Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21537 del 25/10/2016


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Cassazione civile sez. II, 25/10/2016, (ud. 08/06/2016, dep. 25/10/2016), n.21537

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BUCCIANTE Ettore – Presidente –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. ORILIA Lorenzo – rel. Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 11581/2012 proposto da:

COMUNE CAVA DE’ TIRRENI (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

PIAZZA COLA DI RIENZO 92, presso lo studio dell’avvocato LEOPOLDO

FIORENTINO, rappresentato e difeso dagli avvocati GIULIANA SENATORE,

ANTONINO CASCONE;

– ricorrente –

L.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FLAMINIA 395,

presso lo studio dell’avvocato MARCO DE VINCENTIIS RESTA,

rappresentato e difeso dall’avvocato TERESA TODISCO;

– controricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 271/2011 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 22/03/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/06/2016 dal Consigliere Dott. LORENZO ORILIA;

udito l’Avvocato SENATORE Giuliana, difensore del ricorrente che si

riporta agli atti depositati e deposita Sent. Corte Cassazione n.

19958/15;

udito l’Avvocato TODISCO Teresa, difensore del resistente che si

riporta agli atti depositati;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELENTANO Carmelo, che ha concluso per accoglimento 1 motivo,

assorbiti i restanti motivi del ricorso principale; rigetto 1-2

motivo, assorbito il 3 motivo del ricorso incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

l Il Comune di Cava dè Tirreni propose opposizione al decreto ingiuntivo 3667/1993, emesso dal Presidente del Tribunale di Salerno su ricorso dell’ing. L.P. per il pagamento di Lire 47.835.741 per prestazioni professionali (quale componente della commissione giudicatrice di un appalto per lavori stradali). L’opposto resistette e l’adito Tribunale con sentenza del 20.12.2005 rigettò l’opposizione.

2 Il Comune impugnò la decisione e la Corte d’Appello di Salerno, con sentenza depositata il 22.3.2011, in parziale accoglimento dell’impugnazione, revocò l’opposto decreto e ridusse la pretesa del professionista a Euro 10.000,00 (detratte le somme già percepite), osservando, per quanto ancora interessa in questa sede:

– che le eccezioni procedurali sollevate dal professionista con l’appello incidentale erano infondate perchè, quanto alla prima (estinzione del giudizio di primo grado per tardiva iscrizione a ruolo, oltre i cinque giorni dalla notifica dell’opposizione), poteva disporsi la rimessione in termini per effetto del mutamento di giurisprudenza rispetto a quella su cui aveva fatto affidamento l’opponente; quanto alla seconda (estinzione del processo per tardiva riassunzione) occorreva considerare la sospensione dei termini durante il periodo feriale;

– che l’eccezione di nullità del contratto per difetto di forma scritta era priva di fondamento perchè nel caso di specie tale requisito risultava rispettato in considerazione della lettera 7.10.1991 a firma del Sindaco di Cava dè Tirreni (con cui si comunicava al professionista la nomina nella commissione giusta delibera di Giunta n. 1656/1991) a cui aveva fatto seguito il concreto espletamento dell’incarico (salva la determinazione del valore del corrispettivo).

L’ente territoriale ricorre per cassazione deducendo cinque motivi a cui resiste l’ing. L. con controricorso contenente ricorso incidentale articolato in tre motivi.

All’udienza di discussione il difensore del ricorrente ha prodotto un precedente di questa Corte.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

RICORSO INCIDENTALE.

1.1 – 1.2 Evidenti ragioni di priorità logico-giuridica rendono opportuno trattare innanzitutto i primi due motivi del ricorso incidentale proposto dell’ing. L., che denunzia errores in procedendo dei giudici di merito nel rigettare la duplice eccezione di estinzione del giudizio di primo grado per tardiva costituzione dell’opponente e per tardiva riassunzione a seguito di interruzione).

Col primo di essi, il L. denunzia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione dell’art. 165 c.p.c., e art. 645 c.p.c., comma 2, riproponendo la tesi dell’estinzione del giudizio di primo grado per tardiva iscrizione a ruolo della causa di opposizione.

L’errore della Corte d’Appello – rileva – sta nell’avere applicato una sorta di “principio di successione della giurisprudenza nel tempo” conformato su quello della successione delle leggi nel tempo, come se le interpretazioni giurisprudenziali al pari delle norme entrassero in vigore in una data determinata e fossero applicabili solo per l’avvenire.

Con un secondo motivo, sempre in relazione alle cause di estinzione del giudizio di primo grado, denunzia la violazione dell’art. 299 c.p.c. e ss. Secondo il ricorrente incidentale al termine per la riassunzione del processo interrotto non può applicarsi la proroga di quarantacinque giorni durante il periodo feriale perchè per i termini brevi e comunque inferiori all’anno detta sospensione può applicarsi solo qualora il termine venga a spirare all’interno del periodo feriale e non già quando lo scavalchi.

Le censure sono entrambe infondate.

