Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21521 del 20/09/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 21521 Anno 2013
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: CHINDEMI DOMENICO

• 4,
SENTENZA

sul ricorso 13255-2007 proposto da:
SOC. PROMOZIONE & DISTRIBUZIONE SRL IN LIQUIDAZIONE
in persona del Liquidatore e legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliato i ROMA VIA G.
PALUMBO 26, presso lo studio EP SPA, rappresentato e
difeso dagli avvocati GAETA CARLO, GAETA UGO con
studio in NAPOLI VIA DEI MILLE 16 (avviso postale),
giusta delega a margine;
– ricorrente contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI

Data pubblicazione: 20/09/2013

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ape legis;

controricorrente

avverso la sentenza n. 37/2006 della COMM.TRIB.REG.
di NAPOLI, depositata il 03/04/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

CHINDEMI;
udito per il controricorrente l’Avvocato DE STEFANO
che ha chiesto il rigetta;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ENNIO ATTILIO SEPE che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

udienza del 06/06/2013 dal Consigliere Dott. DOMENICO

R.G. 13255/2007
Fatto
La Commissione tributaria regionale della Campania, con sentenza n.37/20/06, depositata il
3.4.2006 confermava la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Napoli n.
297/25/2004 che dichiarava la legittimità del l’avviso di rettifica IVA, per l’anno di imposta 1996,
nei confronti della società Promozione e Distribuzione s.r.l. in liquidazione, con cui venivano

(conti correnti intestati all’amministratore unico e a suoi congiunti)
Proponeva ricorso per cassazione la società deducendo i seguenti motivi:
a) violazione e falsa applicazione dell’articolo 54 d.p.r. 633/ 1972, in relazione all’articolo 360,
numero tre, c.p.c.„ ritenendo l’illegittimità della rettifica eseguita per l’anno 1996 in mancanza di
preventiva rettifica alle annualità successive al 1997;
b) violazione degli articoli 2697 e 2729 cc, in relazione all’articolo 360, numero tre, c.p.c.,
rilevando la mancanza di presunzioni gravi precise e concordanti e l’illegittimità dell’utilizzazione
dei conti correnti intestati a terzi, non facenti parte del nucleo familiare dell’amministratore, in
mancanza di prove attinenti alla loro riferibilità alla contabilità aziendale;
c) insufficiente, illogica motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, non
avendo valutato la CTR che la società per l’anno 1996 non aveva subito controllo della contabilità e
dei libri sociali, effettuati invece per gli anni 1997 e 1998.
L’Agenzia delle Entrate si è costituita un controricorso.
Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 6.6.2013, in cui il PG ha concluso come in
epigrafe.
Motivi della decisione
Tutti i motivo di ricorso sono inammissibile per l’ inidoneità dei relativi quesiti di diritto
Col primo motivo si chiede a questa Corte di dire” se nella specie sia stata violata la disposizione
dell’articolo 54 d.p.r. 26/10/1972, n. 633 oppure siano state realizzati i presupposti previsti dal
medesimo articolo, non risultando comunque, tra l’altro, accertata l’eventuale infedeltà della
dichiarazione Iva mediante il confronto tra gli elementi indicati nella dichiarazione e quelli annotati
nei registri di cui agli articoli 23, 24,25 del predetto d.p.r.; non risultando nella specie comunque
altri elementi previsti dalla norma per l’accertamento eseguito”.
Col secondo motivo si chiede se” nella specie, come evidenziato, possono meno ritenersi, rilevarsi
presunzioni gravi, precise e concordanti come richieste dall’articolo 2729 cc ed anche se si possa
considerare fornita nella specie dalla CTR napoletana la prova dell’effettiva imputabilità delle
movimentazioni di terzi estranei alla società ricorrente”.
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contestati acquisti e vendite senza fattura anche in forza della documentazione bancaria acquisita

Col terzo motivo si chiede” se si riscontra nella sentenza un’obiettiva deficienza del criterio logico
in base al quale il giudice ha formato il suo convincimento, ritenendo conseguentemente sussistere
nella specie le ragioni per le quali la dedotto insufficienza della motivazione non giustifica la
decisione”
I quesiti di diritto risultano innanzitutto non autonomi nel senso che non contentno tutte le
informazioni necessarie a consentire una risposta utile alla definizione della controversia
prescindendo dalla lettura del relativo motivo che, come ripetutamente ribadito dalla giurisprudenza

