Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21525 del 25/10/2016


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Cassazione civile sez. lav., 25/10/2016, (ud. 25/05/2016, dep. 25/10/2016), n.21525

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15222-2015 proposto da:

G.L., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

DEI GRACCHI 209, presso lo studio dell’avvocato PATRIZIA

PELLICCIONI, che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

DE SANTIS TRASPORTI S.R.L., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO

DI FRANCIA 194, presso lo studio dell’avvocato PAOLO MAZZOTTA, che

la rappresenta e difende, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3526/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 23/04/2015 R.G.N. 416/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

25/05/2016 dal Consigliere Dott. LUCIA ESPOSITO;

udito l’Avvocato PELLICCIONI PATRIZIA;

udito l’Avvocato MAZZOTTA PAOLO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO Rita, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. Con sentenza depositata il 23/4/2015, la Corte d’appello di Roma confermò la decisione del giudice di primo grado che, decidendo in sede di opposizione all’ordinanza emessa in sede sommaria, aveva respinto la domanda avanzata da G.L. nei confronti di De Sanctis trasporti, diretta all’accertamento della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato con la resistente, quale autista-corriere, D.Lgs. n. 276 del 2003, ex art. 27, comma 1 (ancorchè formalmente instaurato prima con la società Esse DI s.r.l. e poi con Giara Cooperativa), nonchè alla dichiarazione di nullità o inefficacia del licenziamento intimato dalla De Sanctis Trasporti per difetto di forma scritta, con reintegrazione nel posto di lavoro.

2. La Corte territoriale, per quanto in questa sede interessa, ritenne superfluo l’accertamento di merito circa la somministrazione di lavoro in ragione della considerazione, ritenuta assorbente, riguardo all’incertezza delle allegazioni sull’esistenza di un licenziamento da parte della De Sanctis Trasporti s.r.l. e, in particolare, in punto di identificazione dei responsabili della predetta a cui imputare il recesso. Osservò la Corte che dalle risultanze di causa si evinceva che era stato il responsabile della società Strong Service, subentrante nell’appalto della De Sanctis s.r.l., ad allontanare dal lavoro gli autisti. Rilevò che, pur potendo il lavoratore impugnare il licenziamento perchè posto in essere dalla società appaltatrice, come tale inidoneo a far cessare il rapporto in quanto proveniente da soggetto che non era l’effettivo datore di lavoro, la deduzione di cui all’originario ricorso aveva riguardato la nullità del licenziamento dell’appaltante in quanto espresso in forma orale, con conseguente limitazione dell’oggetto della controversia.

3. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione il G. sulla base di due motivi, illustrati mediante memorie. Resiste con controricorso De Sanctis Costruzioni s.r.l.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione di norme di diritto in riferimento all’art. 2697 c.c., comma 2, artt. 2118 e 2119 c.c., alla L. n. 604 del 1966 e all’art. 115 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 3) nonchè omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., n. 5). Rileva che la Corte d’appello, a fronte della domanda di accertamento preliminare circa la sussistenza del rapporto di lavoro subordinato per appalto illecito di manodopera e della successiva domanda concernente l’illegittimità del licenziamento, aveva invertito l’ordine logico di trattazione delle questioni, esaminando quella relativa al licenziamento senza aver prima accertato la sussistenza di un rapporto di lavoro dipendente ed affermando che, essendo risultato insussistente il licenziamento, era precluso l’esame della prima domanda. Osserva che la Corte territoriale non aveva tenuto adeguatamente conto del complesso delle risultanze istruttorie significative, dando esclusivo rilievo alla circostanza che il lavoratore nell’iniziale ricorso avesse indicato i dipendenti della convenuta quali soggetti che ii 1/3/2013 lo avevano invitato ad allontanarsi, senza consentire l’identificazione dei responsabili della De Sanctis a cui imputare la condotta. Soggiunge che la Corte territoriale non avrebbe dovuto conferire alcun rilievo all’eventuale licenziamento da parte del datore di lavoro fittizio, mentre avrebbe dovuto indagare se il lavoratore avesse o meno fatto rilevare prontamente la novazione legale nei confronti dell’effettivo datore ed accertare se nei fatti esposti fosse ravvisabile un recesso da parte del datore reale. Così argomentando la Corte aveva omesso di indagare se nei fatti dedotti dal lavoratore era o meno ravvisabile un recesso da parte della De Sanctis. Deduce, inoltre, che la Corte aveva omesso di valutare adeguatamente la circostanza che il lavoratore, con lettera raccomandata, aveva reclamato la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato e dichiarato di impugnare il licenziamento, offrendo alla De Sanctis le prestazioni lavorative. Rileva che la Corte d’appello avrebbe trascurato di valutare che il licenziamento per fatti concludenti era stato dedotto nell’ambito del richiesto accertamento di effettiva titolarità del rapporto di lavoro in ipotesi di interposizione di manodopera irregolare, ipotesi in cui il datore di lavoro reale non adotta un atto formale di recesso (che, altrimenti, confermerebbe la titolarità del rapporto). In definitiva, secondo il ricorrente, i giudici del merito avevano omesso di conferire rilevanza preminente alla intervenuta offerta delle prestazioni ed al rifiuto del datore, nonchè alla posizione giudiziale assunta dalla De Sanctis, così omettendo la necessaria valutazione complessiva degli elementi istruttori.