A) Quanto alla prima, (relativa alla costituzione dell’opponente nel procedimento di opposizione), non ricorrono i presupposti per dichiarare l’improcedibilità dell’opposizione al decreto ingiuntivo, ma per ragioni diverse da quelle indicate nella sentenza: deve farsi applicazione della norma di interpretazione autentica dettata dalla L. 29 dicembre 2011, n. 218, art. 2 (Modifica dell’art. 645 c.p.c., e interpretazione autentica dell’art. 165 c.p.c., in materia di opposizione al decreto ingiuntivo), il quale ha stabilito che nei procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge, l’art. 165 c.p.c., comma 1, si interpreta nel senso che la riduzione del termine di costituzione dell’attore ivi prevista si applica, nel caso di opposizione a decreto ingiuntivo, solo se l’opponente abbia assegnato all’opposto un termine di (Ndr: testo originale non comprensibile) inferiore a quello di cui all’art. 163 c.p.c., comma 1 (cfr. Sez. 2, Sentenza n. 2242 del 16/02/2012 Rv. 621441).

Nella specie della stessa sentenza impugnata risulta che l’opponente non ha assegnato all’opposto un termine di comparizioni inferiore a quello di cui all’art. 163 bis c.p.c., comma 1, giacchè l’opposizione venne notificata il 14.10.1993 mentre la comparizione venne fissata per l’udienza del 23.3.1994 quindi ad oltre cinque mesi: di conseguenza, l’iscrizione a ruolo avvenuta il 23.1.1993 rispetta il termine ordinario di dieci giorni per la costituzione di cui all’art. 165 c.p.c., e, quindi, per quanto esposto, appare tempestiva.

B) La seconda censura risulta a sua volta priva di fondamento perchè, come già affermato da questa Corte, la sospensione dei termini processuali, prevista dall’i agosto al 15 settembre di ogni anno dalla L. 7 agosto 1969, n. 742, art. 1, non riguarda soltanto i termini scadenti nel periodo della sospensione, ma tutti indistintamente i termini processuali, che riprendono a decorrere dalla fine del detto periodo, e si applica, pertanto, anche al termine perentorio di sei mesi di cui all’art. 305 c.p.c., relativo al processo interrotto. Ai fini della tempestività della riassunzione occorre fare riferimento, ai sensi del combinato disposto degli artt. 303 e 305 c.p.c., alla data di deposito del ricorso presso la cancelleria del giudice precedentemente adito (v. Sez. 1, Sentenza n. 4297 del 03/03/2004 Rv. 570755; Sez. 3, Sentenza n. 12245 del 25/05/2007 Rv. 598114 non massimata).

Nella fattispecie che ci occupa l’interruzione venne dichiarata all’udienza del 5.6.2002 e l’atto di riassunzione venne depositato il 14.1.2003 quindi nel pieno rispetto del termine di sei mesi prorogato di quarantasei giorni per la sospensione dei termini processuali (dal primo agosto al 15 settembre, secondo la previsione all’epoca in vigore).

RICORSO PRINCIPALE DEL COMUNE DI CAVA DE’ TIRRENI.

2.1. Passando adesso all’esame del ricorso principale, col primo motivo il Comune di Cava dè Tirreni denunzia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione degli artt. 1418, 1325 e 1423 c.c., nonchè R.D. n. 2440 del 1923, artt. 16 e 17. Osserva il ricorrente che la Corte d’Appello si è discostata dal costante orientamento della giurisprudenza che ritiene necessaria la forma scritta nella conclusione di contratti d’opera professionale stipulati con la P.A. senza che possano valere eventuali delibere o missive, richiedendosi invece la sottoscrizione contestuale del professionista e del legale rappresentante dell’ente. Tale violazione comporta la nullità del contratto e pertanto la Corte d’Appello avrebbe dovuto accogliere la relativa eccezione per difetto di forma scritta.

2.2 Col secondo motivo si denunzia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio rimproverandosi alla Corte territoriale di non avere spiegato le ragioni per le quali ha ritenuto esistente il requisito di forma.

2.3 Col terzo motivo si denunzia contraddittorietà della motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio: si osserva che la Corte di merito, contraddittoriamente, ha dapprima rilevato la mancanza di adeguato appello in ordine alla natura contrattuale dell’incarico espletato per poi rilevare che l’appellante ha innanzitutto chiesto dichiararsi la nullità del contratto.

2.4 Col quarto motivo il Comune ricorrente denunzia violazione dell’art. 2225 c.c., delle delibere del Consiglio Comunale n. 576 del 23.12.1983 e n. 168 del 17.3.1984 in ordine alla quantificazione dei compensi spettanti ai membri delle commissioni giudicatrici.

2.5 Col quinto ed ultimo motivo si denunzia infine insufficiente e omessa motivazione sull’aspetto relativo alla quantificazione del compenso ai sensi dell’art. 2225 c.c..

