Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21511 del 15/09/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 15/09/2017, (ud. 03/05/2017, dep.15/09/2017),  n. 21511

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – rel. Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 30080-2011 proposto da:

S.P. C.F. (OMISSIS), domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR

presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato DANIELA DAL BO, giusta delega

in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE C.F. (OMISSIS) in

persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

Avvocati SERGIO PREDEN, LUIGI CALIULO, GIUSEPPINA GIANNICO,

ANTONELLA PATTERI, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4661/2011 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 06/06/2011 R.G.N. 7058/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/05/2017 dal Consigliere Dott. ENRICA D’ANTONIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERARDINO PAOLA che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato PREDEN SERGIO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

S.P. ha chiesto all’Inps la liquidazione della pensione di anzianità a decorrere dall’1/9/2006; l’Istituto, dopo un iniziale riconoscimento, ha rigettato la domanda ritenendo insussistente il requisito contributivo non potendosi tenere conto del periodo 1/1/1964-30/9/1977 in cui lo S. aveva prestato attività nella Guardia di Finanza, in quanto detto periodo era stato già valutato ai fini del riconoscimento della pensione privilegiata,con decorrenza 1/1/1981, per infermità di servizio.

La Corte d’appello di Roma, in riforma della sentenza del Tribunale, ha rigettato la domanda. Ha rilevato che lo S. aveva fondato la domanda sul D.P.R. n. 1092 del 1973, art. 124 in base al quale i contributi relativi al periodo svolto presso la Guardia di Finanza erano stati versati all’Inps non avendo il dipendente,all’atto della cessazione dal servizio come militare, maturato il diritto a pensione ordinaria, mentre era già titolare della pensione privilegiata.

Secondo la Corte era ostativa all’applicazione di detta norma l’art. 6 del citato D.P.R. secondo cui un periodo di attività lavorativa che sia valutabile ai fini di quiescenza secondo ordinamenti obbligatori diversi, era valutabile una sola volta in base all’ordinamento prescelto dal lavoratore e nella specie l’attività lavorativa presso la Guardia di Finanza era stata già valutata ai fini della pensione privilegiata e,pertanto, non spettava al ricorrente la costituzione di una posizione presso l’Inps,non potendo lo stesso servizio essere valutato ai fini dell’erogazione di altro trattamento.

Ha osservato, inoltre, che, contrariamente a quanto affermato dal Tribunale, ai fini del rilascio della pensione privilegiata, era rilevante non solo l’infermità contratta per causa di servizio, ma anche, per la quantificazione, l’anzianità di servizio,con la conseguenza che lo S. aveva tratto vantaggio, ai fini dell’erogazione nella misura da lui percepita della pensione privilegiata, del periodo lavorativo presso la Guardia di finanza.

Avverso la sentenza ricorre lo S. con due motivi. Resiste l’Inps con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione del D.P.R. n. 1092 del 1973, artt. 6,39 e 124. Deduce che il D.P.R. citato (“approvazione del TU delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello stato”) stabilisce all’art. 124 che “Qualora il dipendente civile ovvero il militare in servizio permanente o continuativo cessi dal servizio senza aver acquistato il diritto a pensione per mancanza della necessaria anzianità di servizio, si fa luogo alla costituzione della posizione assicurativa….. presso l’INPS, per il periodo di servizio prestato”. Deduce che con l’espressione “mancanza della necessaria anzianità di servizio” la norma intende riferirsi alle sole pensioni ordinarie, non prevedendo la pensione privilegiata alcuna anzianità di servizio.

Osserva, altresì, che l’art. 6 del D.P.R. citato pone il principio del divieto di doppia valutazione di un medesimo periodo contributivo, ma limita tale divieto ai soli trattamenti di quiescenza, quale la pensione di anzianità o di vecchiaia senza ricomprendere i trattamenti speciali delle pensioni privilegiate. Qualora il legislatore avesse voluto comprendere altri trattamenti lo avrebbe specificato, dovendosi, altresì,sottolineare che la pensione privilegiata ha natura risarcitoria e non previdenziale.

Con il secondo motivo denuncia violazione della L. n. 88 del 1989, art. 54 e degli artt. 1218,1175 e 1375 c.c. nonchè vizio di motivazione. Rinnova la richiesta di risarcimento del danno poichè, a causa del rifiuto dell’Inps di concedere la pensione, aveva dovuto continuare a lavorare percependo la pensione dopo 44 anni di lavoro. Quantifica il danno nella misura della pensione mensile per 27 mesi.

Il primo motivo è infondato ed il secondo resta assorbito.

Il ricorrente ha prestato servizio presso la Guardia di Finanza dall’1/1/1964 al 30/9/1977 e successivamente ha lavorato presso la Banca d’Italia. Dall’1/1/1981 è titolare di pensione privilegiata per un’infermità contratta durante il servizio, liquidatagli in relazione al periodo dal 1964 al 1977.

