Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21525 del 10/10/2014


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 21525 Anno 2014
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: FALASCHI MILENA

SENTENZA
sul ricorso 16313-2013 proposto da:

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VANACORE CARMINE (VNCCMN49S20F839M) elettivamente
domiciliato in ROMA, presso la CORTE DI CASSAZIONE,
rappresentato e difeso dall’avv. MARRA ALFONSO LUIGI, giusta

Data pubblicazione: 10/10/2014

delega a margine del ricorso;
– ricorrente contro
MINISIERO DELLA GIUSTIZIA 8018440587;
– intimato avverso il decreto nel procedimento R.G. 56962/09 della CORTE
D’APPELLO di ROMA del 19.11.2012, depositato 1’11/02/2013;

Q.9,12
SA

4

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
20/05/2014 dal Consigliere Relatore Dott. MILENA FALASCHI.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Carmine VANACORE ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di un
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depositato in data 11 febbraio 2013, con il quale la Corte di appello di Roma,
condannata l’Amministrazione al pagamento in favore del ricorrente della
somma di €. 1.000,00, oltre agli interessi da112 data del deposito del ricorso, ha
compensato integralmente le spese di lite motivando sul rilievo del divario tra
la somma richiesta in €. 3.500,00 e quella effettivamente spettante.
L’Amministrazione intimata non ha svolto difese in sede di legittimità.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Il Collegio ha disposto la redazione della motivazione in forma semplificata.
Con unico motivo il ricorrente denuncia la violazione degli artt. 2 della
legge n. 89 del 2001 e 13 della Convenzione EDU, nonché degli artt. 91,
comma 1 e 92 c.p.c., anche per vizio di motivazione, per essere
completamente errata la motivazione posta a base della compensazione delle
spese di lite.
La censura è fondata.
Nel decreto la compensazione delle spese del grado è giustificata soltanto dal
mero accenno del divario fra la somma riconosciuta a titolo di equa
riparazione e quella pretesa per la soddisfazione del diritto vantato.
Anche a prescindere dall’insufficienza della motivazione adottata dalla Corte
di appello, è comunque assorbente rilevare che l’entità della somma in
concreto riconosciuta a titolo di indennità avrebbe ben potuto incidere
nell’individuazione dello scaglione di riferimento delle tabelle professionali,
ma non giustifica, di per sè, la compensazione allorché, come nella specie, la
Ric. 2013 n. 16313 sez. M2 – ud. 20-05-2014

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unico motivo, nei confronti del Ministero della giustizia avverso il decreto

parte sia stata costretta ad adire il giudice per ottenere il riconoscimento del
diritto (in termini, v. Cass. n. 23632 del 2013). Del resto “la nozione di
soccombenza reciproca, che consente la compensazione parziale o totale tra le
parti delle spese processimli (art. 92 c.p.c., comma 2), sottende – anche in
relazione al principio di causalità – una pluralità di domande contrapposte,

le stesse parti ovvero anche raccoglimento parziale dell’unica domanda
proposta, allorché essa sia stata articolata in più capi e ne siano stati accolti
uno o alcuni e rigettati gli altri ovvero quando la parzialità dell’accoglimento
sia meramente quantitativa e riguardi una domanda articolata in un unico
capo” (Cass. 21 ottobre 2009 n. 22381).
L’avvenuta integrale compensazione delle spese non può dunque essere
supportata dalla mera riduzione della domanda, permanendo comunque una
sostanziale soccombenza della controparte che deve essere adeguatamente
riconosciuta anche sotto il profilo della suddivisione del carico delle spese (v.,
per tutte, Cass. n. 5598 del 2010); inoltre detto regolamento delle spese si
risolve nella sostanziale vanificazione del fondamentale diritto di agire in
giudizio, perché lascia a carico della parte, risultata in toto vincitrice, gli oneri
della difesa in giudizio, in misura tale da elidere grandemente il valore del bene
conseguito (cfr Cass. 27 marzo 2014 n. 7287).
Il decreto impugnato deve quindi essere sul punto delle spese di lite cassato.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere

accolte o rigettate e che si siano trovate in cumulo nel medesimo processo fra

decisa nel merito, ponendo le spese del giudizio di merito, in applicazione del
principio di soccombenza, a carico dell’Amministrazione, al pari di quelle
relative al giudizio di legittimità, liquidate per entrambi i giudizi, come in
dispositivo, per fasi (come previsto nel D.M. n. 140 del 2012, modalità di
liquidazione riconosciuta anche nel D.M. n. 55 del 2014) e sulla base del
valore ritenuto nel decreto, ridotti della metà i compensi, per quelle di merito,
ed esclusa la fase istruttoria, per quelle di cassazione.
Ric. 2013 n. 16313 sez. M2 – ud. 20-05-2014
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NvA6

P.Q.M.

La Corte, accoglie il ricorso;
cassa il decreto impugnato in relazione al capo sulle spese processuali e
decidendo nel merito pone a carico dell’Amministrazione le spese del giudizio

nonché quelle di legittimità che vengono determinate in €. 450,00, di cui C.
100,00 per esborsi, oltre a spese forfettarie ed accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI – 2^ Sezione Civile, il
20 maggio 2014.

di merito che liquida in complessivi C. 350,00, di cui €. 50,00 per spese,

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