Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21517 del 25/10/2016


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Cassazione civile sez. I, 25/10/2016, (ud. 10/03/2016, dep. 25/10/2016), n.21517

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Presidente –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

R.A., in proprio e nella qualità di liquidatore p.t.

della IDEA MODA S.R.L. in liquidazione, elettivamente domiciliato in

Roma, alla via dei Gracchi n. 187, presso l’avv. GIOVANNI MAGNANO DI

SAN LIO, unitamente all’avv. GIUSEPPE MUSCARELLA, dal quale è

rappresentato e difeso in virtù di procura speciale a margine del

ricorso;

– ricorrenti –

contro

UNICREDIT S.P.A., rappresentata dall’avv. G.M., in virtù di

procura per notaio B.A. del (OMISSIS), rep. n. (OMISSIS),

elettivamente domiciliata in Roma, alla via G. Antonelli n. 4,

presso l’avv. DANILO LOMBARDO, unitamente agli avv. UGO MONTEROSSO e

TITO MONTEROSSO, dai quali è rappresentata e difesa in virtù di

procura speciale per notaio S.U. del (OMISSIS), rep. n.

(OMISSIS);

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza della Corte di Appello di Catania n. 376/10,

pubblicata il 20 aprile 2010;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10

marzo 2016 dal Consigliere dott. Guido Mercolino;

udito l’avv. Magnano di San Lio per delega del difensore dei

ricorrenti e l’avv. Voltaggio per delega del difensore della

controricorrente;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale dott. CAPASSO Lucio, il quale ha concluso per il rigetto di

entrambi i ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. – L’Idea Moda S.r.l. in liquidazione, già intestataria di un conto corrente presso l’Agenzia di (OMISSIS) del Banco di Sicilia S.p.a., convenne in giudizio quest’ultimo, per sentirlo condannare al pagamento della somma di Euro 404.012,34, a titolo di risarcimento dei danni per aver omesso di verificare le sottoscrizioni, risultate apocrife, apposte su richieste di bonifico e assegni, per aver omesso di riportare nelle richieste di bonifico i dati identificativi dell’ordinante e dell’autore dell’operazione, in violazione della normativa antiriciclaggio, e per aver consentito l’effettuazione di operazioni da parte di A.L., nonostante la stessa fosse sprovvista di delega dell’amministratore della società.

Si costituì la Banca e resistette alla domanda, chiedendo autorizzarsi la chiamata in causa di R.A., amministratore dell’Idea Moda, al fine di esercitare, in via surrogatoria, azione di responsabilità nei confronti dello stesso, ai sensi degli artt. 2392 e 2395 c.c..

Autorizzata la chiamata in causa, si costituì il R., chiedendo il rigetto della domanda avanzata nei suoi confronti.

1.1. – Con sentenza del 23 novembre 2006, il Tribunale di Catania accolse la domanda, dichiarando la responsabilità contrattuale della Banca e, ai sensi dello art. 1227 c.c., comma 1, il concorso colposo del R., nella misura del 50%, condannando il Banco di Sicilia al pagamento della somma di Euro 197.874.51, oltre interessi e rivalutazione, e rigettando la domanda di rivalsa proposta dal Banco nei confronti del R..

2. – L’impugnazione proposta dal Banco di Sicilia è stata parzialmente accolta dalla Corte d’Appello di Catania, che con sentenza del 20 aprile 2010 ha rideterminato la somma dovuta in Euro 11.704,24, oltre rivalutazione ed interessi, rigettando il gravame incidentale proposto dall’Idea Moda.

Premesso che gli appellati, pur avendo negato che la L. fosse stata specificamente incaricata di effettuare operazioni bancarie per conto della società, non avevano contestato che essa era stata presentata al responsabile operativo ed al personale dipendente dell’Agenzia di (OMISSIS) quale addetta alla contabilità e persona di fiducia che avrebbe curato i rapporti con la Banca, la Corte ha ritenuto che tale circostanza non fosse sufficiente a giustificare l’inosservanza delle norme di legge e di diligenza da parte degli operatori del Banco di Sicilia, osservando che questi ultimi, ove avessero controllato le sottoscrizioni apposte sugli assegni e le richieste di bonifico, ne avrebbero potuto agevolmente constatare la evidente difformità da quelle contenute nello specimen. Ha ritenuto pertanto giustificata l’affermazione della responsabilità della Banca, anche per aver accettato bonifici compilati in modo irregolare, escludendo l’operatività della decadenza prevista dall’art. 1832 c.c., in quanto la mancata contestazione degli estratti conto non impedisce di far valere l’invalidità o l’inefficacia dei rapporti da cui derivano gli addebiti e gli accrediti.

