Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21520 del 15/09/2017
Cassazione civile, sez. VI, 15/09/2017, (ud. 13/07/2017, dep.15/09/2017), n. 21520
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – rel. Presidente –
Dott. FERRO Massimo – Consigliere –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –
Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 14017-2016 proposto da:
GRUPPO COSIAC S.P.A., in persona del Presidente del Consiglio di
Amministrazione, elettivamente domiciliata in ROMA, C.SO VITTORIO
EMANUELE II 269, presso lo studio dell’avvocato ROMANO VACCARELLA,
che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
ENTE SVILUPPO PER l’IRRIGAZIONE E LA TRASFORMAZIONE FONDIARIA IN
PUGLIA, LUCANIA E IRPINIA, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,
presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e
difende ope legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 5256/2016 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,
depositata il 16/03/2016;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non
partecipata del 13/07/2017 dal Consigliere Dott. ANDREA SCALDAFERRI.
Fatto
FATTO E DIRITTO
La Corte:
rilevato che la GRUPPO COSIAC S.P.A. ricorre per revocazione della sentenza in epigrafe con cui è stato dichiarato inammissibile il ricorso da essa proposto avverso la sentenza della Corte di appello di Bari n. 262/08 depositata in data 17 marzo 2008;
che la ricorrente lamenta l’erronea percezione della realtà processuale da parte della Corte in relazione alla declaratoria di inammissibilità – per violazione del disposto dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e dell’art. 369 c.p.c., n. 4 – del secondo e del quarto motivo del ricorso per cassazione;
che, in particolare, la inammissibilità del secondo motivo (con il quale si censurava per violazione di legge la dichiarata inammissibilità, ex art. 342 c.p.c., del motivo di appello avverso il mancato riconoscimento da parte del tribunale del maggior danno per gli importi pagati dalla appellante al sistema bancario a causa dei ritardi nell’esecuzione dei lavori di appalto ad essa affidati), per omissione della riproduzione del motivo di appello in questione nonchè della produzione in atti degli estratti conto dai quali il giudice di appello avrebbe dovuto trarre la prova della necessità di ricorrere al credito bancario, dimostrerebbe l’erronea presupposizione ad opera del giudicante che fosse stata devoluta alla Corte di Cassazione la questione circa la prova della necessità per essa appaltatrice del ricorso al credito bancario, e non invece la erroneità del principio di diritto (affermato dal tribunale e secondo la corte di merito non specificamente confutato) secondo cui quella di ricorrere al sistema bancario in attesa della esazione del proprio credito fosse una scelta imprenditoriale;
che la inammissibilità del quarto motivo di ricorso (con il quale Gruppo Cosiac lamentava la violazione di legge ed il difetto di motivazione nelle statuizioni con le quali la corte di merito aveva disatteso la sua pretesa risarcitoria per la perdita di una costosa attrezzatura benchè questa fosse conseguente a direttive gravemente erronee della Direzione Lavori), per l’omessa riproduzione ed allegazione al ricorso dell’Ordine di servizio della D.L. che conterrebbe le erronee direttive, dimostrerebbe l’erronea presupposizione ad opera del giudicante che fosse in contestazione la responsabilità della direzione lavori medesima, circostanza che sarebbe invece pianamente smentita dalla sentenza di appello, che mai avrebbe negato o comunque messo in dubbio tale responsabilità;
che l’intimato ENTE PER LO SVILUPPO DELL’IRRIGAZIONE E LA TRASFORMAZIONE FONDIARIA IN PUGLIA, LUCANIA E IRPINIA resiste con controricorso;
considerato che, in tema di revocazione delle sentenze della Corte di cassazione, la configurabilità dell’errore revocatorio presuppone un errore di fatto che si configura ove la decisione sia fondata sull’affermazione di esistenza od inesistenza di un fatto che la realtà processuale, quale documentata in atti, conduce chiaramente ed incontrovertibilmente ad escludere o ad affermare;
che non rientra in tale nozione il caso in cui la decisione della Corte sia conseguenza di una pretesa errata valutazione od interpretazione delle risultanze processuali, essendo esclusa dall’area degli errori revocatori la sindacabilità di errori di giudizio formatisi sulla base di una valutazione (cfr. tra molte: Cass. Sez. 2, Sentenza n. 14608 del 22/06/2007; Sez. 6-3, Ordinanza n. 9835 del 15/06/2012; Sez. 6-L, ordinanza n. 8615/2017);
che il Collegio ha disposto l’adozione di motivazione semplificata;
ritenuto che, nella specie, i due pretesi errori dedotti dalla ricorrente – ltre a non risultare con la necessaria chiarezza ed incontrovertibilità dal ricorso – atterrebbero comunque alla interpretazione e valutazione delle risultanze processuali, sì da non poter configurare errori di fatto revocatori; che pertanto il ricorso è inammissibile;
che le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la società ricorrente al rimborso in favore della controparte costituita delle spese di questo giudizio, in Euro 6.100,00 oltre le spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile, il 13 luglio 2017.
Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2017