Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21514 del 27/07/2021

Cassazione civile sez. III, 27/07/2021, (ud. 04/03/2021, dep. 27/07/2021), n.21514

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 6556 del ruolo generale dell’anno 2018

proposto da:

A.E., titolare della Farmacia M. di San Giorgio a

Cremano, (P.I.: (OMISSIS)), rappresentata e difesa, giusta procura a

margine del ricorso, dall’avvocato Giuseppe Mauriello, (C.F.:

MRLGPP54R21F912S);

– ricorrente –

nei confronti di:

ASL NAPOLI (OMISSIS) CENTRO, (C.F.: non indicato), in persona del

legale rappresentante pro tempore;

BANCO DI NAPOLI S.p.A., (C.F.: non indicato), in persona del legale

rappresentante pro tempore;

– intimati –

per la cassazione della sentenza del Tribunale di Napoli n. 268/2018,

pubblicata in data 11 gennaio 2018;

udita la relazione sulla causa svolta alla Camera di consiglio del 4

marzo 2021 dal Consigliere Dott. Augusto Tatangelo.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

A.E., sulla base di un titolo esecutivo di formazione giudiziale, ha pignorato i crediti della ASL Napoli (OMISSIS) Centro nei confronti del suo tesoriere Banco di Napoli S.p.A..

Quest’ultimo ha reso una dichiarazione di quantità ritenuta negativa dal giudice dell’esecuzione, che ha di conseguenza dichiarato l’improcedibilità dell’esecuzione.

La A. ha proposto opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell’art. 617 c.p.c., avverso il provvedimento del giudice dell’esecuzione.

L’opposizione è stata rigettata dal Tribunale di Napoli.

Ricorre la A., sulla base di tre motivi.

Non hanno svolto attività difensiva in questa sede gli intimati. E’ stata disposta la trattazione in Camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375 e 380 bis.1 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso si denunzia “Nullità della sentenza per mancanza di motivazione. Violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, in relazione all’art. 111 Cost., nonché artt. 547,548,549,550,617 c.p.c. e art. 2697 c.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4)”.

Con il secondo motivo si denunzia “Violazione e falsa applicazione del D.L. 24 aprile 2014, n. 66, art. 35, n. 8, lett. b), che ha introdotto del D.L. n. 9 del 1993, art. 1, comma 5 bis, come risultante dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 211/03, nonché degli artt. 115, 116, 617 c.p.c. e art. 2697 c.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3)”.

Con il terzo motivo si denunzia “Violazione e falsa applicazione del D.L. 24 aprile 2014, n. 66, art. 35, n. 8, lett. b), che ha introdotto del D.L. n. 9 del 1993, art. 1, comma 5 bis, come risultante dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 211/03, nonché degli artt. 2712, 2719, 2697 c.c., artt. 115,116,617 c.p.c., in relazione all’art. 112 c.p.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4)”.

I tre motivi del ricorso sono logicamente connessi e possono quindi essere esaminati congiuntamente.

Essi sono fondati.

Come si evince dagli atti di causa, l’istituto bancario tesoriere della A.S.L. debitrice esecutata aveva reso una dichiarazione di quantità il cui contenuto sostanziale era inequivocabilmente di carattere positivo (sebbene si concludesse con una affermazione apparentemente contraria). La banca aveva infatti dichiarato che vi erano fondi per un ammontare pari a quasi cento milioni di Euro sul conto di tesoreria, sebbene precisando che detti fondi risultavano già integralmente vincolati per precedenti pignoramenti.

Orbene, va in proposito affermato che la dichiarazione con la quale il terzo pignorato ammette la sussistenza di un suo debito nei confronti del debitore esecutato, anche se con riguardo allo stesso abbia già ricevuto la notificazione di precedenti pignoramenti, va senz’altro qualificata come dichiarazione di quantità positiva.

In tal caso l’art. 547 c.p.c., impone infatti al terzo di indicare i precedenti pignoramenti, spettando poi al giudice dell’esecuzione disporre l’eventuale riunione delle procedure esecutive, onde provvedere alla distribuzione tra i vari creditori delle somme disponibili.