La Corte ha inoltre confermato che alla negligenza della Banca aveva fatto riscontro quella della società e del suo amministratore, rilevando che quest’ultimo aveva omesso di controllare gli estratti conto inviatigli periodicamente e di custodire diligentemente i libretti di assegni, nonchè di esercitare qualsiasi controllo sui dipendenti e sulla contabilità della società; precisato infatti che le operazioni contestate, d’importo rilevante, risultavano annotate nella contabilità ufficiale ed approvate nei bilanci, ha osservato che un’adeguata vigilanza avrebbe consentito al R. di accorgersi delle anomalie riscontrate fin dall’emissione del primo assegno e di evitare il notevole ammanco verificatosi successivamente. Ha ritenuto pertanto inapplicabile l’art. 1227 c.c., comma 1, richiamando invece il secondo comma. e liquidando il danno in misura pari all’importo del primo assegno; ha invece rigettato, per mancanza di prova, la domanda di risarcimento del lucro cessante, riproposta con l’appello incidentale.

3. – Avverso la predetta sentenza l’Idea Moda ed il R. hanno proposto ricorso per cassazione, articolato in due motivi, illustrati anche con memoria. Ha resistito con controricorso l’Unicredit S.p.a., in qualità di avente causa dal Banco di Sicilia, cui è succeduta a seguito di fusione per incorporazione con atto per notaio Ga.An. del (OMISSIS), rep. n. (OMISSIS), proponendo a sua volta ricorso incidentale, articolato in sette motivi, ed anch’esso illustrato con memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Preliminarmente, deve escludersi che, come sostenuto dalla difesa della controricorrente nella memoria depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c., la cancellazione dell’Idea Moda dal registro delle imprese, intervenuta ai sensi dello art. 2490 c.c., u.c., in epoca successiva alla proposizione del ricorso per cassazione, abbia comportato, con l’estinzione della società, il venir meno dell’interesse alla decisione.

In proposito, va infatti richiamato il principio, enunciato dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui, qualora alla cancellazione dal registro delle imprese, che determina l’estinzione della società, non abbia fatto riscontro il venir meno di ogni rapporto giuridico facente capo alla stessa, si determina un fenomeno successorio, in virtù del quale a) le obbligazioni non si estinguono, ma si trasferiscono ai soci, i quali ne rispondono, nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente, a seconda che, pendente societate, fossero limitatamente o illimitatamente responsabili per i debiti sociali, b) i diritti e i beni non compresi nel bilancio di liquidazione si trasferiscono ai soci, in regime di contitolarità o comunione indivisa; c) restano escluse da tale vicenda le mere pretese, ancorchè azionate o azionabili in giudizio, ed i crediti ancora incerti o illiquidi, la cui inclusione in detto bilancio avrebbe richiesto un’attività ulteriore (giudiziale o extragiudiziale), in quanto il mancato espletamento di tale attività da parte del liquidatore consente di ritenere che la società vi abbia rinunciato, con conseguente cessazione della materia del contendere (cfr. Cass., Sez. Un., 12 marzo 2013, n. 6070 e 6071; Cass., Sez. I, 24 dicembre 2015, n. 25974).

In applicazione di tale principio, deve escludersi nella specie la possibilità di ricollegare all’estinzione della società il venir meno dell’interesse alla decisione, non solo perchè la cancellazione ha avuto luogo a seguito della mancata presentazione del bilancio di liquidazione, con la conseguente difficoltà di distinguere tra i diritti trasferiti ai soci e quelli destinati all’estinzione, ma anche e soprattutto per l’impossibilità di ravvisare l’inerzia del liquidatore, alla cui iniziativa si deve l’instaurazione e la prosecuzione del giudizio fino alla presente fase.

