Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21533 del 27/07/2021

Cassazione civile sez. III, 27/07/2021, (ud. 23/02/2021, dep. 27/07/2021), n.21533

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele G.A. – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20787/2019 proposto da:

ASSICURATORI DEI LLOYD’S DI LONDRA, che hanno assunto il rischio del

certificato n. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

ANDREA VESALIO 22, presso lo studio dell’avvocato ALFREDO IRTI, che

li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

V.L., e M.V., elettivamente domiciliati in LECCE,

VIALE ALDO MORO 22, presso lo STUDIO LEGALE ASSOCIATO degli avvocati

ANTONIO RIZZO E MASPIO PERLANGELI, rappresentati e difesi

dall’avvocato MASSIMO PERLANGELI;

D.P., rappresentato e difeso dall’avvocato VINCENZO DE

BENEDITTIS, con studio in Lecce, via Casotti n. 4, ed elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA PINTURICCHIO n. 79 presso MAZZARELLA;

– controricorrenti –

e contro

L.M., A.P.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 422/2019 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 02/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/02/2021 dal Consigliere Dott. DANILO SESTINI.

 

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

M.V. e V.L., acquirenti di un immobile venduto da A.P. e L.M. con rogito del notaio D.P., agirono in giudizio, nei confronti dei venditori e del notaio, per ottenere il risarcimento dei danni conseguiti al fatto che, diversamente da quanto indicato nell’atto di acquisto (secondo cui l’abitazione veniva venduta “libera da privilegi, ipoteche ed altri gravami”), l’immobile era risultato ancora sottoposto a procedura di espropriazione;

contumaci i venditori, il notaio contestò la domanda assumendo che gli attori erano a conoscenza della procedura esecutiva, e chiamò in causa, per l’eventuale manleva, la Compagnia dei Lloyd’s of London;

quest’ultima si costituì in giudizio eccependo la tardività della denuncia del sinistro e l’inoperatività della garanzia per mancata effettuazione delle visure;

il Tribunale di Lecce accolse la domanda proposta nei confronti dell’ A. e della L., condannandoli al pagamento di 40.900,00 Euro, mentre rigettò quella diretta contro il notaio sul rilievo che gli acquirenti erano a conoscenza dell’esistenza della procedura esecutiva;

provvedendo sul gravame proposto dal M. e dalla V., la Corte di Appello di Lecce ha accolto la domanda risarcitoria anche nei confronti del D., per il medesimo importo di 40.900,00 Euro già posto a carico dei venditori, ed ha condannato la Compagnia dei Lloyd’s a manlevare il notaio, fatta salva la franchigia di 5.000,00 Euro prevista dalla polizza;

la Corte ha osservato, tra l’altro:

quanto all’affermazione della responsabilità del notaio: “va, tuttavia, rilevato – e il rilievo è dirimente – che, in ogni caso, quale che fosse il livello di conoscenza degli acquirenti circa eventuali iscrizioni pregiudizievoli sull’immobile in questione, l’attestazione notarile secondo cui l’immobile, nello specifico contesto, “viene venduto a corpo… libero da privilegi ipoteche e altri gravami”, era destinata, in ragione della piena attendibilità professionale del suo autore, a superare ogni eventuale perplessità e/o remora degli odierni appellanti circa l’effettiva situazione giuridica dell’immobile alla data della stipula e costituisce, pertanto, in ragione dell’affidamento legittimamente riposto dagli acquirenti nella qualità della prestazione professionale del notaio, indubbia fonte di pregiudizio con conseguente insorgenza dell’obbligazione risarcitoria”;

quanto alla domanda di manleva proposta dal notaio: “nulla supporta l’assunto che egli (il notaio) abbia consapevolmente e deliberatamente ritardato la comunicazione del sinistro alla sua compagnia, posto che la lettera di contestazione trasmessagli, il 9.1.2008, dal legale degli acquirenti, M.- V., aveva un contenuto sostanzialmente interlocutorio, non contenente una specifica richiesta risarcitoria”;

