Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21531 del 20/08/2019

Cassazione civile sez. lav., 20/08/2019, (ud. 15/05/2019, dep. 20/08/2019), n.21531

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 4043-2014 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto rappresentato e difeso dagli

avvocati ANTONINO SGROI, CARLA D’ALOISIO, EMANUELE DE ROSE, LELIO

MARITATO;

– ricorrente –

contro

BORACIFERA AGRICOLA S.R.L., in persona del legale rappresentante pro

tempore elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DI VILLA SEVERINI 54,

presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI CONTESTABILE, rappresentata

e difesa dagli avvocati ALESSANDRO MARRI, ORONZO MAZZOTTA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 347/2012 del TRIBUNALE di GROSSETO, depositata

il 16/10/2012 R.G.N. 899/2011;

avverso l’ordinanza della CORTE di APPELLO di FIRENZE, depositata il

5/12/2013 R.G.N. 180/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/05/2019 dal Consigliere Dott. PAOLA GHINOY;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO RITA che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato ANTONINO SGROI;

udito l’Avvocato ALESSANDRO MARRI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’Appello di Firenze dichiarava inammissibile ai sensi degli artt. 348 bis e ter c.p.c. l’appello proposto dall’INPS avverso la sentenza del Tribunale di Grosseto che aveva accertato il diritto della Società Agricola Boracifera s.r.l., operante in territorio classificato come montano ex L. n. 991 del 1952, all’esenzione dal pagamento dei contributi relativamente alla quota parte a carico del datore di lavoro, prevista dalla L. 25 luglio 1952, n. 991, art. 8 e contestualmente il diritto alla ripetizione delle somme versate all’INPS a decorrere dall’anno 2000 e sino al 15 dicembre 2010, e per l’effetto condannava l’INPS alla restituzione alla società della complessiva somma di Euro 144.402,10,oltre accessori.

2. Per la cassazione della sentenza del Tribunale l’INPS ha proposto ricorso, affidato ad un unico motivo, cui la Società Agricola Boracifera s.r.l., ha resistito con controricorso e memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

3. L’Inps deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 15 disp. gen. e, in connessione con questo, della L. 25 luglio 1952, n. 991, art. 8, della L. n. 67 del 1988 e successive modificazioni e integrazioni, art. 9 nonchè del D.Lgs. n. 179 del 2009.

Argomenta che il sistema degli sgravi contributivi in favore dei datori di lavoro agricolo sarebbe stato compiutamente ed innovativamente disciplinato dal legislatore con la L. 11 marzo 1988, n. 67, art. 9 conseguendone l’abrogazione tacita della precedente legislazione previdenziale sul tema.

4. Il ricorso è fondato.

Questa Corte ha già avuto occasione di esprimersi in merito alla questione che esso pone con le sentenze n. 19420 del 22/8/2013 e n. 26488 del 19/10/2018, in cui ha statuito che “In tema di agevolazioni e benefici contributivi previsti per le imprese e i datori di lavoro aventi sede ed operanti nei comuni montani, la L. 25 luglio 1952, n. 991, art. 8 – già implicitamente abrogato per la parte relativa alle agevolazioni fiscali prima dal D.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 58 e 68 e, poi, dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 9 e non più richiamato dal legislatore, per quel che riguarda i benefici contributivi in favore delle zone montane, a partire dalla L. 11 marzo 1988, n. 67, che ha fatto riferimento solo alla definizione di territori montani contenuta nel D.P.R. n. 601 del 1973, art. 9 – deve considerarsi implicitamente abrogato, tanto più che la previsione di un regime generalizzato di totale esenzione contributiva è stato abbandonato dal legislatore a partire dalla citata L. n. 67 del 1988. Ne consegue che, in conformità al D.Lgs. 1 dicembre 2009, n. 179, art. 1, comma 3, lett. d), il suddetto art. 8 non poteva essere incluso, atteso il carattere meramente ricognitivo dell’intervento legislativo, fra le norme “salvate” dal D.Lgs. n. 179 e la ricomprensione nell’Allegato 1 – voce n. 1266 della L. n. 991 del 1952 tra le disposizioni specificamente indicate da “mantenere in vigore” si deve considerare “tamquam non esset” sulla base di una interpretazione rispettosa dell’art. 15 preleggi e costituzionalmente orientata, nel senso della coerenza e ragionevolezza dell’ordinamento (art. 3 Cost.), del rispetto dei principi e criteri direttivi della legge delega (art. 76 Cost.), e alla luce anche dell’art. 44 Cost., comma 2″.

