Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21519 del 10/10/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 21519 Anno 2014
Presidente: STILE PAOLO
Relatore: DORONZO ADRIANA

SENTENZA

sul ricorso 18137-2009 proposto da:
MACHIVI COSTRUZIONI S.R.L.

P.I.

02080000652,

in

persona del legale rappresentante pro tempore,
domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso LA
CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,
rappresentata e difesa dall’avvocato GIOVANNI GALLO,
2014

giusta delega in atti;
– ricorrente –

2172
contro

z

– I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE

C.F.

80078750587

in persona del

suo

Data pubblicazione: 10/10/2014

Presidente e legale rappresentante pro tempore, in
proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A.
.Società di Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S.,
C.F. 05870001004, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA CESARE BECCARIA N. 29, presso l’Avvocatura

LUIGI CALIULO,

avvocati ANTONINO SGROI,

LELIO

MARITATO, giusta delega in atti;

resistenti con mandato

avverso la sentenza n. 923/2008 della CORTE D’APPELLO
di SALERNO, depositata il 24/07/2008 R.G.N. 125/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 17/06/2014 dal Consigliere Dott. ADRIANA
DORONZO;
udito l’Avvocato D’ALOISIO CARLA per delega orale
SGROI ANTONINO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale . Dott. CARMELO CELENTANO che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli

Udienza 17 giugno 2014
R.G. n. 18137/09
Machivi Costruzioni s.r.l. o! INPS

1.- Con sentenza depositata in data 24 luglio 2008, la Corte d’appello di
Salerno rigettava l’impugnazione proposta dalla Machivi Costruzioni
S.r.l. contro la sentenza resa dal Tribunale di Nocera inferiore che aveva
rigettato l’opposizione proposta dall’appellante contro la cartella
esattoriale notificata in data 16 gennaio 2003 ed avente ad oggetto il
pagamento di “contributi previdenziali aziende” relativamente agli anni
dal 1996 al 2001, e relative somme aggiuntive.
1.2.- La Corte territoriale riteneva che erano fondate le contestazioni
contenute nel verbale di accertamento redatto dagli ispettori dell’Inps, e
costituite 1) dall’indebito conguaglio con contributi dovuti di somme
erogate a titolo di assegni familiari per dieci dipendenti, in quanto privo
di documentazione attestante il diritto dei lavoratori a percepire gli
assegni; 2) dall’indebito conguaglio con contributi dovuti di somme
erogate a titolo di indennità di malattia in favore di due dipendenti, in
mancanza di documentazione attestante il diritto all’indennità; 3)
dall’evasione dei contributi dovuti per il mese di luglio 1997, in
mancanza di presentazione del modello DM 10/M; 4) dalla violazione
dell’art. 1 della legge n. 389/1989, in considerazione dell’attribuzione ai
lavoratori di retribuzioni inferiori a quelle previste dai contratti collettivi,
con ulteriore evasione contributiva per mancata denuncia all’INPS delle
retribuzioni virtuali, come previsto dall’art. 29 d.l. n. 244/1995; 5)
dall’addebito contributivo sulle retribuzioni virtuali e per le giornate
interessate dal mancato accoglimento della cassa integrazione guadagni
per i mesi di marzo, maggio, novembre 1996, gennaio e novembre 1997,
marzo 1998; 6) dagli indebiti conguagli con contributi dovuti delle
somme calcolate a titolo di sgravi per il mezzogiorno e di fiscalizzazione
degli oneri sociali in conseguenza delle minori retribuzioni denunciate di
cui ai punti 4 e 5, e della mancata presentazione delle denunce alla Cassa
Edile Salernitana per i periodi dal marzo 1996 a maggio 2000 e da
gennaio a marzo 2001, oltre alle sanzioni civili.
1.2.1. – In particolare, con riguardo alle contestazioni di cui ai punti l, 2 e
3, la documentazione offerta dalla società opponente non era
“significativa”, mancando la certificazione medica per quanto riguardava
l’indennità di malattia, mentre per quanto riguardava il punto 3 non era
certo che dal modello F. 24 allegato dall’opponente emergesse la prova
del pagamento dei contributi dovuti per i mesi di luglio 1997.
1.2.2. – Circa le contestazioni di cui ai punti 4 e 5, vi era prova sia
dell’attribuzione ai lavoratori di retribuzioni inferiori al minimo previsto
i