“quanto alla domanda di rivalsa, formulata dalla Lloyd, sul presupposto che l’omessa acquisizione delle visure da parte del notaio legittimerebbe detta azione, va osservato che, nella fattispecie, il notaio D. risponde per avere omesso di verificare che la procedura esecutiva – pacificamente in essere sull’immobile oggetto di compravendita – fosse stata estinta; in tale ottica, l’acquisizione delle visure ipotecarie si pone -evidentemente- al di fuori della serie causale”;

hanno proposto ricorso per cassazione gli “Assicuratori dei Lloyd’s di Londra che hanno assunto il rischio del certificato n. (OMISSIS)”, affidandosi a dieci motivi (i primi sei “sulla domanda nei confronti del notaio” e gli ultimi quattro “sulla domanda di manleva”); hanno resistito M.V. e V.L.; con distinto controricorso, il D. ha dichiarato di resistere esclusivamente all’accoglimento dei motivi dal settimo al decimo (concernenti la manleva);

la trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 bis.1. c.p.c.;

gli Assicuratori dei Lloyd’s hanno depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

quanto ai primi sei motivi, che:

il primo motivo deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., e degli artt. 2727, 2729, 2730, 2733, 2734, 1223 e 1227 c.c.: i ricorrenti censurano la Corte per aver reputato non raggiunta la prova che gli acquirenti fossero a conoscenza della presenza di gravami sull’immobile al momento della compravendita; rilevano che “il giudice d’appello si è limitato a negare valore agli elementi acquisiti in giudizio senza accertare se essi, quand’anche singolarmente sforniti di valenza indiziaria, fossero in grado di acquisire quest’ultima ove valutati nella loro sintesi”, cosicché nella sentenza “e’ stata omessa una valutazione complessiva di tutti gli elementi presuntivi per accertare se essi avessero carattere concordante e se la loro combinazione fosse in grado di fornire una valida prova presuntiva”;

il motivo è inammissibile;

la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., non risulta dedotta in conformità ai parametri individuati da Cass., S.U. n. 16598/2016 e da Cass. n. 11892/2016: infatti, un’eventuale erronea valutazione del materiale istruttorio non determina, di per sé, la violazione o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., che ricorre solo allorché si deduca che il giudice di merito abbia posto alla base della decisione prove non dedotte dalle parti o disposte d’ufficio al di fuori dei limiti legali, ovvero abbia disatteso (valutandole secondo il suo prudente apprezzamento) delle prove legali oppure abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova soggetti invece a valutazione (cfr. Cass. n. 27000/2016);

quanto alla denunciata violazione delle norme sostanziali richiamate in rubrica, l’illustrazione non si concreta, né sotto il profilo della violazione né sotto quello della falsa applicazione, in una specifica attività enunciativa del come e del perché la violazione o falsa applicazione si sarebbe verificata; per questa parte, il motivo si risolve, infatti, nell’evocazione di risultanze probatorie documentali che non sarebbero state esaminate, per poi dire che “l’analisi sintetica e congiunta di questi documenti offre la concordanza indiziaria dalla legge richiesta e trascurata dalla sentenza” sulla “piena contezza” che l’immobile era gravato da ipoteca e pignoramento; in tal modo, tuttavia, si formula una valutazione sulla significatività dei documenti, che esprime un mero giudizio fattuale e non si svolge alcuna argomentazione in iure; la deduzione della violazione delle norme sulle

presunzioni di cui agli artt. 2727 e 2729 c.c., non risulta così dedotta secondo i criteri indicati – in motivazione non massimata – da Cass., Sez. Un., n. 1785 del 2018 (nei suoi paragrafi 4 e ss.);

per di più, pur risultando condivisibili i principi di diritto richiamati dai ricorrenti in punto di necessità di valutazione unitaria e sintetica degli elementi acquisiti in giudizio al fine di apprezzarne compiutamente la valenza indiziaria, deve tuttavia rilevarsi che i dati evidenziati alle pagg. 12 e 13 del ricorso non risultano univocamente idonei, anche considerati sinteticamente, a contrastare l’assunto della Corte circa l’affidamento riposto dagli acquirenti sull’attestazione del notaio relativa alla libertà del bene da gravami, alla luce della prevista rinuncia all’esecuzione da parte della BNL; se è vero, infatti, che gli acquirenti erano informati dell’esistenza del debito dei venditori nei confronti della BNL, gli stessi potevano ben fare affidamento sull’attestazione del notaio, non risultando che fossero stati informati del fatto che, finché non fosse stata formalmente estinta la procedura, sussisteva la possibilità di interventi da parte di altri creditori muniti di titolo che potevano dare impulso alla esecuzione (cosa che si era poi verificata, per quanto emerge da entrambi i controricorsi, a seguito dell’intervento di Equitalia);

col secondo motivo, i ricorrenti ripropongono la medesima censura sotto il profilo dell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti: rilevano che la Corte di Appello “scardina” la motivazione resa dal Tribunale (che aveva ritenuto che la conoscenza dell’esistenza dei gravami da parte degli acquirenti costituisse ragione ostativa all’accoglimento della domanda risarcitoria), senza offrire “un accertamento sostitutivo” di segno contrario;