2. – Con il primo motivo del ricorso principale, l’Idea Moda ed il R. denunciano la violazione dell’art. 112 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, osservando che la sentenza impugnata non ha esaminato il motivo di appello incidentale con cui era stata dedotta l’omessa pronuncia della sentenza di primo grado in ordine alla responsabilità extracontrattuale della Banca, fatta valere, con l’atto di citazione in primo grado, unitamente a quella contrattuale.

2.1. – Il motivo è infondato.

La natura processuale del vizio lamentato consente di procedere all’esame diretto degli atti di causa, dal quale si evince che, come riconosciuto dagli stessi ricorrenti la pretesa risarcitoria avanzata nei confronti del Banco di Sicilia era fondata su due distinte causae petendi, costituite rispettivamente dall’inadempimento degli obblighi inerenti al servizio prestato in esecuzione del contratto di conto corrente e dall’inosservanza dei canoni di diligenza, perizia ed accortezza ricollegabili al principio generale neminem laedere. In quanto proposta in via alternativa rispetto a quella fondata sul contratto, la domanda di risarcimento per responsabilità extracontrattuale è rimasta assorbita dall’accoglimento della stessa, la cui conferma in appello impedisce di ravvisare un difetto di pronuncia, pur in mancanza di una specifica statuizione in ordine al motivo di gravame avente ad oggetto la sua riproposizione: il vizio in questione postula infatti la mancanza di una decisione da parte del giudice in ordine ad una domanda che, ritualmente ed incondizionatamente proposta, richieda una pronuncia di accoglimento o di rigetto, e non è pertanto configurabile, pur in assenza di una specifica argomentazione, in relazione ad una questione implicitamente o esplicitamente assorbita in altre statuizioni della sentenza (cfr. Cass., Sez. lav., 26 gennaio 2016, n. 1360; Cass., Sez. V, 20 febbraio 2015, n. 3417; Cass., Sez. 3, 11 gennaio 2006. n. 264).

3. – Logicamente prioritario rispetto all’esame del secondo motivo risulta poi quello del primo motivo del ricorso incidentale, con cui l’Unicredit lamenta la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1188 c.c., comma 2, nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, sostenendo che, nel dichiarare la responsabilità del Banco di Sicilia, la sentenza impugnata non ha considerato che le operazioni contestate erano state riportate dall’amministratore nei bilanci dell’Idea Moda relativi agli anni (OMISSIS). la cui approvazione da parte dei soci ne aveva comportato la ratifica.

3.1. – Il motivo è infondato.

Com’è noto, infatti, la funzione del bilancio consiste nell’informare i soci e i terzi dell’attività svolta dagli amministratori attraverso la rappresentazione contabile dello stato patrimoniale della società e dei risultati economici della gestione: la relativa delibera di approvazione, non traducendosi nell’approvazione dei singoli atti gestori, non è quindi configurabile come ratifica tacita degli atti giuridici posti in essere da un soggetto che abbia agito in qualità di rappresentante della società senza averne i poteri o eccedendo i limiti delle facoltà conferitegli, a meno che non risulti accertata univocamente, al di là della mera approvazione, la volontà specifica, nella specie neppure prospettata, di far proprio l’atto posto in essere dal falsus procurator (cfr. Cass., Sez. 1, 13 marzo 2013, n. 6220; 9 giugno 2004, n. 10895; 9 dicembre 1983, n. 7296).

4. – Prioritario, rispetto all’esame delle altre censure, è anche quello del quarto motivo del ricorso incidentale, con cui la controricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1176,1335,1375,1832 e 1857 c.c., nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, sostenendo che, nell’accogliere la domanda, la sentenza impugnata non ha tenuto conto dell’avvenuta proposizione della stessa a circa due anni di distanza dalla segnalazione delle operazioni irregolari e della mancata contestazione degli estratti conto trasmessi all’Idea Moda nel termine di sei mesi dalla ricezione degli stessi.

4.1. Il motivo è in parte infondato, in parte inammissibile.

La mancata contestazione degli estratti conto da parte della società attrice è stata correttamente ritenuta irrilevante dalla Corte di merito, in applicazione del principio, costantemente ribadito dalla giurisprudenza di legittimità in tema di conto corrente. secondo cui l’approvazione tacita dell’estratto conto, ai sensi dello art. 1832 c.c., ha la limitata funzione di certificare la verità storica dei dati nello stesso riportati, ivi compresa l’esistenza degli ordini e delle disposizioni del correntista menzionati come causali di determinate annotazioni, e preclude pertanto qualsiasi contestazione in ordine alla conformità delle singole annotazioni ai rapporti obbligatori dai quali derivano gli accrediti e gli addebiti (salva l’impugnazione per errori, omissioni e duplicazioni di carattere formale), ma non impedisce al correntista di far valere l’invalidità o l’inefficacia dei predetti rapporti (cfr. Cass., Sez. 1, 14 febbraio 2011, n. 3574; 19 marzo 2007, n. 6514; 18 maggio 2006, n. 11749).

