Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21511 del 10/10/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 21511 Anno 2014
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: MAISANO GIULIO

SENTENZA

sul ricorso 4107-2009 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA PO 25/B, presso lo studio
dell’avvocato PESSI ROBERTO, che la rappresenta e
difende giusta delega in atti;
– ricorrente –

2014
contro

2007

DI PIETRO MONIA C.F. DPTMN073R58L103W, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA FLAMINIA 195, presso lo
studio

.ig

dell’avvocato

VACIRCA

SERGIO,

che

la

Data pubblicazione: 10/10/2014

rappresenta e difende unitamente all’avvocato LALLI
CLAUDIO, giusta delega in atti;
– controricorrante –

avverso la sentenza n. 1594/2007 della CORTE D’APPELLO
di L’AQUILA, depositata il 15/02/2008 R.G.N. 57/2007;

udienza del 05/06/2014 dal Consigliere Dott. GIULIO
MAISANO;
udito l’Avvocato VACIRCA SERGIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIOVANNI GIACALONE che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

a,

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 15 febbraio 2008 la Corte d’appello dell’Aquila, in
riforma della sentenza del Tribunale di Teramo del 17 gennaio 2006, ha
dichiarato la nullità del termine apposto al contratto di lavoro stipulato fra
Poste Italiane s.p.a. e Di Pietro Monia dal 1° marzo 2000 al 30 giugno 2000

Italiane alla riammissione in servizio della Di Pietro ed al pagamento in suo
favore di tutte le retribuzioni dal 25 febbraio 2003. La Corte territoriale ha
motivato tale pronuncia considerando che il contratto in questione è stato
stipulato dopo il 30 aprile 1998 termine di scadenza dell’efficacia del
CCNL del 1994 che autorizzava la stipula di tali contratti. La stessa Corte
d’appello ha poi rilevato che Poste Italiane non ha provato l’osservanza dei
limiti percentuali previsti dalla contrattazione collettiva per le assunzioni a
termine.
Poste Italiane ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza
affidato a tre motivi.
La Di Pietro resiste con controricorso.
Entrambe le parti hanno presentato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si deduce violazione do falsa applicazione degli artt.
1362, 1363 e seguenti cod. civ. nonché omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio ex art.
360, nn. 3 e 5 cod. proc. civ. con riferimento al ragionamento del giudice
dell’appello relativo all’asserito limite temporale alla previsione della
possibilità di ricorso ai contratti a termine.
Con il secondo motivo si lamenta violazione ed erronea applicazione
dell’art. 2697 cod. civ. e degli att. 421 e 437 cod. proc. civ. nonché omessa,

2

ai sensi dell’art. 8 del CCNL 26 novembre 1994 ed ha condannato Poste

.

,.

insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il
giudizio ex art. 360, nn. 3 e 5 cod. proc. civ. In particolare si deduce che la
Corte territoriale avrebbe applicato erroneamente i principi sull’onere della
!

prova, in quanto sarebbe onere del lavoratore, che deduce l’illegittimità
dell’apposizione del termine al rapporto di lavoro, provarne i presupposti

Con il terzo motivo si deduce violazione o falsa applicazione di norme di
diritto, e insufficiente e contraddittoria motivazione ex art. 360, nn. 3 e 4
cod. proc. civ. con riferimento alla mancata considerazione del difetto di
prova del danno subito per l’illegittima apposizione del termine, nel
riconoscimento delle retribuzioni.
Il primo motivo è infondato.
Osserva il Collegio che la Corte di merito ha attribuito rilievo decisivo alla
considerazione che il contratto in esame è stato stipulato, per esigenze
eccezionali ai sensi dell’art. 8 del CCNL del 1994, come integrato
dall’accordo aziendale 25 settembre 1997, in data successiva al 30 aprile
1998 (e anteriormente alla operatività del CCNL del 2001), in epoca cioè
in cui “era venuta meno la contrattazione autorizzatoria”. Tale
considerazione, in base all’indirizzo ormai consolidato in materia dettato da
questa Corte (con riferimento al sistema vigente anteriormente al CCNL
del 2001 ed al d.lgs. n. 368 del 2001), è sufficiente a sostenere l’impugnata
decisione, in relazione alla nullità del termine apposto al contratto de quo.
Al riguardo, sulla scia di Cass. S.U. 2 marzo 2006 n. 4588, è stato precisato
che “l’attribuzione alla contrattazione collettiva, ex art. 23 della legge n. 56
del 1987, del potere di definire nuovi casi di assunzione a termine rispetto a
quelli previsti dalla legge n. 230 del 1962, discende dall’intento del
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legislatore di considerare l’esame congiunto delle parti sociali sulle
necessità del mercato del lavoro idonea garanzia per i lavoratori ed efficace

ivi compresi quelli dell’inosservanza della quota percentuale.