Le ulteriori precisazioni fornite dal terzo nel caso di specie, in presenza di una dichiarazione in cui si attestava la sussistenza di fondi sul conto di tesoreria, non potevano avere alcun rilievo in relazione alla positività o negatività della dichiarazione:

non quelle relative alla circostanza di fatto che alcuni pignoramenti (in verità non puntualmente indicati) avevano trovato copertura e altri no, perché – come appena chiarito – il fatto che il credito pignorato non sia sufficiente a pagare tutti i creditori non fa venir meno il carattere positivo della dichiarazione di quantità; non risulta del resto neanche specificato se per i precedenti pignoramenti vi erano state già assegnazioni (ed eventualmente per quali pignoramenti e in che misura), unica circostanza che avrebbe potuto eventualmente costituire un effettivo impedimento alla riunione delle procedure ed al concorso tra i creditori (fermo restando che si tratta comunque di valutazioni che spettano al giudice dell’esecuzione e non incidono in alcun modo sul carattere positivo o negativo della dichiarazione di quantità del terzo pignorato);

non quelle relative alla sussistenza di una eventuale Delibera dell’ente debitore di imposizione di vincoli con riguardo alle disponibilità giacenti sul conto di tesoreria, perché tale Delibera ha rilievo solo ai fini della pignorabilità del relativo credito, ma non del carattere positivo o negativo della dichiarazione di quantità del terzo pignorato (va comunque rilevato in proposito, per completezza, che nella dichiarazione di quantità, riportata nel ricorso, non risulta indicata una specifica Delibera di vincolo, ma si fa riferimento solo alla legge che ha previsto la possibilità di detta Delibera, comunque successiva al pignoramento).

Risulta inoltre che il creditore aveva espressamente chiesto al giudice dell’esecuzione, da una parte, che fossero specificati dal terzo i pignoramenti precedenti (come impone l’art. 547 c.p.c.), ai fini di una possibile riunione delle procedure e, comunque, aveva dedotto l’inefficacia del vincolo di impignorabilità, sia perché la Delibera era successiva al pignoramento, sia perché erano stati effettuati pagamenti per titoli diversi da quelli oggetto di vincolo (producendo anche copia dei relativi mandati).

Orbene, nella descritta situazione, il giudice dell’esecuzione:

a) ha omesso di richiedere al terzo la specificazione dei pignoramenti precedenti;

b) ha erroneamente ritenuto la dichiarazione di quantità negativa, come fin qui chiarito;

c) ha quindi dichiarato improcedibile l’esecuzione, a causa del suddetto carattere negativo della dichiarazione, ancora una volta erroneamente, in quanto, in presenza delle indicate contestazioni del creditore, anche a ritenere la dichiarazione negativa, avrebbe comunque dovuto eventualmente disporre l’accertamento dell’obbligo del terzo.

L’opposizione agli atti esecutivi avanzata dal creditore avverso il descritto provvedimento del giudice dell’esecuzione risulta correttamente articolata, essendo stata contestata la mancata richiesta al terzo di una specifica indicazione dei precedenti pignoramenti (motivo di opposizione con carattere potenzialmente assorbente), ed essendo stata altresì contestata la stessa impignorabilità dei fondi dichiarati esistenti sul conto di tesoreria (sia per l’anteriorità del pignoramento rispetto alla Delibera di vincolo, sia per la dedotta successiva emissione di mandati di pagamento per titoli non vincolati).

Di fronte a tali specifiche contestazioni, nella sentenza impugnata si afferma, del tutto apoditticamente, che la dichiarazione del terzo “e’ stata correttamente interpretata dal giudice dell’esecuzione, sia quanto alla indicazione del vincolo di impignorabilità… sia quanto alla notifica di precedenti pignoramenti”, aggiungendosi poi (in modo del tutto assertivo e senza alcuna comprensibile motivazione) che le copie dei mandati di pagamento prodotte non erano idonee “a consentire attività istruttoria”.

