Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21525 del 20/08/2019

Cassazione civile sez. II, 20/08/2019, (ud. 17/05/2019, dep. 20/08/2019), n.21525

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi G. – Presidente –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25244-2015 proposto da:

C.M., elettivamente domiciliato in ROMA, LUNGOTEVERE

FLAMINIO, 44, presso lo studio dell’avvocato MARTA LETTIERI,

rappresentato e difeso dall’avvocato ROBERTO MARROZZINI;

– ricorrente –

contro

TAMOIL ITALIA SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SILVIO

PELLICO 24, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE VALVO,

rappresentato e difeso dagli avvocati NISIVOCCIA NICCOLO’, MARINONI

ROBERTO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 217/2014 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO,

depositata il 12/08/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/05/2019 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. V.C. con atto di citazione conveniva in giudizio C.M. e la società Petromolisana snc, assumendo di essere proprietaria di alcuni fondi siti in agro di Campomarino, contraddistinti in catasto alle particelle 207, 286 e 32 del foglio 9, divisi in due lotti, compresi in un piano di lottizzazione redatto dal geometra D.D.. L’attrice deduceva che il lotto 16 sul lato nordovest era stato occupato parzialmente dal C., con la costruzione formata da un muro di protezione riguardante un impianto di distribuzione del gas metano, di pertinenza del C., mentre altra porzione dello stesso lotto era stata occupata, in prolungamento di detto muro, con una recinzione di paletti di cemento in rete grigliata dalla Petromolisana che ivi gestiva un distributore di benzina.

Quest’ultima società, secondo l’attrice, aveva anche occupato l’altro lotto sul lato nord, costituito da un piazzale con massicciata e strato superiore asfaltato. A causa di tale illegittime occupazioni il terreno aveva perso il requisito dell’edificabilità. Su questi presupposti chiedeva al Tribunale di dichiarare l’illegittimità dell’occupazione da parte dei convenuti e di condannarli al rilascio dei terreni con risarcimento dei danni per l’illegittima occupazione.

1.1 Nel corso del processo C.M. subentrava nella posizione processuale dell’attrice, mentre la Tamoil s.p.a. subentrava alla convenuta.

2. Il Tribunale di Larino rigettava la domanda proposta originariamente da V.C. e poi da C.M. nei confronti di Tamoil Italia S.p.A. subentrata a sua volta alla Petromolisana snc..

3. Avverso la suddetta sentenza proponeva appello C.M., si costituiva la Tamoil S.p.A. la quale proponeva a sua volta appello incidentale.

4. La Corte d’Appello di Campobasso, rigettava quasi integralmente l’appello, accogliendo solo il motivo relativo alla violazione dell’art. 111 c.p.c. nella parte in cui la sentenza di primo grado aveva dichiarato l’intervenuto acquisto per usucapione in favore della Tamoil Italia S.p.A., in quanto non vi era alcuna domanda in tal senso, essendosi la convenuta limitata ad eccepire l’usucapione dei terreni siti in (OMISSIS). Restava assorbita la decisione sull’appello incidentale subordinato, così come quella relativa al risarcimento del danno.

Secondo la Corte d’Appello, per quel che ancora rileva, tutti gli atti di compravendita succedutisi nel tempo e riguardanti la titolarità del diritto di proprietà riguardavano costantemente la stessa azienda della controricorrente come individuata dal CTU nella sua consistenza.

Peraltro, il distributore della Tamoil era stato autorizzato con decreto prefettizio del 1966 rinnovato nel tempo, dunque, l’impianto doveva esistere fin da tale anno. Il C. non aveva provato che l’impianto si estendeva su un fondo di dimensioni diverse rispetto a quelle risultanti dalla consulenza e le prove verbali richieste non potevano essere ammesse perchè avrebbero dovuto smentire prove documentali.

In conclusione, la continuità dei passaggi di proprietà coincidenti con i passaggi del possesso assicurava la successione del possesso e l’accessione ai sensi dell’art. 1146 c.c., a prescindere dall’eventuale vizio dell’atto di trasferimento senza che rilevasse il fatto che lo sconfinamento assumesse un andamento a macchia di leopardo, in quanto l’usucapione poteva sussistere anche con la comproprietà di alcuni spazi. Infine, l’uso promiscuo del fondo non risultava provato.

5. C.M. ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di due motivi.

6. Tamoil Italia S.p.A. ha resistito con controricorso.

7. Con memoria depositata in prossimità dell’udienza la parte ricorrente ha insistito nella richiesta di accoglimento del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per omesso esame di un fatto decisivo (in relazione agli artt. 1146 e 1153 c.c.) ed incoerenza della motivazione.

Il ricorrente ritiene che la Corte di Appello abbia errato nel ritenere provata la sussistenza di tutti i presupposti per l’usucapione in capo alla Tamoil, fondando il ragionamento sulla successione del possesso ai sensi dell’art. 1146 c.c. e sul fatto che l’attività del distributore secondo le licenze era iniziata dal 1968 e che l’azienda oggetto del trasferimento era sempre rimasta la stessa.