5. La questione è stata definitivamente risolta dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 182 del 4/10/2018, nella quale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo il D.Lgs. 1 dicembre 2009, n. 179, art. 1 per violazione dell’art. 76 Cost., nella parte in cui dichiara, alla voce n. 1266 dell’Allegato 1, l’indispensabile permanenza in vigore della L. 25 luglio 1952, n. 991, art. 8 per quanto riguarda l’esenzione dal pagamento dei contributi unificati in agricoltura relativamente ai territori montani, poichè, al momento dell’adozione da parte del Governo del decreto legislativo “salva-leggi”, la L. n. 991 del 1952, art. 8 era già stato oggetto di abrogazione implicita, attraverso la previsione di sgravi contributivi, ossia della fissazione in misura ridotta rispetto a quella ordinaria, sicchè la norma impugnata si pone in contrasto con l’art. 14, comma 14, lett. a), della legge delega, che escludeva dal novero delle disposizioni passibili di salvezza quelle già oggetto di abrogazione tacita o implicita, ed è viziata, conseguentemente, per eccesso di delega.

6. Nella memoria ex art. 378 c.p.c. la difesa della parte controricorrente ha eccepito che la retroattività della sentenza della Corte Costituzionale violerebbe nel caso l’art. 1 del Protocollo n. 1 alla CEDU, il quale recita: “Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei propri beni. Nessuno può essere privato della proprietà se non per causa di pubblica utilità e alle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale. Le disposizioni precedenti non portano pregiudizio al diritto degli Stati di porre in vigore le leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare l’uso dei beni in modo conforme all’interesse generale o per assicurare il pagamento delle imposte o di altri contributi o delle ammende”. Si determinerebbe infatti una lesione del “possesso” rappresentato dal diritto di credito (diritto all’esenzione e alla restituzione delle somme) esistente sulla base della legislazione vigente al momento dell’inizio del giudizio, sulla base della normativa allora vigente.

7. Questa Corte è consapevole che la Corte Europea, nella sentenza del 7 giugno 2011 – Ricorsi nn. 43549/08, 6107/09 e 5087/09 – Agrati ed altri c. ITALIA, ha affermato che la titolarità sulla base della normativa di un interesse economico che costituisca “legittimo affidamento” di ottenere il pagamento di importi contestati può assumere il carattere di “bene” ai sensi della prima frase dell’art. 1 del Protocollo n. I (v., anche Lecaipentier e altri c. Francia, n. 67847/01, p. 38, 14 febbraio 2006, e SA. Dangeville c. Francia, n. 36.677/9 7, p. 48, CEDU 2002-111).

8. Una lesione di tal fatta è tuttavia da escludersi nel caso in esame, considerato che la fondatezza del diritto vantato in causa era già opinabile sulla base della stessa normativa richiamata ed era stata negata dalla giurisprudenza, anche di questa Corte, sin da epoca ben anteriore all’intervento della Corte Costituzionale (come risulta anche da quanto riferito al superiore punto 5), sicchè non si è verificata alcuna ingerenza nell’aspettativa di un diritto di proprietà assicurato alla ricorrente in virtù della legislazione e della giurisprudenza.

9. Segue l’accoglimento del ricorso, la cassazione della sentenza gravata in relazione al ricorso accolto ed il rinvio ex art. 383 c.p.c., u.c., anche per le spese, alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione, che dovrà rivalutare la causa alla luce del principio di diritto come sopra individuato.

10. Non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente vittorioso, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la regolamentazione della spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 15 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 agosto 2019

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