il motivo è inammissibile, giacché non risultano individuati singoli fatti decisivi di cui sia stato omesso l’esame e la censura tende, piuttosto, a contestare la valutazione della Corte circa l’inidoneità degli elementi conosciuti dagli acquirenti a determinare l’irrilevanza dell’attestazione notarile; peraltro, i ricorrenti si limitano a richiamare le produzioni documentali indicate nell’illustrazione del motivo precedente, ma omettono completamente di precisare se e dove le loro risultanze fossero state oggetto della prospettazione dei fatti in ipotesi da essi rappresentati, sì che non risulta evidenziato se fossero stati palesati al giudice di appello, ai sensi dell’art. 346 c.p.c., di modo che esso dovesse occuparsene;

il terzo motivo denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 111 Cost., comma 6, art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e art. 118 disp. att. c.p.c., e la “nullità della sentenza per mancanza di motivazione”: i ricorrenti rilevano che la sentenza impugnata “attribuisce apoditticamente rilievo ‘decisivò alla dichiarazione di libertà da vincoli resa dal notaio nell’atto”, senza tuttavia spiegare perché “gli acquirenti avrebbero dovuto riporre un particolare affidamento nella qualità della prestazione del notaio, tale da superare la conoscenza effettiva sullo stato di fatto e giuridico dell’immobile al momento del rogito”;

il motivo è infondato: in effetti, la Corte ha ampiamente illustrato il contenuto degli obblighi gravanti sul notaio e ha spiegato le ragioni dell’affidamento che gli acquirenti potevano riporre nell’attestazione del D., escludendo altresì la sussistenza di riscontri decisivi circa la presunzione di conoscenza della permanenza della procedura esecutiva, in tal modo fornendo adeguata motivazione delle ragioni della decisione (cfr. pag. 4 della sentenza); né può sottacersi, al fine di evidenziare l’incongruità degli assunti della ricorrente, che, a fronte del dovere di consiglio gravante sul notaio, la tanto evocata conoscenza da parte degli acquirenti non esimeva il professionista dall’avvertire gli stipulanti della presenza delle iscrizioni e, all’esito della loro insistenza, dal dovere non già di attestarne l’inesistenza, bensì di rogare l’atto dandone atto ed asserendo la consapevolezza delle stesse da parte dei clienti, oppure di rifiutare l’atto;

il quarto motivo ripropone la censura di cui al motivo precedente sotto il profilo dell’omesso esame di un fatto decisivo del giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, individuato nella “conoscenza effettiva in capo agli acquirenti circa lo stato di fatto e giuridico dell’immobile al momento della compravendita”;

la censura è inammissibile per le ragioni evidenziate in relazione al secondo motivo e, comunque, nemmeno evoca un fatto, bensì uno stato soggettivo in cui i clienti si sarebbero trovati, rispetto al quale deve ribadirsi quanto appena indicato riguardo al motivo precedente, a proposito del carattere non decisivo della conoscenza;

il quinto motivo deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1223 e 2697 c.c., sull’assunto che “la Corte, nel condannare il notaio in solido con i venditori a risarcire i danni pretesi dagli acquirenti, ha omesso di effettuare il giudizio probabilistico, imprescindibile ai fini della sussistenza della responsabilità professionale”: i ricorrenti sostengono che gli attori “avrebbero dovuto allegare e dimostrare come si sarebbero comportati ove il notaio avesse loro indicato, in sede di stipula, il permanere della trascrizione del pignoramento sull’immobile”;

il motivo è inammissibile, in quanto introduce una questione nuova, che non risulta trattata dalla sentenza impugnata e rispetto alla quale la ricorrente non ha dedotto se, come e quando sia stata posta nei gradi di merito;

col sesto motivo (che denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1223,2727,2729 e 2697 c.c.), i ricorrenti censurano la Corte per aver ritenuto risarcibile dal notaio il compenso di 5.900,00 Euro corrisposto dagli acquirenti al geom. Q. (l’importo di 40,900,00 Euro risultava, infatti, dalla somma fra il prezzo di acquisto – 35.000,00 Euro – e l’importo di un assegno bancario rilasciato al Q., asseritamente destinato anche a coprire i compensi del

notaio); assumono, infatti, che difettava la prova che la somma non fosse destinata al solo beneficiario e, altresì, che la stessa fosse stata effettivamente riscossa;

il motivo è inammissibile in quanto di natura prettamente fattuale, incidendo sull’accertamento della riferibilità del pagamento anche ai compensi del notaio oltre che a quelli dovuti al geom. Q.; peraltro, il ricorso non consente di apprezzare l’interesse alla censura, dal momento che non spiega la rilevanza della specifica imputazione della spesa, una volta che la Corte ha inteso sollevare gli acquirenti da ogni esborso comunque sostenuto per un acquisto che -nella logica della sentenza impugnata- non avrebbero effettuato in presenza di una attestazione veritiera.