Svolgimento del processo

dai contratti collettivi, sia della violazione dell’art. 29 legge n. 244 del
1995, secondo cui la contribuzione previdenziale e assistenziale va
calcolata sulla retribuzione minima commisurata ad un numero di ore
settimanali non inferiore all’orario di lavoro normale stabilito dai contratti
collettivi, con esclusione di assenze per malattie, infortuni, scioperi,
sospensione o riduzione dell’attività con intervento della cassa
integrazione guadagni, o di altri eventi indennizzati, nonché per gli eventi
per i quali il trattamento economico è assolto mediante accantonamento
presso le Casse Edili.
1.2.3. – La società opponente non aveva provato la circostanza del
mancato impiego dei lavoratori o di parte di essi per tutto l’orario
contrattuale previsto, né aveva provato che questa minore prestazione
fosse dovuta ad eventi determinati e normativamente previsti; che il
diniego di autorizzazione alla CIGS aveva determinato l’assoggettamento
a contribuzione degli importi corrisposti e delle eventuali integrazioni del
datore di lavoro; che, conseguentemente, non potevano essere
riconosciuti gli sgravi contributivi per il mezzogiorno e le riduzioni
contributive per la fiscalizzazione degli oneri sociali, a causa della
mancata denuncia dei lavoratori alla cassa edile. Quanto alle sanzioni non
poteva trovare applicazione l’art. 116, comma 8, legge n. 388/2000, attesa
la sua irretroattività.
1.3. Contro la sentenza la Machivi s.r.l. propone ricorso per cassazione,
affidato a dieci motivi, sintetizzati in quesiti di diritto. L’INPS non
svolge attività difensiva, ma ha depositato delega in calce al ricorso, ed
ha partecipato alla discussione orale. La E.TR. S.p.A. è rimasta intimata.
Motivi della decisione
1.- Con il primo motivo la Machivi Costruzioni s.r.l. censura la sentenza
per violazione falsa applicazione degli artt. 2697 e 2700 c.c., nonché per
nullità della sentenza e del procedimento (art. 360, n. 3 e 4 c.p.c.).
Assume che la corte di merito ha dato valore di piena prova a quanto
contenuto nel verbale ispettivo e, nel contempo, ha ritenuto che i
documenti offerti fossero insufficienti a dimostrare l’insussistenza delle
omissioni contestate, senza tuttavia dare ingresso alle richieste istruttorie
formulate dalla società con il ricorso introduttivo del giudizio e reiterate
in appello.
2.- Con il secondo motivo censura la sentenza per insufficiente
motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360, n. 5,
c.p.c.), e chiede che si dichiari se “costituisca, o meno, motivazione
insufficiente su di un punto decisivo della controversia quella che,
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R.G. n. 18137/09
Maehivi Costruzioni s.r.l. o/ INPS

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Machivi Costruzioni s.r.L el INPS

3. – Con il terzo motivo censura la sentenza per contraddittoria
motivazione su un punto decisivo della controversia, lamentando che la
sentenza ha omesso di valutare ed ammettere i mezzi istruttori, senza
alcuna motivazione, con ciò violando anche il disposto dell’art. 421 c.p.c.
che impone al giudice di esercitare il potere-dovere istruttorio ufficioso,
non potendo limitarsi a fare meccanica applicazione della regola di
giudizio fondata sull’onere della prova.

3.1. I tre motivi, che si affrontano congiuntamente stante la loro logica
connessione, sono inammissibili.

3.1.1. Il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione impone
che il ricorrente per cassazione che intenda dolersi dell’omessa od
erronea valutazione di un documento da parte del giudice di merito, ha il
duplice onere – imposto dall’art. 366 cod. proc. civ., comma 1, n. 6 e
dall’art. 369 cod. proc. civ., comma 2, n. 4 a pena di improcedibilità del
ricorso – di indicare esattamente nel ricorso in quale fase processuale ed
in quale fascicolo di parte si trovi il documento in questione, e di
indicarne il contenuto, trascrivendolo o riassumendolo nel ricorso (Cass.,
7 febbraio 2011, n. 2966) nonché di depositare unitamente al ricorso i
documenti in questione (v. pure Cass., 16 marzo 2012, n. 4220), non
potendosi affidare alla Corte la selezione delle parti più rilevanti e,
quindi, un’individuazione e valutazione dei fatti estranea alla funzione del
giudizio di legittimità (Cass. Sez. un. 22 maggio 2012, 8078; Cass., 28
maggio 2012, n. 8453; Cass., 7 febbraio 2012, n. 1716).