Nel censurare la predetta affermazione, la controricorrente non è in grado di addurre argomenti idonei a giustificare una rimeditazione del citato orientamento, ma si limita a ribadire la contrarietà alla buona fede del comportamento tenuto dalla società attrice, già fatta valere in appello, evidenziando l’ulteriore ritardo con cui è stata proposta l’azione in giudizio, rispetto alla scadenza del termine previsto dall’art. 1832 c.p.c., senza tuttavia considerare che, in assenza di un comportamento colposo della società attrice idoneo ad ingenerare nel Banco di Sicilia la convinzione che essa avesse inteso ratificare le operazioni compiute in suo nome dal dipendente sfornito di poteri rappresentativi, il mero intervallo di tempo trascorso dalla ricezione degli estratti conto, anche se accompagnato dalla buona fede del Banco, non avrebbe potuto essere considerato sufficiente ad escludere la responsabilità di quest’ultimo per l’inadempimento degli obblighi derivanti dal contratto di conto corrente.

5. – Con il secondo motivo del ricorso principale, l’Idea Moda ed il R. denunciano l’insufficienza e la contraddittorietà della motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, sostenendo che, nell’affermare la loro concorrente responsabilità, la sentenza impugnata ha omesso di accertare il nesso di causalità con l’evento dannoso, non avendo tenuto conto del rapporto esistente tra i dipendenti del Banco di Sicilia ed il loro datore di lavoro, del mancato controllo degli assegni e delle richieste di bonifico e dell’evidenza della falsificazione delle relative firme. Nel porre in risalto il comportamento da loro tenuto, la Corte di merito non ha considerato che, avendo affidato la contabilità alla L., essi ricorrenti si erano limitati a verificare i saldi dei bilanci, astenendosi dal controllare le singole voci, peraltro abilmente modificate dalla dipendente.

– Le predette censure vanno esaminate congiuntamente a quelle proposte con il secondo motivo del ricorso incidentale, con cui l’Unicredit lamenta la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1227 c.c., comma 2, nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, affermando che, nel dichiarare la responsabilità del Banco di Sicilia, la sentenza impugnata non ha considerato che l’evento dannoso era stato determinato esclusivamente dal comportamento doloso o gravemente colposo del R., che. in qualità di amministratore dell’Idea Moda, aveva omesso di custodire i libretti degli assegni e di seguire con diligenza la contabilità della società.

7. I due motivi sono in parte inammissibili, in parte infondati.

Ai tini dell’individuazione delle cause del danno, la Corte di merito ha tenuto opportunamente conto sia della condotta dei dipendenti del Banco di Sicilia che di quella degli organi della società attrice, osservando che la lamentata sottrazione di somme dal conto corrente intestato alla stessa avrebbe potuto essere impedita da una puntuale verifica delle sottoscrizioni apposte sugli assegni e sulle richieste di bonifico, nonchè della regolare compilazione dei bonifici accettati, imposta dalle norme di legge e dai canoni di diligenza che presidiano il regolare svolgimento dell’attività bancaria, ma aggiungendo che il pregiudizio avrebbe potuto essere almeno in parte evitato mediante una diligente custodia dei libretti di assegni e un adeguato controllo degli estratti conto periodicamente trasmessi dal Banco, nonchè della contabilità e dell’operato dei dipendenti della società, incombenti allo amministratore nell’esercizio delle sue funzioni.