salvaguardia per i loro diritti (con l’unico limite della predeterminazione
della percentuale di lavoratori da assumere a termine rispetto a quelli
impiegati a tempo indeterminato) e prescinde, pertanto, dalla necessità di
individuare ipotesi specifiche di collegamento fra contratti ed esigenze
aziendali o di riferirsi a condizioni oggettive di lavoro o soggettive dei

all’autorizzazione data al datore di lavoro di procedere ad assunzioni a
tempo determinato” (v. Cass. 4 agosto 2008 n. 21063, Cass. 20 aprile 2006
n. 9245, Cass. 7 marzo 2005 n. 4862, Cass. 26 luglio 2004 n. 14011). “Ne
risulta, quindi, una sorta di “delega in bianco” a favore dei contratti
collettivi e dei sindacati che ne sono destinatari, non essendo questi
vincolati alla individuazione di ipotesi comunque omologhe a quelle
previste dalla legge, ma dovendo operare sul medesimo piano della
disciplina generale in materia ed inserendosi nel sistema da questa
delineato.” (v., fra le altre, Cass. 4 agosto 2008 n. 21062, Cass. 23 agosto
2006 n. 18378). In tale quadro, ove però, come nel caso di specie, un limite
temporale sia stato previsto dalle parti collettive (anche con accordi
integrativi del contratto collettivo) la sua inosservanza determina la nullità
della clausola di apposizione del termine (v. fra le altre Cass. 23 agosto
2006 n. 18383, Cass. 14 aprile 2005 n. 7745, Cass. 14 febbraio 2004 n.
2866). In particolare, quindi, come questa Corte ha costantemente
affermato e come va anche qui ribadito, “in materia di assunzioni a termine
di dipendenti postali, con l’accordo sindacale del 25 settembre 1997,
integrativo dell’art. 8 del CCNL 26 novembre 1994, e con il successivo
accordo attuativo, sottoscritto in data 16 gennaio 1998, le parti hanno
convenuto di riconoscere la sussistenza della situazione straordinaria,
relativa alla trasformazione giuridica dell’ente ed alla conseguente
ristrutturazione aziendale e rimodulazione degli assetti occupazionali in
corso di attuazione, fino alla data del 30 aprile 1998. Ne consegue che deve

lavoratori ovvero di fissare contrattualmente limiti temporali

escludersi la legittimità delle assunzioni a termine cadute dopo il 30 aprile
1998, per carenza del presupposto normativo derogatorio, con l’ulteriore
conseguenza della trasformazione degli stessi contratti a tempo
indeterminato, in forza dell’art. 1 della legge 18 aprile 1962 n. 230” (v., fra
le altre, Cass. 1 ottobre 2007 n. 20608; Cass. 28 gennaio 2008 n. 28450;

18378/2006 cit.). Tanto basta per respingere il motivb di ricorso in esame
relativo al limite temporale a cui sono subordinate le assunzioni a termini
delle Poste Italiane, così confermandosi la declaratoria di nullità del
termine apposto al contratto de quo.
Il secondo motivo è pure infondato. La clausola di contingentamento è
stata contrattualmente stabilita quale condizione e presupposto per la
legittimità dell’apposizione del termine al rapporto di lavoro, per cui è il
datore di lavoro che ha interesse a far valere la legittimità di tale termine a
fronte della eccezione di illegittimità da parte del lavoratore, ad avere
l’onere di provare la sussistenza del requisito di legittimità in questione.
Il terzo motivo è inammissibile. La censura relativa all’ammontare del
risarcimento è infatti generica e, in particolare, non tiene conto di quanto
statuito dalla Corte territoriale in relazione alla comunicazione della
richiesta del tentativo di conciliazione considerato momento determinante
ai fini del risarcimento 0’1 questione.
Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione rigetta il ricorso;
/A Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in
t/C&

100,001.61tre C 3.500,00 per compensi professionali,
Così deciso i Roma il 5 giugno 2014.

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Cass. 4 agosto 2008 n. 21062; Cass. 27 marzo 2008 n. 7979, Cass.

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