Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2151 del 29/01/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 2151 Anno 2018
Presidente: DORONZO ADRIANA
Relatore: SPENA FRANCESCA

ORDINANZA
sul ricorso 26559-2016 proposto da:
COMUNE di TORINO, in persona del Sindaco pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE BRUNO BUOZZI, 87,
presso k) studio dell’avvocato NIASSIMO COLARIZI, che lo
rappresenta c difende unitamente all’avvocato SUSANNA TUCCARI;

– ricorrente contro
ENASCUT ANTON
INVESTIMENTI INIMOBIliARI SRL;

– intimati avverso la sentenza n. 189/2016 della CORTE D’APPELLO di
TORINO, emessa il 5/04/2016;

Data pubblicazione: 29/01/2018

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 05/12/2017 dal Consigliere Dott. FRANCESCA

SPENA.

Ric. 2016 n. 26559 sez. ML – ud. 05-12-2017
-2-

PROC. nr . 26559/2016 RG

RILEVATO
che la Corte di appello di Torino, con sentenza del 5.4-31.5.2016
nr. 189, respingeva il gravame proposto dal Comune di Torino avverso
la sentenza del Tribunale della stessa sede – che, in accoglimento della
domanda proposta da ANTON ENASCUT, dipendente della società

datore di lavoro, nella qualità di committente di opere edili aggiudicate
alla predetta società, al pagamento delle somme dovute per differenze
retributive (per il Comune euro 10.415,52 lorde oltre C 394 nette).
La Corte d’appello di Torino, per quanto in questa sede rileva,
precisava che il D. Lgs. n. 276 del 2003, art. 29, comma 2, non faceva
alcuna distinzione tra committenti privati e committenti pubblici ne’ tra
contratto pubblico di appalto di servizi (disciplinato dal D.Lgs. n. 163 del
2006) e contratto di appalto di diritto comune (disciplinato dagli
art.1655 e segg. c. c.) e che, d’altra parte, il D.Lgs. n. 276 del 2003,
art. 1, comma 2, doveva essere interpretato alla luce della legge delega,
per salvaguardarne la conformità con l’art. 76 Cost., a ciò conseguendo
che, diversamente da quanto sostenuto dal Comune appellante, le
pubbliche amministrazioni non potevano ritenersi escluse tout court
dall’applicazione del D.Lgs. n. 276/03 cit.;
che

ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza il

Comune di Torino, affidando l’impugnazione a due motivi, cui non
hanno opposto difese l’ENASCUT e la società appaltatrice, rimasti
intimati;
che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è
stata comunicata alla parte ricorrente, unitamente al decreto di
fissazione dell’adunanza in camera di consiglio;
CONSIDERATO
che

il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione

semplificata;
che il Comune ricorrente ha dedotto:

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Investimenti Immobiliari s.r.I., condannava il Comune, in solido con il

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– con il primo motivo, violazione e falsa applicazione degli artt. 1,
comma 2, e 29, comma 2, del D. Lgs. n. 276 del 2003;
– con il secondo motivo, violazione e falsa applicazione dell’articolo
9, comma 1, DL 76/2013.
Con i due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente in
quanto connessi, si sostiene che il tenore letterale dell’art. 1, comma 2,

escludere dal campo di operatività del testo normativo sia il personale
delle pubbliche amministrazioni sia le medesime pubbliche
amministrazioni e che pertanto la solidarietà prevista dall’art. 29,
comma 2 del decreto stesso non può riguardare l’amministrazione
pubblica. In questo senso, l’articolo 9, comma 1, del DL nr. 76/2013,
che chiarisce la inapplicabilità dell’articolo 29 del D.Lgs 276/2003 alle
pubbliche amministrazioni, è norma meramente dichiarativa di un
principio presente nel sistema e non già innovativa, diversamente da
quanto ritenuto dal collegio d’Appello.
che, ritiene il Collegio, il ricorso debba essere accolto;
che deve essere assicurata continuità in questa sede ai principi già
enunciati da questa Corte negli arresti del 7.7.2014 n. 15432 e del
10.10.2016 n. 20327, le cui argomentazioni sono qui condivise.
Come evidenziato nei citati precedenti, l’art. 1 del D.L.gs. n. 276
del 2003, nel prevedere che «il presente decreto non trova applicazione
per le pubbliche amministrazioni e per il loro personale» è chiaro
nell’individuare come destinatari della esclusione dall’intero testo
normativo in primo luogo gli enti pubblici, congiuntamente, poi, al loro
personale. Il richiamo alla norma dell’art. 1, comma 2 del decreto
legislativo 276/2003, come sopra interpretato, è sufficiente per
affermare la inapplicabilità alle pubbliche amministrazioni della
responsabilità solidale del committente prevista dal successivo articolo
29, comma 2.
Non è ravvisabile il prospettato vizio di eccesso di delega rispetto
alla legge n. 30/2003, art. 6; questa Corte nel citato arresto

