Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21528 del 15/09/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 15/09/2017, (ud. 08/06/2017, dep.15/09/2017),  n. 21528

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16122/2015 proposto da:

BANCA D’ITALIA, Istituto di diritto pubblico (OMISSIS), in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA NAZIONALE 91, presso lo studio dell’avvocato VINCENZA

PROFETA, che lo rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente

all’avvocato ADRIANA FRISULLO;

– ricorrente –

contro

V.P., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FILIPPO

CORRIDONI 19, presso lo studio dell’avvocato GIANDOMENICO DE

FRANCESCO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6393/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 17/10/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata dell’8/06/2017 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LUCIANA

BARRECA.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

Che:

– con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Roma, rigettando l’appello proposto dalla Banca d’Italia (terzo pignorato) nei confronti di V.P. (creditrice pignorante) e Ministero dell’Interno (debitore esecutato), ha confermato la sentenza del Tribunale di Roma depositata il 17 luglio 2008;

– con questa decisione il Tribunale, adito con giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo da parte della V., aveva ritenuto che la Banca d’Italia (rendendo, nel processo esecutivo, dichiarazione con cui aveva precisato che le uniche somme di pertinenza del Ministero dell’Interno esistenti presso di essa erano quelle giacenti in contabilità speciale, non assoggettabili ad esecuzione forzata) avesse fatto valere un vincolo di impignorabilità, non deducibile dal terzo pignorato, e pertanto aveva accolto la domanda attrice dichiarando la Banca d’Italia debitrice del Ministero esecutato per un importo pari a quello precettato nel giudizio di esecuzione (Euro 755,22, oltre interessi e spese), aumentato della metà; aveva altresì condannato la Banca alla refusione delle spese di lite;

– la Corte d’appello ha rigettato il gravame richiamando la giurisprudenza di questa Corte sulla carenza di interesse del terzo a far valere vincoli di impignorabilità e sul carattere di positività della relativa dichiarazione;

– avverso la sentenza d’appello, pubblicata il 17 ottobre 2014, la Banca d’Italia propone ricorso con un solo motivo;

– ricorrendo uno dei casi previsti dall’art. 375, comma 1, su proposta del relatore della sezione sesta, il presidente – dopo aver ordinato la rinnovazione della notificazione del ricorso nei confronti della V. – ha fissato con decreto l’adunanza della Corte, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.;

– V.P. ha notificato controricorso;

– il decreto è stato notificato come per legge;

– parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Che:

– con l’unico motivo la ricorrente, denunciando violazione della L. 28 dicembre 2001, n. 448, art. 27, comma 13, come modificato dal D.L. 22 febbraio 2002, n. 13, convertito dalla L. 24 aprile 2002, n. 75, art. 1 e dell’art. 100 c.p.c., deduce che la propria dichiarazione era riferita alla contabilità speciale 1903 (“Addizionale IRPRF enti locali”), che è soggetta alle norme indicate in rubrica; che si tratta di una disciplina speciale (illustrata nel ricorso), in forza della quale le somme giacenti in detta contabilità speciale sono di competenza degli enti locali e perciò non possono essere aggredite dai creditori del Ministero dell’Interno; che a questo scopo il legislatore ha previsto la nullità del pignoramento, rilevabile d’ufficio; che quindi non si tratta di un regime di impignorabilità ordinaria, ma di esonero della Tesoreria dagli obblighi di custodia, che impedisce radicalmente che si produca l’arresto del credito proprio del pignoramento; che poichè la norma è rivolta direttamente alla Banca d’Italia, questa ha un interesse diretto a far valere il proprio esonero dagli obblighi di custodia del credito pignorato ordinariamente incombenti sul terzo pignorato; che perciò la giurisprudenza richiamata dalla Corte d’appello non è pertinente; che, in conclusione, il giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile;

– il motivo è fondato, per le ragioni esposte nella sentenza di questa Corte del 20 maggio 2015, n. 10243, la cui pronuncia è sopravvenuta al ricorso, esaminando e risolvendo le medesime questioni che ne sono oggetto;

– vanno perciò qui integralmente richiamate le ragioni di quella decisione, esposte nella motivazione;

– va altresì ribadito il principio di diritto espresso nella massima ufficiale: “Nel caso in cui la Banca d’Italia, chiamata a rendere la dichiarazione di terzo quale tesoriere nell’ambito di un procedimento di espropriazione presso terzi per crediti nei confronti del Ministero dell’Interno, dichiari l’esistenza di somme soggette a vincolo di impignorabilità della L. 28 dicembre 2001, n. 448, ex art. 27, comma 13 (nel testo introdotto dal D.L. 22 febbraio 2002, n. 13, art. 3 quater, conv. con modif. dalla L. 24 aprile 2002, n. 75), la rilevabilità ufficiosa di tale vincolo impone al giudice dell’esecuzione di svolgere, nell’ambito dei poteri a lui attribuiti dall’art. 484 c.p.c., comma 1, una sommaria attività accertativa, procedendo alla declaratoria di nullità del pignoramento e di improseguibilità del processo esecutivo ovvero, per il caso di ritenuta inoperatività del vincolo, all’assegnazione del credito, previo riscontro delle relative condizioni. In entrambi i casi, la tutela contro i provvedimenti resi dal giudice dell’esecuzione resta affidata al rimedio dell’opposizione ex art. 617 c.p.c., salva l’opposizione del debitore esecutato volta a far valere l’impignorabilità del credito, proposta prima del provvedimento del giudice dell’esecuzione ai sensi dell’art. 615 c.p.c.”;

– poichè non vi sono ragioni per discostarsi da questo orientamento, nè dalle conclusioni raggiunte con la decisione richiamata, il ricorso va accolto, con le statuizioni consequenziali ivi sancite;

– quindi, la sentenza va cassata e, pronunciando nel merito, va accolto l’appello della Banca d’Italia, ed, in riforma della sentenza di primo grado del Tribunale di Roma, va dichiarato il difetto di interesse di V.P. al giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo e va rigettata in rito la relativa domanda per tale ragione;

– la questione di legittimità costituzionale posta col controricorso – oltre ad apparire infondata per le ragioni esposte nella memoria della Banca d’Italia – è irrilevante perchè avanzata in un giudizio che, come detto, non avrebbe potuto essere proposto per ragioni processuali, che prescindono dalla compatibilità o meno del regime di impignorabilità di che trattasi con le norme costituzionali indicate dalla controricorrente;

– poichè la sentenza con la quale sono state risolte, per la prima volta in sede di legittimità, le questioni di diritto poste dal ricorso è sopravvenuta nelle more di redazione e notificazione di questo, le spese dell’intero giudizio vanno compensate.

PQM

 

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata. Pronunciando nel merito, accoglie l’appello della Banca d’Italia, ed, in riforma della sentenza di primo grado del Tribunale di Roma, dichiara il difetto di interesse di V.P. al giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo e rigetta in rito la relativa domanda per tale ragione.

Compensa le spese dell’intero giudizio.

Motivazione semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3, della Corte Suprema di Cassazione, il 8 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2017

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