Nel contestare tale apprezzamento, le parti non sono in grado d’individuare le lacune argomentative o le carenze logiche del ragionamento seguito dalla sentenza impugnata, ma si limitano ad insistere sulla rilevanza di elementi già presi in considerazione dalla Corte territoriale, in tal modo dimostrando di voler sollecitare, attraverso l’apparente denuncia del vizio di motivazione, una nuova valutazione dei fatti, non consentita a questa Corte, alla quale non spetta il compito di riesaminare il merito della controversia, ma solo quello di controllare la correttezza giuridica e la coerenza logica delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale competono, in via esclusiva, l’individuazione delle fonti del proprio convincimento, il controllo della loro attendibilità e concludenza e la scelta, tra le complessive risultanze del processo, di quelle maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi (cfr. Cass., Sez. I, 4 novembre 2013, n. 24679; Cass.. Sez. 5, 16 dicembre 2011, n. 27197; Cass., sez. lav., 18 marzo 2011, n. 6288).

Inconferente risulta poi il richiamo dei ricorrenti ai principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di responsabilità indiretta del datore di lavoro per l’illecito commesso dai suoi dipendenti, ed in particolare al nesso di occasionalità necessaria tra il comportamento di questi ultimi e lo svolgimento delle mansioni loro affidate, che giustifica l’affermazione della responsabilità di cui all’art. 2049 c.c. anche nel caso in cui il fatto dannoso non sia ricollegabile direttamente alle predette mansioni, ma sia stato reso possibile o comunque agevolato dal loro esercizio (cfr. Cass., Sez. 6, 15 ottobre 2015, n. 20294; Cass., Sez. lav., 25 marzo 2013, n. 7403; Cass., Sez. 3, 12 marzo 2008, n. 6632): tale rapporto nella specie non viene in alcun modo in considerazione, non essendo mai stato posto in discussione che il controllo degli assegni e dei bonifici, alla cui negligente effettuazione la Corte di merito ha ricollegato la sottrazione delle somme dal conto corrente, rientrasse direttamente nelle incombenze dei dipendenti del Banco. Tale collegamento. sul quale la sentenza impugnata ha implicitamente fondato la responsabilità del Banco, conformemente al disposto dell’art. 1228 c.c., non può assumere alcun rilievo ai fini dell’esclusione del concorso della società attrice nell’aggravamento del danno, che trova invece giustificazione nella condotta del suo amministratore, non improntata alla diligenza dovuta nell’adempimento dei doveri inerenti alla sua carica.

8. Con il terzo motivo del ricorso incidentale, la controricorrente ribadisce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1227 c.c., comma 2, nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, osservando che, nel condannare il Banco di Sicilia al risarcimento, la Corte di merito non ha considerato che, come dichiarato dal R. ai funzionari del Banco e precisato in un atto di precetto a quest’ultimo notificato, la società aveva recuperato almeno in parte le somme sottratte.

8.1. – Il motivo è inammissibile, per difetto di specificità.

Ai fini della liquidazione del danno, la sentenza impugnata ha tenuto infatti conto dell’aggravamento determinato dalla condotta dell’amministratore della società attrice, affermando che, ove quest’ultimo avesse usato l’ordinaria diligenza nella custodia dei libretti degli assegni e nel controllo della contabilità e dell’operato dei dipendenti, il pregiudizio sarebbe stato limitato alla perdita determinata dalla prima operazione: ha conseguentemente riconosciuto alla società attrice un risarcimento di Lire 22.662.567, pari all’importo sottratto dal conto corrente mediante un assegno emesso il (OMISSIS), escludendo il diritto al ristoro dei danni derivanti dalle operazioni successive. Nel contestare tale liquidazione, la controricorrente si limita ad affermare che il pregiudizio derivante dalla predetta operazione è interamente coperto dalla somma di Euro 62.491,28, recuperata dalla società attrice nel corso del giudizio, omettendo tuttavia di precisare se tale importo comprenda anche quello sottratto mediante l’emissione dell’assegno indicato, ovvero si riferisca ad operazioni successive, la cui esclusione dal calcolo del risarcimento renderebbe irrilevante l’avvenuto recupero.

9. Con il quinto motivo, l’Unicredit deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2395 c.c. e dell’art. 112 c.p.c., nonchè l’omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia, rilevando che la sentenza impugnata ha omesso di pronunciare in ordine al motivo di appello con cui il Banco di Sicilia aveva riproposto l’azione di responsabilità avanzata in primo grado nei confronti del R., in dipendenza del comportamento doloso o gravemente colposo da lui tenuto nell’amministrazione della società, ed in particolare della mancata custodia dei libretti degli assegni e dell’omesso controllo della contabilità sociale.