3.1.2. II principio di autosufficienza impone altresì che il ricorrente che
denunzi la violazione o falsa applicazione di norme di diritto, quali quelle
processuali, non può limitarsi a specificare soltanto la singola norma di
cui, appunto, si denunzia la violazione, ma deve indicare gli elementi
fattuali in concreto condizionanti gli ambiti di operatività di detta
violazione. Siffatto onere sussiste anche allorquando il ricorrente lamenti
che il giudice del gravame non abbia – pur in presenza di una sua istanza
al riguardo — ammesso i mezzi istruttori richiesti, o non abbia esercitato il
suo potere-dovere istruttorio ex artt. 421 e 437 cod. proc. civ. ed ancora
quando affermi che una data circostanza debba reputarsi sottratta al
“thema decidendwn”, perché non contestata, ovvero ritenuta “pacifica”,
con la conseguenza che, in tali ipotesi, il ricorrente medesimo è tenuto ad
indicare le modalità e la ritualità della sua istanza istruttoria nonché ad

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riconoscendo valore probatorio al verbale ispettivo, non ammetta i mezzi
istruttori richiesti dal datore di lavoro, al fine di confutarne la
attendibilità, senza che se ne adducano le ragioni.

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R.G. n. 18137/09
Machivi Costruzioni s.r.l. c/ INPS

3.1.3. – Quanto al mancato esercizio dei poteri istruttori del giudice
(previsti, nel rito del lavoro, dagli arti 421 e 437 cod. proc. civ.), anche
in difetto di espressa motivazione sul punto, esso non è sindacabile in
sede di legittimità se non si traduce in un vizio di illogicità della
sentenza. La deducibilità dell’omessa attivazione dei poteri istruttori
impone al ricorrente che muova alla sentenza impugnata siffatta censura
di riportare testualmente, in omaggio al principio di autosufficienza del
ricorso per cassazione, tutti quegli elementi (emergenti dagli atti ed
erroneamente non presi in considerazione dal giudice di merito) dai quali
era desumibile la sussistenza delle condizioni necessarie per l’esercizio
degli invocati poteri. In particolare, il ricorrente deve allegare di avere
nel giudizio di merito espressamente e specificamente richiesto
l’intervento officioso, posto che, onde non sovrapporre la volontà del
giudicante a quella delle parti in conflitto di interessi e non valicare il
limite obbligato della terzietà, è necessario che l’esplicazione dei poteri
istruttori del giudice venga specificamente sollecitata dalla parte con
riguardo alla richiesta di una integrazione probatoria qualificata (Cass.,
16 maggio 2002, n. 7119).
3.2. – Nessuno di tali adempimenti risulta effettuato dalla ricorrente.
3.2.1. – Ed invero, pur contestando l’efficacia probatoria attribuita dalla
Corte territoriale al verbale di accertamento ispettivo, che si assume
prodotto unitamente al ricorso in opposizione, il ricorso per cassazione
non contiene elementi da cui possa desumersi l’esatta attuale allocazione
del documento suddetto, avendo il ricorrente omesso di specificare
l’avvenuta sua produzione e la sede in cui esso sia attualmente rinvenibile
(Cass., Sez.Un., ord., 7 novembre 2013, n. 25038; Cass., sez.un., 3
novembre 2011, n. 22726).
3.2.2. – Inoltre, pur deducendo il vizio della sentenza per la mancata
ammissione di richieste istruttorie formulate con il ricorso introduttivo
del giudizio e reiterate in sede di appello, la parte omette di indicare gli
elementi necessari per il facile reperimento, in questa sede, dell’atto in cui
esse sarebbero state formulate in primo grado, così come omette di
trascrivere la parte del ricorso in appello in cui le dette richieste
sarebbero state reiterate, con l’indicazione dei dati per il facile
reperimento del ricorso, con la conseguenza che, per effetto di tali
omissioni, è impedita a questa Corte ogni valutazione in ordine alla

evidenziare la tempestività della censura mossa in ordine all’inerzia o al
mancato accoglimento da parte del giudice delle sue richieste (Cass., 19
aprile 2006, n. 9076).

