Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21532 del 15/09/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 15/09/2017, (ud. 08/06/2017, dep.15/09/2017),  n. 21532

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7676/2016 proposto da:

O.E., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA I. NIEVO

62 SCALA C. INT. 10, presso Lo studio dell’avvocato CLAUDIA

CANEVARI, rappresentata e difesa dagli avvocati ENRICO GIANFRANCO

BARILLI, GIUSEPPINA MARIA BORELLA;

– ricorrente –

contro

G.S.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 3557/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 16/09/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata dell’08/06/2017 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LUCIANA

BARRECA.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

Che:

con la sentenza impugnata, la Corte d’appello di Milano ha dichiarato inammissibile l’appello proposto da G.L. ed O.E. nei confronti di G.S. contro la sentenza del Tribunale di Monza, che aveva rigettato le domande proposte dal primo nei confronti di G.S., G.M. e Go.Se.;

la Corte d’appello ha dato conto del fatto che l’appellato G.S. aveva prodotto in giudizio “copia della sentenza del Tribunale di Monza n. 2019/10 dep. 8/11/2010 notificata da Go.Se. a tutte le parti in data 1327/12/2010”; poichè da questa notifica erano decorsi più di trenta giorni alla data di notificazione dell’atto d’appello, effettuata il 6 maggio 2011, la Corte ha concluso, come detto, per l’inammissibilità dell’appello con condanna degli appellanti al pagamento delle spese del grado;

O.E. propone ricorso con un solo motivo; l’intimato non si difende;

ricorrendo uno dei casi previsti dall’art. 375, comma 1, su proposta del relatore della sezione sesta, il presidente ha fissato con decreto l’adunanza della Corte, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.;

il decreto è stato notificato come per legge;

parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Che:

il ricorso è inammissibile, in primo luogo, per violazione dell’art. 366 c.p.c., dal momento che la struttura di esso non è riconducibile allo schema legale delineato dalla norma, tanto che non formalmente l’unico motivo c.p.c.;

con questo motivo (qualificato appello”: cfr. pag. 3 del ricorso), la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 325 e 326 c.p.c.. L’illustrazione è basata su un dato di fatto processuale che non trova riscontro nella sentenza impugnata: avere la Corte d’appello desunto la data di notificazione della sentenza di primo grado (al fine di dare da essa decorrere il termine breve per proporre l’appello) da un fax che l’avvocato della parte appellata avrebbe inviato all’avvocato delle parti appellanti. Argomentando al riguardo, la ricorrente non censura affatto nemmeno al fine di confutarla – l’affermazione della Corte d’appello sopra riportata, da cui risulta che, invece, è stata prodotta in giudizio la copia della sentenza del Tribunale di Monza notificata a tutte le parti;

dato ciò, l’unico motivo di ricorso è inammissibile perchè travisa il fatto processuale posto a fondamento della decisione della Corte d’appello, attribuendo al giudice una violazione degli artt. 325 e 326 c.p.c., insussistente se si ha riguardo alla motivazione della sentenza impugnata;

peraltro, il riferimento al fax, sul quale si torna ad argomentare anche nella memoria depositata dalla ricorrente, rende il motivo inammissibile anche per un’altra fondamentale ragione: non si fornisce l’indicazione del se, dove e quando sarebbe stato prodotto tale fax e come sarebbe esaminabile in questo giudizio di legittimità (si dice, infatti, che il documento venne prodotto dalla controparte e lo si indica presente nel suo fascicolo, ma l’intimato non si è difeso dinanzi a questa Corte); il motivo è perciò palesemente inammissibile anche ai sensi dell’art. 366 c.p.c., n. 6 (cfr. Cass. sez. un. n. 22726/2011);

altresì inammissibile è la deduzione della ricorrente secondo cui il giudizio a quo sarebbe stato riferito ad una pluralità di rapporti, in quanto, per questo profilo, il ricorso manca di autosufficienza, non riportando le domande e le conclusioni dei gradi di merito;

significativamente carente è perciò anche il requisito di cui dell’art. 366 c.p.c., n. 6;

in conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile;

la dichiarazione di inammissibilità rende irrilevante la mancata notificazione del ricorso a G.L. pure se nei suoi confronti risulta pronunciata la sentenza impugnata (cfr., tra le altre, Cass. n. 15106/13, nel senso che, in caso di ricorso per cassazione “prima facie” infondato, appare superfluo, pur potendone sussistere i presupposti, disporre la fissazione di un termine per l’integrazione del contraddittorio ovvero per la rinnovazione di una notifica nulla o inesistente, atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio di cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell’effettività dei diritti processuali delle parti;

non vi è luogo a provvedere sulle spese perchè l’unico intimato non si è difeso;

sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

 

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla sulle spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, della Corte Suprema di Cassazione, il 8 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2017

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