10. – La predetta censura dev’essere esaminata congiuntamente a quella proposta con il sesto motivo, con cui la controricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione degli artt. 2392 e 2395 c.c., nonchè l’omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia, ribadendo che la sentenza impugnata ha omesso di pronunciare in ordine all’azione di responsabilità proposta nei confronti del R. con l’atto di chiamata in causa, e riproposta con l’atto di appello.

11. – I predetti motivi sono fondati.

L’Unicredit ha infatti provveduto a trascrivere puntualmente nel ricorso il ventesimo ed il ventunesimo motivo di appello, con cui aveva censurato la sentenza di primo grado, nella parte in cui aveva rigettato la domanda di rivalsa da essa avanzata nei confronti dell’amministratore della società attrice: tali censure, proposte in via subordinata rispetto a quelle concernenti l’affermazione della responsabilità del Banco di Sicilia, sono state erroneamente ritenute assorbite dal parziale accoglimento di queste ultime, il quale non ha condotto all’esclusione della predetta responsabilità, e quindi al rigetto della domanda principale, ma solo ad una riduzione dell’importo liquidato a titolo di risarcimento, con la conseguenza che non poteva ritenersi cessato l’interesse della controricorrente ad una decisione nel merito della domanda di rivalsa.

12. – La sentenza impugnata va pertanto cassata, nei limiti segnati dall’accoglimento del quinto e del sesto motivo del ricorso incidentale, restando assorbito il settimo motivo, con cui la controricorrente ha lamentato la violazione e la falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., censurando la sentenza impugnata nella parte concernente il regolamento delle spese processuali.

Non risultando necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., u.c., con il rigetto della domanda di rivalsa.

Tale domanda non trova infatti fondamento nella responsabilità solidale del R. per la causazione dell’evento dannoso, peraltro neppure affermata dalla sentenza impugnata, la quale ha espressamente escluso il concorso di colpa dello amministratore, ai sensi dell’art. 1227 c.c., comma 1, ricollegando al suo comportamento esclusivamente l’aggravamento del danno, ai sensi del comma 2 medesima disposizione, con statuizione non validamente censurata dall’Unicredit; essa si ricollega invece agli artt. 2392 e 2395 c.c., espressamente richiamati dalla controricorrente, avendo la sua causa petendi nel pregiudizio patrimoniale cagionato alla società attrice dall’inadempimento degli obblighi incombenti al terzo chiamato in qualità di amministratore. In quanto volta alla reintegrazione del patrimonio della società danneggiato dalla violazione dei predetti obblighi, e subordinata ad una deliberazione dell’assemblea dei soci o del collegio sindacale, l’azione prevista dall’art. 2392 c.c. non può peraltro essere esercitata da un terzo, spettando la relativa legittimazione esclusivamente alla società, e non essendo stata neppure dedotta, nella specie, l’esistenza di un credito della controricorrente nei confronti dell’Idea Moda, idoneo a legittimare la proposizione della domanda in via surrogatoria, ai sensi dell’art. 2900 c.c., richiamato dalla difesa dell’Unicredit. Quanto invece all’azione di cui all’art. 2395 c.c., spettante anche al terzo danneggiato da atti colposi o dolosi degli amministratori, l’esercizio della stessa presuppone che il danno subito dall’attore non costituisca il mero riflesso del pregiudizio che abbia colpito la società, ma una conseguenza diretta ed immediata del comportamento denunciato, nella specie neppure prospettata (cfr. Cass., Sez. 1, 10 aprile 2014, n. 8458; 22 marzo 2010, n. 6870; 3 aprile 2007, n. 8359).

13. – La reciproca soccombenza delle parti e la complessità delle questioni trattate giustificano la dichiarazione dell’integrale compensazione delle spese dei tre gradi di giudizio.

PQM

La Corte rigetta il ricorso principale ed il primo, il secondo ed il quarto motivo del ricorso incidentale, dichiara inammissibile il terzo motivo del ricorso incidentale, accoglie il quinto ed il sesto motivo, dichiara assorbito il settimo motivo, cassa la sentenza impugnata, in relazione ai motivi accolti, e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta dal Banco di Sicilia S.p.a. nei confronti di R.A.; dichiara interamente compensate tra le parti le spese dei tre gradi di giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 10 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 25 ottobre 2016

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