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Machivi Costruzioni s.r.l. c/ INPS

3.21 – Altrettanto è a dirsi per le “puntuali censure e contestazioni”
mosse al verbale ispettivo, che la parte omette di trascrivere nonché di
indicare con esattezza il tempo e luogo della loro deduzione, e ciò
impedisce di valutarne l’attuale inerenza al thema decidendum, non
potendosi escludere che l’eventuale omessa loro riproposizione in sede di
appello abbia determinato il passaggio in giudicato della questione.
Inoltre non ha specificato dove e quando avrebbe sollecitato i poteri
istruttori ufficiosi del giudice del merito, sicché anche tale aspetto del
motivo si profila inammissibile.
3.2.4.- I quesiti di diritto formulati risentono del rilevato difetto di
autosufficienza, e si risolvono in richieste la cui formulazione è del tutto
inidonea a chiarire l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in
relazione alla concreta controversia sostanziandosi nella generica istanza
rivolta al giudice di legittimità di stabilire se sia stata o meno violata una
certa norma. (Cass., Sez. Un., 30 ottobre 2008, n. 26020; Cass., ord., 19
febbraio 2009, n. 4044).
Il quesito deve, di converso, investire la ratio decidendi della sentenza
impugnata, proponendone un’alternativa di segno opposto: le Sezioni
Unite di questa Corte hanno chiarito (Cass., Sez. Un., 2 dicembre 2008,
n. 28536) che deve ritenersi inammissibile per violazione dell’ari 366 bis
c.p.c., il ricorso per cassazione nel quale l’illustrazione dei singoli motivi
sia accompagnata dalla formulazione di un quesito di diritto che si risolve
in una tautologia o in un interrogativo circolare, che già presupponga la
risposta (ovvero la cui risposta non consenta di risolvere il caso sub
iudice). La corretta formulazione del quesito esige, in definitiva, che il
ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti
ad uno schema normativo tipico, infine formuli, in forma interrogativa e
non assertiva, il principio giuridico di cui chiede l’affermazione (v. Cass.,
sez. un., 23 settembre 2013, n. 21672). Tali requisiti non sono stati
rispettati nel caso in esame.
4.- Con il quarto motivo, la società deduce la violazione e la falsa
applicazione della normativa in materia di assegni familiari (DM 11
maggio 1990, DPR 30 maggio 55, n. 797, legge 15 marzo 1988, n 153).
Assume di aver depositato già nel giudizio di primo grado le domande di
assegni familiari e la documentazione a loro corredo, e chiede che questa
Corte dichiari se “ai fini del riconoscimento degli assegni familiari siano
o meno sufficienti la domanda di assegno per il nucleo familiare (MOD
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ritualità e alla tempestività delle indicate richieste istruttorie, nonché alla
loro decisività (Cass., ord. 30 luglio 2010, n. 17915).