Cass. , S.U. n. 19444/2009).
Entrambi i quesito in esame, inoltre, non risultano adeguati alla funzione di far comprendere alla
corte di legittimità, dalla sola lettura del medesimo, inteso come sintesi logico-giuridica della
questione, quale sia l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice di merito e quale, secondo
la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare (cfi. Cass. S.U. n. 7433/2009) e sono, in ogni
caso, inidonei a consentire a questo giudice una risposta che sia suscettibile di definire la questione
controversia e di ricevere applicazione in casi ulteriori rispetto a quello sub iudice (cfr Cass. S.U. n.
2658/2008).
Il primo quesito difetta anche di autosufficienza in quanto non vengono o specificati quale siano gli
elementi indicati nelle dichiarazioni e quelle annotate nei registri di cui si lamenta il mancato
raffronto, mentre il secondo quesito contiene, inoltre, valutazione in fatto sulle presunzioni ( sulle
inammissibilità dei quesiti involgendoti una quaestiuo facti, Cass. n. 23860/2008)
Il terzo motivo del ricorso (col quale si deduce motivazione insufficiente circa un fatto controverso
e decisivo) è inammissibile sia per la genericità della censura sia per l’assoluta inidoneità
dell’indicazione prevista dalla seconda parte dell’articolo 366 bis c.p.c..
Il motivo di censura ex art. 360,n. 5 c.p.c., in forza della giurisprudenza di questa Corte, deve
contenere un’indicazione che, pur libera da rigidità formali, si deve concretizzare nell’esposizione
chiara e sintetica del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o
contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende
in idonea a giustificare la decisione (cfr Cass. ,S.U. n. 20603/2007; Cass. n. 8897/2008)
Nella specie la suddetta indicazione risulta soltanto apparente posto che essa consta delle seguenti
frasi ” se si riscontra nella sentenza un’obiettiva deficienza del criterio logico in base al quale il
giudice ha formato il suo convincimento, ritenendo conseguentemente sussistere nella specie le
ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione non giustifica la decisione”.
Il primo è terzo motivo, inoltre, difettano di autosufficienza, non avendo allegato la società
ricorrente l’avvenuta deduzione, nel giudizio di merito, della mancanza di una verifica fiscale per
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di questa Corte, deve consistere in una sintesi originale e autosufficiente della censura dedotta (cfr

AI SENSt
N, 131 TAB.

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l’anno 1996 al fine di contestare la legittimità della rettifica eseguita dall’ufficio, né la decisività
della censura ai fini del giudizio, senza neanche indicare in quale specifico atto dei giudizi
precedenti lo abbia fatto, al fine di consentire alla Corte di Cassazione di controllare ex actis la
veridicità dell’asserzione, prima di esaminare nel merito la questione (Cass. 11 gennaio 2007, n.
324).
Sussiste, infatti, il difetto di autosufficienza, se vengono sottopongono all’esame del Giudice di
legittimità questione nuove non esaminate dai giudici di merito se non risulta dalla sentenza

l’avesse proposte- che abbia “riproposto” tali questioni davanti al giudice di appello.
Peraltro entrambe le doglianze sono infondate in quanto, come emerge dai brani richiamati nel
controricorso, la Guardia di Finanza ha esteso la verifica anche all’anno 1996 e acquisito la
documentazione bancaria relativa al tale annualità a seguito del rinvenimento di documentazione
extracontabile contenente il riepilogo mensile delle operazioni eseguite.
Anche il secondo motivo è, comunque, infondato in quanto devono ritenersi legittime le indagini
bancarie estese ai congiunti del contribuente persona fisica, ovvero a quelli degli amministratori
della società contribuente – in quanto sia l’art. 32, n. 7, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600,
riguardo alle imposte sui redditi, che l’art. 51 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, riguardo all’IVA autorizzano l’Ufficio finanziario a procedere all’accertamento fiscale anche attraverso indagini su
conti correnti bancari formalmente intestati a terzi, ma che si ha motivo di ritenere connessi ed
inerenti al reddito del contribuente, ipotesi, questa, ravvisabile nel rapporto familiare, sufficiente a
giustificare, salva prova contraria, la riferibilità al contribuente accertato delle operazioni riscontrate
su conti correnti bancari degli indicati soggetti (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 18083 del 04/08/2010)
Va, conseguentemente, rigettato il ricorso con condanna della ricorrente al pagamento delle spese
del giudizio di legittimità.
PQM
Rigetta il ricorso, condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che
liquida in €.5.000 per compensi professionali, oltre alle spese prenotate a debito
Così deciso in Roma, il 6.6.2013

impugnata che la parte abbia formulato le relative questioni con il ricorso introduttivo, né -ove

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