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del D. L.gs. 276/2003 è tale da evidenziare la volontà del legislatore di

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15432/2014, attraverso il richiamo alla ordinanza della Corte
Costituzionale n. 5 del 2013, ha evidenziato come la disciplina della
responsabilità solidale del committente, dettata dall’art. 29 del d.lgs n.
276 del 2003, è stata oggetto di plurimi interventi del legislatore,
successivi ed estranei al rapporto di delegazione, che hanno fatto venire
meno ogni rilevanza dell’eventuale vizio originario.

impugnata nella parte in cui ha escluso la natura interpretativa e la
retroattività della norma sopravvenuta di cui all’art. 9 co. 1 del D.L.
76/2013, conv. dalla legge 99/2013, traendone conferma della
adottata interpretazione degli articoli 1 e 29 D.Lgs. 276/2003.
E’ stato chiarito (cfr. Cass. 20327/2016 cit.) che il tenore della
nuova disposizione — con la quale il legislatore ha espressamente
previsto la inapplicabilità dell’art. 29 agli appalti stipulati dalle pubbliche
amministrazioni di cui all’art. 1 del d.lgs n. 165/2001— non consente di
affermare che l’intervento sia di natura interpretativa, con efficacia
retroattiva ma che tuttavia non può per ciò solo affermarsene il
carattere innovativo giacché il legislatore può anche esplicitare una
norma già ricavabile dal sistema, dettando una disciplina che provveda
a regolare espressamente la materia per il futuro attraverso precetti non
dissimili da quelli previgenti.
Infine, la estensione

agli appalti stipulati dalla pubblica

amministrazione della responsabilità solidale del committente non può
essere affermata facendo leva sulla necessità di assicurare al lavoratore
la medesima tutela riconosciuta per gli appalti privati.
La Corte territoriale, così argomentando, non ha considerato le
peculiarità proprie delle due situazioni a confronto: mentre nell’appalto
privato il committente non incontra alcun limite nella scelta del
contraente e, quindi, potrebbe essere indotto ad affidare i lavori al
minor costo ancorchè l’impresa non offra alcuna garanzia dell’esatto
adempimento delle obbligazioni assunte con le maestranze impegnate
nell’appalto, nelle procedure di evidenza pubblica la tutela dei lavoratori

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Non sono, poi, condivisibili le argomentazioni della sentenza

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è assicurata sin dal momento della scelta del contraente. Nella
valutazione delle offerte « gli enti aggiudicatori sono tenuti a valutare
che il valore economico sia adeguato e sufficiente rispetto al costo del
lavoro ed al costo relativo alla sicurezza…» ( art. 86 del d.lgs 163/2006)
oltre ad effettuare controlli preventivi anche in ordine al rispetto da
parte della impresa concorrente della normativa in materia di sicurezza,

previdenziali ed assistenziali (art. 38 del d.lgs 163/2006). Come già
evidenziato da questa Corte nella sentenza n. 15432/2014, anche nel
corso della esecuzione dell’appalto la stazione appaltante è tenuta a
verificare l’esattezza dell’adempimento degli obblighi assunti
dall’appaltatore nei confronti dei prestatori e, in caso di esito negativo
della verifica, può attivare l’intervento sostitutivo, detraendo il relativo
importo dalle somme dovute all’esecutore del contratto.
Mentre l’intervento sostitutivo di cui al d.lgs 163/2006, al pari della
responsabilità prevista dall’art. 1676 c.c. ( applicabile anche alle
pubbliche amministrazioni) opera nei limiti di quanto è dovuto dal
committente all’appaltatore, l’art. 29, nel testo applicabile alla
fattispecie ratione temporis, comporta la responsabilità dell’appaltante
anche nella ipotesi in cui lo stesso abbia già adempiuto per intero la sua
obbligazione nei confronti dell’appaltatore. E’ stato evidenziato come
detta responsabilità non possa essere estesa alle pubbliche
amministrazioni, in relazione alle quali vengono in rilievo interessi di
carattere generale che sarebbero compromessi ove si consentisse la
lievitazione del costo dell’opera pubblica quale conseguenza
dell’inadempimento dell’appaltatore.
che, pertanto, essendo da condividere la proposta del relatore, il
ricorso va accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata
e rinvio della causa alla Corte di Appello di Torino in diversa composizione,
che provvederà ad un nuovo esame alla luce del principio di diritto sopra
esposto nonché alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di
legittimità.

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degli obblighi derivanti dal rapporto di lavoro, degli adempimenti

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P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia,
anche per le spese, alla Corte d’Appello di Torino in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella adunanza del 5 dicembre 2017

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