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R.G. n. 18137/09
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ANF/DIP) debitamente compilato in ogni sua parte, comprensiva della
dichiarazione di responsabilità del richiedente (quadro E) e del coniuge
(quadro F.), entrambe debitamente sottoscritte e il certificato di stato di
famiglia o, in sostituzione di questo, una dichiarazione sostitutiva
dell’atto di notorietà ex art. 4 legge n. 15/1968)”.
5. Con il quinto motivo denuncia la mancanza e l’insufficienza della
motivazione sempre con riferimento alla contestazione relativa agli
assegni nucleo familiare. Lamenta infatti che la corte territoriale ha
ritenuto “non sufficientemente signcative’ i documenti prodotti dal
ricorrente e attestanti l’avvenuto pagamento degli assegni, tutto ciò senza
specificare quale documentazione fosse mancante o incompleta. Il
motivo si conclude con il seguente quesito: “dica il Collegio adito se
possa ritenersi o meno esente dai vizi di cui all’art. 360, n. 5 c.p.c. una
sentenza che, mentre non specifica quali siano le mancanze e o le
irregolarità accertate nell’iter procedimentale seguito per l’erogazione
degli assegni familiari, né indica le nonne applicate e quelle che si
ritenuto essere state violate, ritenga illegittima l’erogazione stessa”.
4.5. Il quarto e quinto motivo si affrontano congiuntamente, in quanto
connessi sotto il profilo logico, e sono fondati. La corte territoriale non
ha dato affatto conto di aver esaminato e vagliato la documentazione
prodotta dalla ricorrente in primo grado (doc. da n. 3 a 22 produzione di
primo grado) e in appello, e in particolare la consulenza tecnica di parte,
redatta dal ragioniere Giuseppe Santilli (e trascritta per la parte che qui
interessa, questa volta nel pieno rispetto del principio di autosufficienza
del ricorso per cassazione), da cui risultano le somme corrisposte mese
per mese ai dipendenti a titolo di assegni nucleo familiare e si dà atto
della esistenza di idonea documentazione, comprovante il diritto alla loro
erogazione, nonché della corrispondenza delle somme su indicate con
quelle che risultano come effettivamente corrisposte nelle buste paga,
pure prodotte in giudizio, e delle quali non vi è cenno nella sentenza
impugnata.
4.5.1. La motivazione sul punto è, invero, meramente apparente, non
essendo state illustrate le ragioni per le quali il giudice del merito ha
ritenuto che “nessuna documentazione significativa” fosse stata prodotta,
senza peraltro specificare quale fosse la documentazione “non
significativa”, se cioè quella relativa a comprovare il diritto dei lavoratori
all’assegno nucleo familiare, oppure quella inerente all’effettiva
corresponsione delle relative somme da parte della società opponente, e
ciò a fronte di una puntuale contestazione della ricorrente, che oltre ad
aver specificamente dedotto di aver corrisposto gli assegni per gli importi

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Udienza 17 giugno 2014
RG. n. 18137/09
Machivi Costruzioni s.r.l. c/ INPS

Sul punto la sentenza merita di essere cassata, con rinvio alla stessa corte
d’appello la quale dovrà valutare e motivare in ordine a tale aspetto della
controversia.
6. – Con il sesto motivo la società denuncia la violazione e falsa
applicazione della normativa legale in materia di liquidazione e
conguaglio dell’indennità di malattia. In particolare, lamenta che la corte
ha escluso il conguaglio in quanto l’indennità di malattia è stata
corrisposta in assenza di idonea certificazione, così cadendo in errore
circa la disponibilità della detta certificazione da parte del datore di
lavoro, al quale viene solo inviata l’attestazione di malattia con
l’indicazione dell’inizio e della durata della presunta malattia, mentre il
certificato è inviato all’INPS, e che nel corso del giudizio aveva più volte
chiesto l’acquisizione della detta certificazione. Chiede pertanto che la
Suprema corte dica “se in base alla normativa che regola l’erogazione
delle indennità economiche di malattia la mancanza dell’attestazione
rilasciata dal medico curante precluda l’erogazione dell’indennità stessa,
ove il prestatore abbia provveduto a rimettere all’Inps la relativa
certificazione ed il diritto del datore di provvedere al relativo
conguaglio”; “dica ancora il Collegio adito se in base alla normativa
che regola la erogazione delle indennità economiche di malattia la
“certificazione di malattia” debba essere consegnata e custodita dal
datore di lavoro o piuttosto dall’INPS’
6.1. — Il motivo è inammissibile dal momento che la parte non indica,
serpe nel rispetto del principio di autosufficienza del ricorso per
cassazione, dove e quando la richiesta di acquisizione presso l’Inps delle
certificazioni di malattia de quibus sarebbe stata reiterata in appello, né
trascrive gli esatti termini di tale richiesta. L’inammissibilità deriva altresì
dal non aver la parte indicato, sempre in adempimento del principio di
autosufficienza, dove e quando le atetazioni di malattia sarebbero state
prodotte nel giudizio di merito, né ne trascritto il contenuto, e ciò a fronte
di una motivazione della sentenza che ha escluso il diritto al conguaglio a
causa dell’inidoneità della documentazione prodotta ad attestare il
7

ed i periodi indicati e riscontrabili nelle buste-paga prodotte giudizio,
nonché di avere riconosciuto i detti assegni sulla base di documenti
(quale la domanda di assegno – con le dichiarazioni di responsabilità del
ricorrente, del coniuge, il certificato di famiglia o una dichiarazione
sostitutiva di atto di notorietà), ha offerto ampia documentazione a
sostegno di tale assunto, come risulta dalle buste-paga prodotte in causa e
dalla relazione del consulente di parte.

