possessorio asseritamente proposto dal Condominio e pendente all’epoca della proposizione dell’appello.

Senonchè, a parte ogni altra considerazione sulla stato di quel giudizio allegato dall’appellante-odierna controricorrente (e, quindi, sulla persistente pendenza o definizione del medesimo go giudizio) deve osservarsi quanto segue.

La differenza di petitum e causa petendi fra il giudizio possessorio (cui faceva riferimento la ricorrente) ed il presente giudizio petitorio non poteva comportare l’invocata declaratoria di litispendenza, nè l’influenza dell’addotto medesimo giudizio possessorio nella presente controversia.

Non può in questa sede che condividersi quanto già affermato a proposito del rigetto del terzo motivo di appello dalla Corte distrettuale e, quindi, le condivise e richiamate decisioni di questa Corte (Cass. 20.7.1999, n.7747; Cass. 13.1.1995, n. 360 e Cass. 26.4.1980, n. 3960, nonchè -da ultimo- Cass. 21233/2009).

In sostanza, con l’impugnata sentenza, è stato fatto buon governo delle nonne di diritto e dei principi applicabili nella fattispecie.

11 decisum della Corte di Appello, pertanto, è, a differenza di quanto sostenuto col motivo in esame, corretto ed immune dai vizi denunciati.

Il motivo in esame va, dunque, respinto.

2.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce il vizio di violazione e falsa applicazione degli artt. 1102, 1130, 1131, 1138 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 ed insufficiente e/o contraddittoria motivazione su un fatto controverso.

Il motivo intende, in concreto, sottoporre all’esame di questa Corte, anche attraverso la promiscua censura di carenza motivazionale, una peculiare questione.

Questa appare relativa alle attività consentite sul terrazzo e viene svolta partendo da un passaggio argomentativo ovvero da una asserzione contenuta nella decisione gravata (a proposito del rigetto del primo motivo di appello).

Così prospettato il motivo appare relativo ad una questione nuova è, come tale, non ammissibile.

Peraltro la stessa confusa sovrapposizione di tipo di censure eterogenee nel medesimo motivo qui in esame costituisce ulteriore ragione di inammissibilità dello stesso.

Al riguardo deve richiamarsi e ribadirsi il noto principio già enunciato da questa Corte per cui “in tema di ricorso per cassazione, è inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi di impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, non essendo consentita la prospettazione di questione sotto profili incompatibili quali quelli della violazione o falsa applicazione di norma di legge e del vizio di motivazione”. (Cass. civ., Sez. Prima, Sent. 23 settembre 2011, n. 19443).

Il motivo è, quindi, inammissibile.

3.- Con il terzo motivo del ricorso si deduce il vizio di violazione e falsa applicazione degli artt. 1136, 1137 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.

Con l’odierna censura viene riproposta la questione di cui già al secondo motivo di appello.

Trattasi della prospettata invalidità della succitata delibera condominiale per mancata specifica individuazione dei condomini e la rispettiva indicazione della posizione in ordine a ciascuna votazione ed ai relativi millesimi.

Il motivo va rigettato poichè non risulta errata la decisione gravata (confermante, in punto, la sentenza di primo grado).

Infatti l’indiscussa indicazione dell’esito della votazione e della maggioranza dei millesimi (510,145) pacificamente espressi per l’approvazione della delibera impugnata rende del tutto infondato e pretestuoso il motivo qui scrutinato che deve essere rigettato.

4.- Con il quarto motivo del ricorso si prospetta il vizio di violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 132 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4.

Anche con tale censura si ripropone una doglianza già oggetto del quarto motivo appello.

La questione dell’uso più intenso o meno rapportato alla circostanza della apposizione sul comune terrazzo di arredi, piante ed altro.

La sentenza della Corte distrettuale non è incorsa nei denunciati vizi lamentati dalla parte ricorrente che sostiene che la decisione gravata non avrebbe reso conto dei vari profili della doglianza, omettendo la dovuta pronuncia.

La censura è del tutto infondata.

La decisione della Corte territoriale ha adeguatamente risposto alla doglianza e l’uso della parte comune attuato e preteso dalla ricorrente non poteva per nulla ritenersi nell’ipotesi consentito.

Il motivo deve, pertanto, essere respinto.

5.- Con il quinto motivo del ricorso si denuncia la violazione e falsa applicazione di legge, art. 1102 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè insufficiente e contraddittoria motivazione su fatto controverso ex art. 360 c.p.c., n. 5.

Il motivo qui in esame, connesso al quarto motivo di appello, ripropone, nella sostanza e sotto un diverso profilo, una medesima doglianza, per di più con l’inammissibile ricorso alla formulazione di censure promiscue.

Pertanto e per lo stesso Ordine di ragioni innanzi esposte il motivo va, dunque, respinto.

6.- Con il sesto motivo del ricorso si denuncia la violazione e falsa applicazione di legge ovvero dell’art. 1102 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5.

Viene, con la censura qui in esame, riproposta la questione della possibilità della controricorrente di accesso diretto al terrazzo senza contrasto con l’utilizzazione degli altri condomini.

E, quindi, ancora una voltai viene postulata la sussistenza, in ipotesi, di una mera modalità di uso, il tutto con la conseguenza che non poteva ordinarsi in concreto la sostituzione della porta di accesso della I. sul terrazzo con una finestra.

La Corte distrettuale, accogliendo – in punto – l’appello incidentale proposto dal Condominio non è incorsa nel denunciato vizio.

Tanto innanzitutto perchè la succitata porta consentiva – in concreto – un uso che, per tutto quanto innanzi detto, non era una mero uso intensivo consentito.

Inoltre il motivo qui scrutinato è infondato anche con riguardo alla pretesa mancanza di conferimento del relativo potere dell’amministratore di conferire mandato per la proposizione dell’appello incidentale di poi accolto.

L’amministratore non poteva che perseguire interesse comune, la cui tutela rientra nei suoi propri poteri.

E nell’attribuzione dei poteri dell’amministratore (peraltro consolidata dalla delibera del 15 ottobre 2010) dovevano rientrare le controversie aventi ad oggetto (come quella per cui è causa) la disciplina delle cose comuni.

Per di più quella posta col motivo qui in esame, costituisce – allo stato degli atti – questione nuova (non risultante come già svolta nei pregressi gradi del giudizio) o comunque, come tale, ritenuta in difetto di ogni altra dovuta opportuna allegazione.

Il motivo va, pertanto, respinto.

7.- Alla stregua di tutto quanto innanzi esposto, affermato e ritenuto, il ricorso va rigettato.

8.- Le spese seguono la soccombenza e si determinano come in dispositivo.

PQM

LA CORTE

rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore della parte contro ricorrente delle spese del giudizio, determinate in Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 14 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 25 ottobre 2016

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