3 Il primo motivo è fondato per quanto di ragione.

3.1 In linea di principio – e con riferimento al contratto d’opera professionale concluso da un professionista con la pubblica amministrazione, va osservato che in base al R.D. n. 2440 del 1923, artt. 16 e 17, il contratto d’opera professionale stipulato con la P.A., pure se questa agisca “iure privatorum”, deve essere redatto, a pena di nullità, in forma scritta. L’osservanza di detto requisito richiede la redazione di un atto recante la sottoscrizione del professionista e dell’organo dell’ente legittimato ad esprimerne la volontà all’esterno, nonchè l’indicazione dell’oggetto della prestazione e l’entità del compenso, dovendo escludersi che, ai fini della validità del contratto, la sua sussistenza possa ricavarsi da altri atti – quali, ad esempio, la delibera dell’organo collegiale dell’ente che abbia autorizzato il conferimento dell’incarico, ovvero una missiva con la quale l’organo legittimato a rappresentare l’ente ne abbia comunicato al professionista l’adozione – ai quali sia eventualmente seguita la comunicazione per iscritto dell’accettazione da parte del medesimo professionista, poichè non è ammissibile la stipula mediante atti separati sottoscritti dall’organo che rappresenta l’ente e dal professionista, prevista esclusivamente per i contratti conclusi con imprese commerciali. Il contratto mancante del succitato requisito è nullo e non è suscettibile di alcuna forma di sanatoria, sotto nessun profilo, poichè gli atti negoziali della P.A. constano di manifestazioni formali di volontà, non surrogabili con comportamenti concludenti (tra le varie, v. Sez. 1, Sentenza n. 15296 del 06/07/2007 Rv. 600333; Sez. 1, Sentenza n. 1167 del 17/01/2013 Rv. 624672; Sez. 1, Sentenza n. 1752 del 26/01/2007 Rv. 594305).

Nel caso di specie, tali principi sono stati completamente disattesi dalla Corte d’Appello di Salerno che invece (v. pag. 16 sentenza) ha desunto la regolarità formale del contratto da una semplice lettera del Sindaco con cui si informava il professionista dell’avvenuta nomina a commissario disposta con una Delibera della Giunta Municipale (v. anche ricorso pag 5. ove è contenuta la trascrizione della nota sindacale) e dal “concreto espletamento dell’incarico”, senza quindi neppure una formale accettazione o pattuizione sul compenso per la prestazione.

L’errore di diritto è dunque palese, ma non è il solo.

3.2 Come in più occasioni affermato da questa Corte, l’attività svolta da un ingegnere, designato quale componente della commissione di esame di un appalto bandito da un comune per la realizzazione di un sistema di sottovia veicolare per il decongestionamento del traffico stradale, non implica necessariamente il conferimento di un incarico professionale ma, in assenza degli elementi tipici del rapporto di pubblico impiego, può essere riconducibile alla figura del funzionario onorario, sicchè, in tal caso, l’espletamento della prestazione richiesta non comporta l’esistenza di un diritto al compenso, restando riservata la fissazione del trattamento economico, in assenza di espressa previsione di legge, alla discrezionalità della P.A., senza che, a tal fine, possa essere invocata l’applicazione dell’art. 36 Cost., che riguarda esclusivamente il rapporto di lavoro subordinato (cfr. in fattispecie analoga, Sez. 6 – 1, Sentenza n. 19958 del 06/10/2015 Rv. 637122; ad analoghe conclusioni perviene Sez. 1, Sentenza n. 19435 del 18/12/2003 Rv. 569059 in tema di diritto al compenso vantato da ingegnere nominato componente di commissione per l’esame delle offerte in una gara esplorativa diretta alla realizzazione, in concessione, di lavori su incarico di una Università degli studi statale).

Ebbene, nel caso in esame, in cui si verte appunto in tema di compenso vantato da ingegnere componente di commissione comunale per l’esame delle offerte in una gara di appalto per lavori stradali, la Corte d’Appello avrebbe dovuto porsi il problema della qualificazione giuridica del rapporto e, sulla scorta dei principi esposti, tranne le debite conseguenze, ma non lo ha fatto.

Considerato che il provvedimento di affidamento dell’incarico non prevede la determinazione di un compenso (e nemmeno la delibera di nomina, nulla ricavandosi in proposito nè dalla sentenza impugnata nè dal ricorso nè dal controricorso), non poteva discendere nessun diritto al compenso (v. Sez. 1, Sentenza n. 19435/2003 Rv. 569059 cit.).

Ne discende inevitabilmente la cassazione senza rinvio previa revoca del decreto ingiuntivo, decidendosi così la causa nel merito.

Resta logicamente assorbito l’esame dei restanti motivi del ricorso principale e del terzo motivo di ricorso incidentale proposto dal professionista sotto il profilo della violazione di legge (art. 2225 c.c.) e del vizio di insufficiente od omessa motivazione sulla quantificazione del compenso.

Per la particolare natura della controversia caratterizzata da una questione all’epoca soggetta ad oscillazioni giurisprudenziali, si ritiene conforme a giustizia disporre l’integrale compensazione delle spese dell’intero giudizio.

PQM

rigetta il primo e secondo motivo del ricorso incidentale; accoglie il primo motivo di ricorso principale dichiara assorbiti gli altri nonchè il terzo motivo di ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, revoca il decreto ingiuntivo n. 3667/1993 emesso dal Presidente del Tribunale di Salerno.

Compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, il 8 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 25 ottobre 2016

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