Udienza 17 giugno 2014
R.G. n. 18137/09
Macliivi Costruzioni s.r.l. o/ INPS

7. – Con il settimo motivo, la Machivi s.r.l. denuncia la violazione e la
falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., nonché vizio di motivazione,
asserendo che, fin dal giudizio di primo grado, aveva allegato che dal
modello F24 risultava che la società aveva versato i contributi relativi al
mese di luglio 1997 presso la Banca popolare di Ancona- Filiale di
Angri, e lamentando che la motivazione della corte territoriale, secondo
cui “non appariva certo” che dal modello F. 24 si evincesse la prova del
pagamento, era del tutto insufficiente.
7.1. Anche questo motivo difetta di autosufficienza perché la ricorrente
non trascrive il detto documento, che si assume pure quietanzato, non
indica dove e quando sarebbe stato prodotto e dove sarebbe attualmente
rinvenibile, e neppure in che modo l’ente previdenziale non ne avrebbe
contestato la valenza probatoria, nel senso dell’avvenuto pagamento.

Con l’ottavo motivo la società denuncia la violazione e la falsa
applicazione della legge n. 389/1989, nonché del d.l. 23 giugno 1995, n.
244 convertito con modificazioni nella legge 8 agosto 1995, n.34, e del
C.C.N.L. per i dipendenti delle imprese edili e affini. La società assume
che la sentenza, ignorando gli errori di calcolo e di impostazioni
contenuti nel verbale di accertamento e puntualmente evidenziati da essa
ricorrente, ha acriticamente avallato le richieste dell’INPS, ritenendo
provata la violazione dell’art. 1 della legge n. 389/1989, nonché la
violazione dell’art. 29 del di. n. 244/1995, in base al quale i lavoratori
edili sono tenuti a calcolare la contribuzione previdenziale assistenziale
su una retribuzione minima commisurata al numero di ore settimanali
non inferiori all’orario di lavoro normale stabilito dai contratti collettivi,
con esclusione delle assenze per malattia, infortuni, scioperi, sospensioni
o riduzioni dell’attività lavorativa l’intervento della CIGS, o di altri eventi
indennizzati.
8.

9. Con il nono motivo la società censura la sentenza per le stesse ragioni
su esposte, dedotte tuttavia sotto il profilo della mancanza, insufficienza
e contraddittorietà della motivazione e chiede che la Corte dica “se possa
ritenersi o meno esente da vizi di cui all’art.360, n. 5 c.p.c. una sentenza
che ritenga violata la normativa in materia di cosiddetto minimale
contributivo e di retribuzioni virtuali nel settore edilizio senza indicare in
che cosa si sarebbe concretizzato il mancato rispetto della contrattazione
collettiva di settore e senza valutare se le ipotesi di sospensione della

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periodo di malattia relativamente ai dipendenti Livello Carlo e Livello
Giuseppe.

Udienza 17 giugno 2014
R.G. n. 18137/09
Machivi Costruzioni s.r.l. e/ INPS

prestazione previste da determinati istituti contrattuali siano rilevanti ai
fini del calcolo dei contributi dovuti”.