Il ricorrente richiama a fondamento della sua tesi il D.P.R. citato, art. 124 e rileva che l’assenza del diritto a pensione ” per mancanza della necessaria anzianità di servizio ” farebbe riferimento alla sola pensione normale legata all’anzianità di servizio e non anche alla pensione privilegiata, non menzionata nel successivo art. 126 tra le cause di esclusione della posizione assicurativa.

Tale primo argomento proposto dal ricorrente non è fondato. Va, infatti, rilevato che il menzionato art. 124, insieme con le altre norme ricomprese nel Tit. 8^ del T.U. cit., deve essere considerato non già isolatamente, bensì nel contesto delle varie disposizioni, tutte concorrenti a delineare il trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato. Tra le dette varie disposizioni, vanno richiamati gli artt. 6, 39 e 41, che sono norme di carattere generale (e, come tali, non limitate alle sole pensioni normali) e quindi di indistinta applicazione in tema di determinazione del diritto di quiescenza, perchè ricomprese, la prima, appunto tra le “Disposizioni generali” (Parte 1, Titolo 1) e, le altre, tra le “Disposizioni comuni” (Parte 1, Titolo 2 – Servizi computabili – Capo 5). Le citate norme recano un principio fondamentale e di generale applicazione nell’ordinamento delle pensioni dei dipendenti statali e cioè quello del divieto di doppia valutazione di un periodo di attività o di un periodo di tempo o di un periodo di servizio (salvo il caso di consentito cumulo di impieghi).

L’art. 6, infatti, precisa che “un periodo di attività lavorativa che sia valutabile ai fini di quiescenza secondo ordinamenti obbligatori diversi, è valutato una sola volta in base all’ordinamento prescelto dall’interessato” e tale disposizione si applica “anche per i periodi di tempo comunque valutabili ai fini di quiescenza L’art. 39, d’altro canto, afferma che “un periodo di servizio, di cui sia prevista la computabilità in base a diverse disposizioni del presente testo unico, si considera una sola volta secondo la normativa più favorevole. E tale disposizione si applica “anche per i periodi di tempo comunque computabili ai fini del trattamento di quiescenza”. Conferma di quanto sopra viene dal disposto di cui all’art. 41, comma 1, che vieta la computabilità ai fini del trattamento di quiescenza statale dei periodi di servizio reso allo Stato, che siano stati utili a determinare il trattamento pensionistico derivante da iscrizione a diversi fondi di previdenza” (cfr in tal senso Corte dei Conti n2/2005/QM).

Nè risulta fondata la tesi di parte ricorrente secondo cui l’art. 6 citato non è riferibile anche alla pensione privilegiata stante la natura indennitaria della stessa.

Questa Corte ha affermato (cfr. Cass. n. 11010/2009) che “le pensioni privilegiate ordinarie, dirette o indirette, sono quelle spettanti ai dipendenti dello Stato, o ai loro superstiti, cioè a coloro che hanno avuto un rapporto di servizio con una pubblica amministrazione e che,in dipendenza di tale rapporto, abbiano contratto una infermità. In questa ipotesi il trattamento ha natura previdenziale, secondo quanto stabilito dal D.P.R. n. 1092 del 1973, artt. 65,66 e 67, dipende dallo stato giuridico posseduto dal dipendente e presuppone l’esistenza di un rapporto di servizio. Diversa, invece, è la pensione privilegiata riconosciuta al militare di leva per invalidità contratta per causa di servizio durante il servizio militare, che prescinde dal rapporto di servizio e dalla sua durata. Ai sensi del combinato disposto della L. n. 153 del 1969, art. 49 e della L. n. 1079 del 1971, art. 3, il godimento della pensione privilegiata ordinaria per un evento dannoso subito durante il servizio militare deve ritenersi compatibile e cumulabile con altri trattamenti pensionistici, atteso che essa costituisce un trattamento di natura risarcitoria ed indennitaria e non previdenziale (vedi Cass. n. 6414/1992, n. 8619/1993, 12219/2004)”. Si è altresì precisato che la percezione di una pensione privilegiata ordinaria conseguente al servizio prestato alle dipendenze della Pubblica Amministrazione è dunque di natura previdenziale e non indennitaria con la conseguenza che in relazione a tale trattamento pensionistico opera il divieto di cumulo. (cfr. Cass. n. 11010 citata con riferimento ai trattamenti collegati al costo della vita; nonchè Cass. n. 8787/2015 circa il divieto di considerare due volte lo stesso periodo di servizio che abbia già condotto al riconoscimento della pensione privilegiata e circa la natura previdenziale della pensione privilegiata ordinaria).

Per le considerazioni che precedono le censure del ricorrente non sono idonee ad invalidare la decisione impugnata con conseguente rigetto del vizio denunciato.

Le spese processuali seguono la soccombenza.

PQM

 

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a pagare le spese processuali liquidate in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 3.000,00 per compensi professionali oltre 15% per spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 3 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 15 settembre 2017

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