Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21514 del 10/10/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 21514 Anno 2014
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: MAISANO GIULIO

provato l’osservanza dei limiti percentuali previsti dalla contrattazione
collettiva per le assunzioni a termine.
Poste Italiane ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza
affidato a tre motivi illustrati da memoria.
Il Lucantoni è rimasto intimato.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si lamenta violazione ed erronea applicazione dell’art.
2697 cod. civ. e degli att. 421 e 437 cod. proc. civ. nonché omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il
giudizio ex art. 360, nn. 3 e 5 cod. proc. civ. In particolare si deduce che la
Corte territoriale avrebbe applicato erroneamente i principi sull’onere della
prova, in quanto sarebbe onere del lavoratore, che deduce l’illegittimità
dell’apposizione del termine al rapporto di lavoro, provarne i presupposti
ivi compresi quelli dell’inosservanza della quota percentuale.
Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione della legge
230 del 1962 e successive modifiche ed integrazioni, nonché dell’art. 23
della legge 56 del 1987 con riferimento all’art. 360, n. 3 cod. proc. civ.;
omessa e/o insufficiente motivazione in ordine a punti decisivi della
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Data pubblicazione: 10/10/2014

controversia con riferimento all’art. 360, n. 5 cod. proc. civ. In particolare
si deduce che, indipendentemente dal superamento della quota percentuale
di assunzioni di lavoratori a termine, il particolare contratto per cui è causa
sarebbe comunque legittimo perché motivato dalla sostituzione di
lavoratori in ferie, e, per le assunzioni fatte per esigenze di carattere
quantitativo.
Con il terzo motivo si deduce violazione o falsa applicazione di norme di
diritto, ed omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione ex artt. 360,
nn. 3 e 5 cod. proc. civ. con riferimento alla mancata considerazione del
difetto di prova del danno subito per l’illegittima apposizione del termine,
nel riconoscimento delle retribuzioni.
Il primo motivo è infondato. La clausola di contingentamento è stata
contrattualmente stabilita quale condizione e presupposto per la legittimità
dell’apposizione del termine al rapporto di lavoro, per cui è il datore di
lavoro che ha interesse a far valere la legittimità di tale termine a fronte
della eccezione di illegittimità da parte del lavoratore, ad avere l’onere di
provare la sussistenza del requisito di legittimità in questione (in tal senso
Cass. 19 gennaio 2010, n. 839).
Il secondo è assorbito in quanto l’inosservanza della clausola di
contingentamento rende comunque illegittima l’apposizione del termine,
Il terzo motivo è inammissibile per carenza di valido quesito di diritto, cAbIL
risulta del tutto generico e non pertinente rispetto alla fattispecie, in quanto
si risolve nella enunciazione in astratto delle regole vigenti nella materia,
senza enucleare il momento di conflitto rispetto ad esse del concreto
accertamento operato dai giudici di merito (in tal senso v. fra le altre Cass.
4 gennaio 2001 n. 80). Il quesito di diritto, richiesto a pena di
inammissibilità del relativo motivo, in base alla giurisprudenza consolidata o

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sostituivo, l’art. 10 del d.lgs. 368 del 2001 esenta da limitazioni di tipo

di questa Corte, deve infatti essere formulato in maniera specifica e deve
essere chiaramente riferibile alla fattispecie dedotta in giudizio (v. ad es.
Cass. S.U. 5 gennaio 2007 n. 36), dovendosi pertanto ritenere come
inesistente un quesito generico e non pertinente. Del resto è stato anche
precisato che “è inammissibile il motivo di ricorso sorretto da quesito la

del quesito medesimo, per la sua inidoneità a chiarire l’errore di diritto
imputato alla sentenza impugnata in riferimento alla concreta fattispecie”
(v. Cass. S.U. 30 ottobre 2008 n. 26020), dovendo in sostanza il quesito
integrare (in base alla sola sua lettura) la sintesi logico-giuridica della
questione specifica sollevata con il relativo motivo (cfr. Cass. 7 aprile 2009
n. 8463). Peraltro neppure può ignorarsi che nella fattispecie anche la
illustrazione del motivo risulta del tutto generica e priva di autosufficienza
in quanto si incentra nella doglianza circa la mancanza di una verifica da
parte della Corte territoriale sul punto, senza che la ricorrente indichi se e
in che modo il punto stesso (per nulla trattato nell’impugnata sentenza) sia
stato oggetto di specifico motivo di appello da parte della società (cfr. Cass.
15 febbraio 2003 n. 2331, Cass. 10 luglio 2001 n. 9336).
Nulla si dispone sulle spese soccombendo l’unica parte costituita.
P.Q.M.
La Corte di cassazione rigetta il ricorso.
Nulla sulle spese.
Così deciso i Roma il 5 giugno 2014.

cui formulazione si risolve sostanzialmente in una omessa proposizione

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