8.9.1. – La ricorrente non ha allegato né trascritto il C.C.N.L. di
riferimento, nonché la documentazione che si assume prodotta e che
contrasterebbe la quantificazione delle retribuzioni e delle collegate
omissioni fatta dall’Istituto e recepita nella sentenza impugnata. La
consulenza tecnica di parte del ragionier Santilli non è stata trascritta in
parte qua. Inoltre, il motivo di ricorso fa riferimento a situazioni
specifiche, quali quelle dei lavoratori Monetti ed Eufrate, senza che di
tali posizioni vi sia menzione nella sentenza impugnata e senza che della
detta questione si indichi quando e come essa sia entrata nel giudizio di
merito. Si tratta in ogni caso di accertamenti in fatto che trascendono i
limiti del giudizio di legittimità.
8.9.2. – Anche la questione relativa ai r.o.l. è una questione strettamente
di fatto, della quale la ricorrente non indica il momento e il luogo della
sua introduzione nel giudizio di merito, con la conseguenza che ne deve
essere rilevata l’inammissibilità in questa sede. In proposito, la ricorrente
assume di aver chiesto prova testimoniale, ma non specifica quando essa
sarebbe stata reiterata nel giudizio di appello. Non sussiste pertanto
neppure il denunciato vizio motivazionale.
8.9.3. – Peraltro, i quesiti di diritto appaiono generici, poiché si risolvono
in astratte richieste di affermazioni di regole di diritto che non sono
decisive ai fini del giudizio, non emergendo dalla sentenza impugnata la
specifica questione dei lavoratori per i quali vi era un esonero totale dalla
contribuzione, dell’orario di lavoro previsto dal C.C.N.L., dei permessi
retribuiti individuali, dei periodi di ferie.
10.- Con il decimo motivo la società censura la sentenza per violazione e
falsa applicazione degli artt. 116 legge 12 dicembre 2000, n. 388, degli
artt. 11 e seguenti delle preleggi e degli art. 132,115, e 437, e conclude il
motivo con il seguente quesito di diritto: “Dica il Collegio adito se debba
essere riconosciuta l’applicabilità del disposto di cui al comma 80
dell’art. 116 della legge n. 388/2000, che contiene le disposizioni
agevolative in materia di sanzioni per l’omissione contributiva totale e
parziale, anche alle ipotesi di violazioni relative a periodi precedenti
all’entrata in vigore della legge stessa purché relativi a procedimenti di
recupero in corso a tale data. Dica il collegio adito se riconosciuta
9

8.9. — Entrambi i motivi, che si esaminano congiuntamente stante la loro
logica connessione, sono inammissibili per inosservanza dei principi di
autosufficienza.

Udienza 17 giugno 2014
R.G. n. 18137/09
Maehivi Costruzioni s.r.l. ci INPS

l’applicabilità del disposto di cui al comma 8° dell’art. 116 legge citata
ad una determinata fattispecie, il giudice adito sia tenuto a decidere sul
punto dichiarando la illegittimità delle sanzioni applicate e disponendo
la conseguente riduzione delle stesse nei limiti di legge”.

-L’inammissibilità deriva dal fatto che la parte non specifica
l’errore di diritto l’imputato alla sentenza, ovvero quali siano le
affermazioni contenute in sentenza in contrasto con le norme regolatici
della fattispecie e con l’interpretazione delle stesse fornita dalla
giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, ma si limita alla
trascrizione pressoché integrale del capo della sentenza in questione,
senza enunciare in che cosa consisterebbe la violazione di legge, così
violando i criteri elaborati dalla giurisprudenza di questa Corte secondo
cui “Il vizio della violazione e falsa applicazione della legge di cui
all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., giusta il disposto di cui
all’art. 366, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., deve essere, a pena
d’inammissibilità, dedotto non solo con l’indicazione delle norme di
diritto asseritamente violate ma anche mediante la specifica indicazione
delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata che
motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della
fattispecie e con l’interpretazione delle stesse fornita dalla
giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, così da
prospettare criticamente una valutazione comparativa _fra opposte
soluzioni, non risultando altrimenti consentito alla S. C. di adempiere al
proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata
violazione” (v. Cass., 26 giugno 2013, n. 16038; Cass., 28 febbraio 2012,
n. 3010).
11. – In definitiva, il ricorso deve essere accolto limitatamente al quarto
al quinto motivo di ricorso e, per l’effetto, la sentenza impugnata
dev’essere cassata limitatamente ai detti motivi ed il giudizio deve essere
rinviato alla Corte d’appello di Salerno, in diversa composizione, perché
provveda alla soluzione della controversia nei termini sul precisati,
nonché alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quarto e il quinto motivo di ricorso e rigetta gli altri;
cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia anche
per le spese alla Corte d’appello di Salmo, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, 17 giugno 2014
unte
Il

103. – Questo motivo è inammissibile.

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