Considerato, quanto agli ultimi quattro motivi, che:

il settimo motivo denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1913,1915 e 2697 c.c., e censura la Corte perché, “con ragionamento errato e lacunoso, non ha accertato la perdita del diritto all’indennizzo per dolo dell’assicurato”, reputando che nella condotta del notaio non fosse ravvisabile la volontà di ritardare deliberatamente la comunicazione, ancorché risultasse pacifico che il D. non aveva mai provveduto ad avvisare gli Assicuratori del sinistro; premesso che la disciplina convenzionale prevedeva termini più favorevoli per l’assicurato per denunciare il sinistro all’assicuratore (ossia dieci giorni o cinque, in caso di citazione, anziché i tre giorni stabiliti dall’art. 1913 c.c.), i ricorrenti evidenziano che “il notaio non ha adempiuto all’obbligo di dare avviso”, né rispetto alla diffida stragiudiziale del 9.1.2008 (non portata a conoscenza dell’assicuratore) né rispetto all’atto di citazione (atteso che l’atto di chiamata in causa era successivo di quattro mesi); concludono che “la inescusabile omissione e comunque tardività dell’avviso, integrata dalla “consapevolezza dell’obbligo previsto dalla norma e la coscienza e volontà di non osservarla”, ha determinato, per ciò solo, la perdita del diritto all’indennizzo”;

con l’ottavo motivo, vengono dedotte la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1900 e 1917 c.c., dei principi generali in materia di contratto di assicurazione della responsabilità civile, nonché degli artt. 2733 c.c., e artt. 112,113 e 116 c.p.c.: i ricorrenti assumono che “la Corte (…) non ha rilevato d’ufficio il difetto di un elemento costitutivo della domanda di manleva (l’assenza di dolo dell’assicurato) che emergeva da prove legali, apprezzate – erroneamente – come prove liberamente valutabili e non considerate ai fini della decisione sulla domanda di garanzia”; trascritte le dichiarazioni rese dal notaio in sede di interrogatorio formale, evidenziano che il D. aveva dichiarato di avere intenzionalmente indicato una circostanza non veritiera, confessando pertanto di avere dichiarato l’insussistenza di gravami sull’immobile in corso di vendita sebbene fosse consapevole del permanere del pignoramento trascritto”; tanto premesso, censurano la sentenza per il fatto di non recare traccia delle risultanze dell’interrogatorio formale o, comunque (anche a volerle ritenere considerate implicitamente irrilevanti), per avere commesso l’errore di attribuire valore di prova liberamente apprezzabile alla risultanza dell’interrogatorio formale; concludono pertanto che la Corte avrebbe dovuto dichiarare non dovuto l’indennizzo a fronte di un inadempimento doloso dell’assicurato, ai sensi dell’art. 1900 c.c., e della clausola n. 2 della polizza (“l’assicurazione non vale: a) per i danni causati dal dolo dell’assicurato”); aggiungono che l’assenza di un inadempimento doloso – costituente fatto costitutivo della domanda di manleva assicurativa – avrebbe dovuto essere rilevata d’ufficio e che ricorrevano, pertanto, anche le violazioni degli artt. 112 e 113 c.p.c.;

il nono motivo (dedotto per l’ipotesi che l’inadempimento del notaio venga ritenuto colposo) denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 111 Cost., comma 6, art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e art. 118 disp. att. c.p.c., e la “nullità della sentenza per mancanza di motivazione” sul rilievo che la decisione, ” – fondata proprio sul presupposto dell’inadempimento colposo – in modo incomprensibile e gravemente contraddittorio non ha accolto la correlata domanda degli Assicuratori di rivalsa per omissione di visure”; la ricorrente rileva che, “la sentenza: da un lato afferma la responsabilità del professionista nei confronti degli acquirenti per aver erroneamente attestato la libertà dell’immobile da gravami (con inadempimento professionale dell’obbligo di effettuare visure); dall’altro accerta l’insussistenza del diritto assicurativo alla rivalsa per omissione di visure (…) con l’argomento che “l’acquisizione delle visure ipotecarie (sia) al di fuori della serie causale”, e cioè sostanzialmente affermando l’irrilevanza di quel medesimo inadempimento”, con ciò incorrendo in “vizio di motivazione per contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili”;