Il ragionamento della Corte d’Appello sarebbe errato per non aver esattamente apprezzato il contenuto dei contratti che hanno interessato il trasferimento dell’azienda dalla Petromolisana agli aventi causa e che individuavano l’oggetto materiale del possesso ceduto, escludendo le porzioni di immobili occupate dal distributore di gas metano del C..

Al Contratto di trasferimento da Petromolisana snc a Feltam,. infatti(era allegata una relazione di stima giurata redatta dall’esperto nominato dal Tribunale di Larino, V.F., nella quale si esponeva che dalla misurazione dell’intera superficie utilizzata dall’azienda, effettuata allo scopo di individuare le particelle su cui ricadeva il titolo di possesso e quelle di proprietà, era emerso che il terreno interno alla perimetrazione aziendale, denominato distributore gas metano, non era in possesso nè in proprietà della società conferente ma di terzi.

Tale situazione era certamente antecedente all’atto d’acquisto dell’azienda del 1978. Di conseguenza la Corte d’Appello non avrebbe potuto includere nell’occupazione anche le porzioni del distributore di metano rispetto alle quali nessun possesso della Tamoil Italia S.p.A. si era verificato. Inoltre, la Corte avrebbe dovuto accogliere la contraddizione esistente tra le risultanze della CTU che indicavano un’occupazione dell’intera particella (OMISSIS) alla Tamoil e quelle dei titolari della Petromolisana, che avevano fatto dichiarazioni difformi.

1.2 Il motivo è inammissibile.

In primo luogo, deve osservarsi che il ricorrente lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo consistito nell’erroneo apprezzamento dei titoli di acquisto avente ad oggetto il trasferimento dell’azienda fino all’acquisto in capo alla società controricorrente.

I titoli di acquisto sono stati, invece, ampiamente esaminati dalla corte d’appello che, rifacendosi anche alla consulenza tecnica, ha ritenuto coincidessero con l’effettiva consistenza dell’azienda poi trasferita alla Tamoil S.p.A..

Risulta evidente che non vi è stato alcun omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti e che il motivo si risolve piuttosto nella richiesta di un diverso apprezzamento delle risultanze istruttorie mediante un giudizio di fatto precluso al giudice di legittimità.

Quanto alla relazione del geometra V. sulla quale il ricorrente fonda la restante parte del presente motivo, della stessa non vi è alcuna traccia nella sentenza impugnata. Pertanto, era onere del ricorrente indicare in quale atto con quali modalità aveva Ric. 2015 n. 25244 sez. S2 – ud. 17/05/2019 tale questione e se la stessa questione era stata convogliata in uno dei motivi di appello.

Secondo l’indirizzo consolidato di questa Corte, infatti, “In tema di ricorso per cassazione, qualora siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito, ma, in virtù del principio di autosufficienza, anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente ciò sia avvenuto, giacchè i motivi di ricorso devono investire questioni gà comprese nel “thema decidendum” del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito nè rilevabili di ufficio” (ex plurimis Sez. 2, Sent. n. 20694 del 2018, Sez. 6-1, Ord n. 15430 del 2018).

2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in relazione all’art. 112 c.p.c., difetto di istruttoria.

Il ricorrente lamenta che la Corte di Appello non abbia ammesso le prove richieste in appello nonostante la CTU esperita in primo grado non avesse risposto convenientemente al quesito formulato. In particolare, con riferimento al posizionamento delle strutture del distributore di gas metano, alle presunte occupazioni, alle relative particelle e planimetrie.

Il rigetto delle richieste di prova formulate all’udienza del 4 dicembre 2013, dunque, era stato illegittimo. In particolare, tali richieste erano: richiamare il CTU a chiarimenti sulle effettive superfici di proprietà di C.M. ed interrogatorio formale dei convenuti Tamoil Italia S.p.A. e Petromolisana snc.

2.1 Il secondo motivo è inammissibile.

Rientra nel potere discrezionale del giudice di merito accogliere o rigettare l’istanza di riconvocazione del consulente d’ufficio per chiarimenti o per un supplemento di consulenza, senza che l’eventuale provvedimento negativo possa essere censurato in sede di legittimità, deducendo la carenza di motivazione espressa al riguardo, quando dal complesso delle ragioni svolte in sentenza, in base ad elementi di convincimento tratti dalle risultanze probatorie già acquisite e valutate con un giudizio immune da vizi logici e giuridici, risulti l’irrilevanza o la superfluità dell’indagine richiesta (Sez. 3, Sent. n. 15666 del 2011).

Deve ribadirsi, inoltre, che “Il giudice di merito non è tenuto a respingere espressamente e motivatamente le richieste di tutti i mezzi istruttori avanzate dalle parti qualora nell’esercizio dei suoi poteri discrezionali, insindacabili in sede di legittimità, ritenga sufficientemente istruito il processo. Al riguardo, la superfluità dei mezzi non ammessi può implicitamente dedursi dal complesso delle argomentazioni contenute nella sentenza” (Sez. 3, Sent. n. 14611 del 2005).

3. Il ricorso è inammissibile, le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

4. Si dà atto della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione che liquida in Euro 3000 più 200 per esborsi;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente del contributo unificato dovuto per il ricorso principale a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda civile, il 17 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 agosto 2019

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