Nella decisione non viene in alcun modo chiarito per quale ragione una dichiarazione con la quale si attesta che sussistono fondi sul conto di tesoreria per quasi cento milioni di Euro sarebbe stata correttamente interpretata come negativa; né viene chiarito per quale ragione tale dichiarazione sarebbe stata correttamente interpretata dal giudice dell’esecuzione “quanto alla notifica di precedenti pignoramenti”, pur essendo stato omesso di chiedere al terzo di indicarli, ai sensi dell’art. 547 c.p.c., per verificare se erano già intervenute le relative assegnazioni, come richiesto dal creditore; neanche viene chiarito perché la dichiarazione sarebbe stata correttamente interpretata dal giudice dell’esecuzione “quanto alla indicazione del vincolo di impignorabilità”, visto che in realtà il giudice dell’esecuzione non pare avere affatto tenuto conto dell’impignorabilità, essendosi limitato a dichiarare improcedibile l’esecuzione per essere la dichiarazione di quantità negativa.

Tanto meno poi il tribunale ha chiarito perché “l’interpretazione della dichiarazione” sarebbe da ritenere corretta nonostante la Delibera di vincolo fosse successiva al pignoramento e neanche ha precisato il senso dell’affermazione per cui le copie dei mandati di pagamento “non sono idonee a consentire attività istruttoria”, non avendo neanche indicato le ragioni per cui non ha affatto preso in considerazione tali copie, con riguardo alle quali non risulta avanzata alcuna eventuale contestazione di conformità agli originali.

Va di conseguenza accolto il ricorso, sia con riguardo al dedotto vizio di carenza assoluta di motivazione, sia con riguardo ai dedotti vizi di violazione di legge, nei limiti di quanto in precedenza esposto e, di conseguenza, la decisione impugnata va cassata.

Non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto ai fini dell’accoglimento dell’opposizione e dell’annullamento del provvedimento opposto, essendo sufficiente a tal fine rilevare che la dichiarazione di quantità era senz’altro positiva e, di conseguenza, che non era in alcun modo giustificata la dichiarazione di improcedibilità dell’esecuzione, dovendo invece il giudice dell’esecuzione, ai sensi dell’art. 547 c.p.c., chiedere al terzo di indicare i precedenti pignoramenti aventi ad oggetto le medesime somme, onde verificare se (e in quali limiti) gli stessi avevano eventualmente già dato luogo ad assegnazioni alla data del pignoramento per cui è causa, ai fini della eventuale riunione delle procedure, onde assicurare il concorso dei creditori.

E’ opportuno altresì precisare che non è invece possibile, nell’ambito della presente controversia, prendere in esame le questioni relative alla pignorabilità delle disponibilità giacenti sul conto di tesoreria, in quanto il provvedimento del giudice dell’esecuzione impugnato con l’opposizione agli atti esecutivi qui in esame non risulta averle affrontate e, quindi, si tratta di questioni estranee all’oggetto del giudizio.

4. Il ricorso è accolto.

La sentenza impugnata è cassata e, decidendo nel merito, il provvedimento del giudice dell’esecuzione impugnato con l’opposizione agli atti esecutivi è annullato.

Le spese dell’intero giudizio (sia di merito che di legittimità), liquidate come in dispositivo, sono poste, in base al principio della soccombenza, a carico dell’ente debitore esecutato e distratte in favore del difensore della ricorrente avvocato Giuseppe Mauriello, che ha reso la prescritta dichiarazione di anticipo, sussistendo invece sufficienti motivi per disporne la integrale compensazione nei rapporti tra la stessa ricorrente ed il terzo pignorato, in considerazione della posizione processuale di quest’ultimo nell’ambito del processo esecutivo.

P.Q.M.

La Corte:

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, annulla il provvedimento del giudice dell’esecuzione impugnato con l’opposizione agli atti esecutivi proposta dalla A.;

condanna la ASL Napoli (OMISSIS) Centro al pagamento delle spese del giudizio in favore della ricorrente A., liquidandole in complessivi Euro 1.500,00 per il grado di merito e in Euro 2.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, per il giudizio di legittimità, con distrazione in favore dell’avvocato Giuseppe Mauriello; spese generali forfettarie e accessori come per legge;

dichiara integralmente compensate le spese dell’intero giudizio nei rapporti tra la ricorrente ed il Banco di Napoli S.p.A..

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 4 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 27 luglio 2021

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