col decimo motivo (“violazione e falsa applicazione degli artt. 1223 e 2727,2729 e 2697 c.c.”), la ricorrente censura la sentenza per avere “trascurato che l’inadempimento del notaio (…) all’obbligo di effettuare le visure da cui sarebbe risultato il pignoramento sull’immobile compravenduto, è stata la causa determinante del danno così come accertato, con conseguente necessità di accoglimento della domanda di rivalsa assicurativa per omissione di visure”;

il settimo motivo è fondato, in quanto la Corte di Appello ha falsamente applicato le previsioni degli artt. 1913 e 1915 c.c.;

invero, la Corte ha correttamente affermato che, “a configurare il carattere doloso dell’inadempimento (dell’obbligo di avviso) è sufficiente la consapevolezza in capo all’assicurato dell’obbligo e la sua cosciente volontà di non osservarlo”, con ciò ponendosi in linea con il consolidato indirizzo di legittimità, secondo cui “affinché l’assicurato possa ritenersi dolosamente inadempiente all’obbligo di dare avviso all’assicuratore, ai fini dell’art. 1915 c.c., comma 1, con l’effetto di perdere il diritto all’indennità, non è richiesto lo specifico e fraudolento intento di arrecare danno all’assicuratore, ma è sufficiente la consapevolezza dell’obbligo previsto dalla norma e la cosciente volontà di non osservarlo” (Cass. n. 13355/2015, conforme a Cass. n. 3044/1997, Cass. n. 5435/2005, Cass. n. 17088/2014, Cass. n. 28625/2019); principio cui il Collegio intende dare continuità e che non risulta superato dall’isolato precedente contrario costituito da Cass. n. 24210/2019, basato su una lettura incompleta di Cass. n. 5435/2005;

a fronte di tale corretta premessa ricognitiva, la Corte di merito ha tuttavia fondato l’esclusione della decadenza dall’indennità sull’assunto che fosse necessaria la prova che il notaio aveva “consapevolmente e deliberatamente” ritardato la comunicazione, in tal modo introducendo un elemento di intenzionalità (e non di mera cosciente volontà) che è estraneo al paradigma normativo, come interpretato dalla giurisprudenza sopra richiamata; sotto altro profilo, ha assunto erroneamente che una “lettera di contestazione” (come è definita quella trasmessa dal legale degli acquirenti M.- V.) non possa valere come denuncia del sinistro per il solo fatto di non contenere una “specifica” richiesta risarcitoria (in un contesto, in cui, per quanto emerge dal testo della lettera trascritto a pag. 23 del ricorso, gli acquirenti invitavano a “fare in modo di ottenere l’immediata estinzione della procedura esecutiva e, in ogni caso, a tenerli indenni da qualsivoglia conseguenza pregiudizievole, ivi comprese le spese per la imminente stima dell’immobile”); per di più, là dove, trattando del ritardo doloso, ha contestato alla assicuratrice di non aver indicato “in termini puntuali e rigorosi quali conseguenze pregiudizievoli sarebbero scaturite dall’asserito ritardo”, la Corte ha mostrato di sovrapporre erroneamente i piani dell’omissione dolosa e di quella colposa (giacché soltanto per quest’ultima rilevano, ai fini della riduzione prevista dall’art. 1915 c.c., comma 2, i pregiudizi subiti);

il motivo va pertanto accolto, con cassazione sul punto e rinvio alla Corte territoriale perché riesamini la questione della ricorrenza dell’inadempimento dell’obbligo di avviso all’assicuratore;

l’ottavo motivo introduce una questione non trattata dalla sentenza impugnata e rispetto alla quale i ricorrenti non deducono se abbia avuto ingresso nei gradi di merito; il motivo è pertanto inammissibile per la novità della questione;

il nono e il decimo motivo, entrambi attinenti alla rivalsa, restano assorbiti dall’accoglimento del settimo, giacché una questione di rivalsa potrà porsi soltanto nel caso in cui risulti che l’assicurato non ha perso il diritto all’indennità ai sensi dell’art. 1915 c.c., comma 1;

la Corte di rinvio provvederà anche sulle spese di lite fra i ricorrenti e il controricorrente D.;

quanto, invece, al rapporto con i resistenti M. e V., i ricorrenti – soccombenti su tutti i primi sei motivi, concernenti la pretesa degli anzidetti controricorrenti – vanno condannati al pagamento delle spese, come liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte, rigettato per il resto il ricorso, accoglie il settimo motivo, dichiarando assorbiti il nono e il decimo; cassa in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese fra i ricorrenti e il D., alla Corte di Appello di Lecce, in diversa composizione; condanna i ricorrenti a rifondere al M. e alla V. le spese del presente giudizio, liquidate in Euro 3.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, al rimborso degli esborsi (liquidati in Euro 200,00) e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 23 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2021

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