Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21530 del 07/10/2020

Cassazione civile sez. II, 07/10/2020, (ud. 22/01/2020, dep. 07/10/2020), n.21530

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORICCHIO Antonio – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24361/2016 proposto da:

AZIENDA NAPOLETANA MOBILITA’ – ANM SPA, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

DISCESA DE’ CESARINI 49, presso lo studio dell’avvocato DOMENICO

NASO, rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONELLO STIGLIANO;

– ricorrente –

contro

GIELLE DI L.G., elettivamente domiciliata in ROMA, V.

ANICIA 6, presso lo studio dell’avvocato SIMONA BASTONI,

rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO VITO DELUCIA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1451/2015 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 16/09/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22/01/2020 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE GRASSO.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Ritenuto che la vicenda qui al vaglio può riassumersi nei termini seguenti:

– il Tribunale di Bari, sull’opposizione dell’Azienda Napoletana Mobilità s.p.a., dichiarata la propria incompetenza per territorio in favore del Tribunale di Napoli, revocò il decreto emesso dall’allora Sezione distaccata di Altamura, con il quale era stato ingiunto all’opponente il pagamento della complessiva somma di Euro 26.146,39, oltre accessori, in favore del G., titolare della ditta individuale Gielle;

– la Corte d’appello di Bari, decidendo sull’impugnazione di G.L., dichiarò la nullità della clausola contrattuale con la quale era stato individuato il foro per territorio, giudicata vessatoria e non ritualmente sottoscritta; dopo avere negato che si fosse in presenza di decisione che aveva deciso esclusivamente sulla questione di competenza, come tale impugnabile solo con il regolamento necessario, affermata la competenza del Tribunale di Bari, decise la causa nel merito e condannò l’appellata al pagamento della minor somma di Euro 33.768,52, oltre interessi;

ritenuto che l’Azienda Napoletana Mobilità s.p.a. ricorre avverso la statuizione d’appello sulla base di due motivi e G.L. resiste con controricorso e che entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa;

ritenuto che con il primo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 28,42 e 43 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c. nn. 3 e 5; nonchè degli artt. 132 e 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4; e infine “omessa carente o generica motivazione”, assumendo che la Corte locale aveva errato nel non considerare che il Tribunale si era limitato a dichiarare la propria incompetenza per territorio, da ciò facendone conseguire la nullità del decreto ingiuntivo e il regolamento delle spese, giammai avendo potuto anche solo delibare l’eccezione di nullità del mandato conferito dall’appellata, che il G. aveva proposto solo con i motivi d’appello;

considerato che la doglianza merita di essere accolta, in quanto:

a) secondo il principio di diritto più volte enunciato da questa Corte è ammissibile il regolamento di competenza avverso sentenza con la quale il giudice dell’opposizione a decreto ingiuntivo dichiari la nullità del decreto opposto esclusivamente per incompetenza del giudice che lo ha emesso, atteso che essa integra una statuizione sulla competenza, e non una pronuncia sul merito, essendo la dichiarazione di nullità non solo conseguente, ma anche necessaria rispetto alla declaratoria di incompetenza; e ciò anche nel caso in cui la sentenza contenga condanna alla restituzione di quanto percepito dal ricorrente in forza del decreto ingiuntivo dichiarato provvisoriamente esecutivo, essendo anche tale statuizione conseguenza necessitata della dichiarazione di nullità del decreto opposto e, quindi, della statuizione di incompetenza (Sez. 1, n. 16193, 17/07/2006, Rv. 592458; la revoca del decreto ingiuntivo per effetto della ritenuta incompetenza del giudice che l’ha emesso non integra una decisione sul merito, in quanto costituisce una mera conseguenza necessitata della statuizione sulla competenza, che, assorbendo in tal modo l’intera portata della relativa sentenza, fa sì che quest’ultima possa essere impugnata soltanto con il regolamento di competenza ai sensi dell’art. 42 c.p.c. (Sez. 1, n. 4478, 26/03/2003, Rv. 561457); essendosi anche chiarito che la statuizione sulle spese non muta la natura della pronuncia, la cui unica e risolutiva questione decisa investe la competenza (S.U., n. 14205, 06/07/2005; Sez. 3, n. 19958, 14/10/2005);

b) si è, del pari, precisato che il regolamento di competenza è finalizzato a determinare quale sia il giudice competente a decidere una determinata causa di merito sicchè, sia esso necessario o facoltativo, presuppone che una questione di competenza sia stata – anche solo implicitamente – definita con un provvedimento avente natura di sentenza, ipotizzandosi o sostenendosi la competenza di un giudice ordinario diverso da quello adito; in particolare, ai fini della impugnabilità con regolamento facoltativo di competenza, per “decisione di merito” si intende non soltanto una pronuncia sul rapporto sostanziale dedotto in giudizio, in contrapposizione ad una pronuncia sul rapporto processuale, ma anche la risoluzione di questioni diverse da quella sulla competenza, di carattere sostanziale o processuale, pregiudiziali di rito o preliminari di merito, salvo che dal contenuto della pronuncia risulti che l’esame di tali questioni sia stato compiuto solo incidentalmente, in funzione della decisione sulla competenza e senza pregiudizio per l’esito definitivo della controversia Sez. 3, Ordinanza n. 16752 del 21/07/2006 (Rv. 591461-01);

c) qui, tuttavia, sulla base di quel che riporta la sentenza d’appello, non consta che il Giudice di primo grado abbia affrontato, sia pure implicitamente, la questione processuale preliminare afferente la validità del mandato alle liti conferito dall’Azienda Napoletana Mobilità s.p.a., che il G. solleva in appello e la Corte locale esamina e rigetta;

d) val la pena soggiungere che, a fronte della puntale e non controversa narrazione di cui alla sentenza d’appello, in assenza di specifico riferimento contrario da parte del controricorrente, non è ipotizzabile uno scandaglio officioso della sentenza di primo grado, peraltro non specificatamente allegata, valendo sul punto il principio di diritto più volte enunciato per il quale la Corte di cassazione, qualora venga dedotto un “error in procedendo”, è giudice anche del “fatto processuale” e può esercitare il potere-dovere di esame diretto degli atti purchè la parte ricorrente li abbia compiutamente indicati, non essendo legittimata a procedere ad una loro autonoma ricerca, ma solo ad una verifica degli stessi (Sez. L., n. 20924, 05/08/2019, Rv. 654799-01);

considerato che, in ragione dell’accoglimento del primo motivo, resta assorbito il secondo, con il quale l’A.N.M. s.p.a. denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 28 c.p.c. e art. 1341 c.c., comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5; nonchè violazione e falsa applicazione degli artt. 132 e 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, “per vizio di omessa carente o generica motivazione”, assumendo che versandosi in presenza di procedimento di evidenza pubblica (la A.N.M. era una società a capitale pubblico e la scelta del contraente era avvenuta per licitazione privata) non poteva trovare applicazione l’art. 1341 c.c., il cui precetto era stato comunque rispettato;

considerato che ai sensi dell’art. 382 c.p.c., u.c., la sentenza deve essere cassata senza rinvio perchè l’appello non avrebbe potuto essere proposto;

considerato che spese legali debbono seguire la soccombenza e possono liquidarsi, in favore della controricorrente siccome in dispositivo, tenuto conto del valore e della qualità della causa, nonchè delle attività espletate.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo del ricorso, dichiara assorbito il secondo, cassa senza rinvio l’impugnata sentenza e condanna il controricorrente al pagamento, in favore della ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 22 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 7 ottobre 2020

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