1.2. Il motivo è inammissibile. In primo luogo, il ricorrente, pur deducendo, sulla scorta degli atti e alle condotte relative al rapporto tra il G. e il reale datore di lavoro, come dedotti (allontanamento di fatto, pronta impugnativa e offerta delle prestazioni e mancata accettazione dell’offerta) l’omessa indagine in ordine alla possibilità di ravvisare un recesso da parte della De Sanctis Trasporti s.r.l., omette di allegare (nei termini prescritti dall’art. 366 c.p.c., n. 6 e art. 369 c.p.c., n. 4) o, almeno, di indicare esattamente gli atti processuali (primo tra tutti il ricorso) indispensabili ai fini della corretta individuazione delle questioni prospettate. Va richiamato in proposito il principio enunciato da Cass. Sez. U, Sentenza n. 23019 del 31/10/2007 (Rv. 600075), in forza del quale “In tema di ricorso per cassazione, a seguito della riforma ad opera del D.Lgs. n. 40 del 2006, il novellato art. 366 c.p.c. richiede la “specifica” indicazione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso, al fine di realizzare l’assoluta precisa delimitazione del “thema decidendum”, attraverso la preclusione per il giudice di legittimità di esorbitare dall’ambito dei quesiti che gli vengono sottoposti e di porre a fondamento della sua decisione risultanze diverse da quelle emergenti dagli atti e dai documenti specificamente indicati dal ricorrente. Nè può ritenersi sufficiente la generica indicazione degli atti e documenti posti a fondamento del ricorso nella narrativa che precede la “formulazione dei motivi”. In secondo luogo è da rilevare che, ove la questione fosse stata prospettata nei termini indicati dal ricorrente, sulla base del rilievo dell’illegittimità del licenziamento intimato dalla società appaltatrice in ragione di una situazione d’interposizione di manodopera, la domanda avrebbe richiesto che fosse convenuta in giudizio anche la società utilizzatrice. Va evidenziato, infine, che tutte le altre questioni poste con il ricorso si sostanziano nella prospettazione di valutazioni dei fatti alternative rispetto a quelle effettuate dai giudici del merito e, pertanto, non proponibili in sede di legittimità se non sotto il profilo del vizio di motivazione, nella specie neppure censurato nei termini di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 nuova formulazione.

2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione agli artt. 112 e 115 c.p.c. (art. 360 c.p.c., n. 3) nonchè omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., n. 5). Ribadisce l’inversione della trattazione dell’ordine logico delle questioni. Osserva che indipendentemente dalla statuizione relativa all’annullamento del licenziamento, la Corte territoriale avrebbe comunque dovuto pronunciarsi sulla domanda volta all’accertamento del rapporto di lavoro subordinato in capo alla De Sanctis, poichè sin dal ricorso introduttivo il lavoratore aveva dedotto di aver ricevuto un trattamento economico inferiore al dovuto e si era riservato di agire in separata sede per ottenere ancora quanto a lui spettante.

2.2. Anche tale seconda censura difetta delle richieste allegazioni documentali. Ai fini della valutazione in ordine alla formulazione di un’autonoma domanda di accertamento non delibata (e quindi di un accertamento autonomo e non incidenter tantum) difetta nella affermazione idonea, in particolare con riferimento al ricorso originario. Va richiamato in proposito il principio enunciato dalla giurisprudenza di questa Corte in forza del quale “in tema di ricorso per cassazione, ai fini della ammissibilità del motivo con il quale si lamenta un vizio del procedimento (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) per erronea individuazione del “chiesto” ex art. 112 c.p.c. (nella specie, l’esistenza di un concorso dei danneggiati nella causazione del danno, ai sensi dell’art. 1227 c.c.), affermandosi che la deduzione della situazione di fatto pertinente alla richiesta è avvenuta sin dalla comparsa di costituzione in primo grado, è necessario che il ricorrente, alla luce del principio di autosufficienza dell’impugnazione, indichi le espressioni con cui detta deduzione è stata formulata nel giudizio di merito… ” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 10605 del 30/04/2010, Rv. 612776). Nella specie le allegazioni di parte, per la loro genericità, non sono rispettose delle disposizioni di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, sì da consentire di verificare contenuto e limiti della domanda azionata. Quanto al prospettato vizio motivazionale si ribadisce quanto già enunciato con riferimento al primo motivo di ricorso.

3. In base alle svolte argomentazioni il ricorso va dichiarato inammissibile. Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in complessivi Euro 4.500,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15 % e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 25 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 25 ottobre 2016

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