Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21508 del 20/08/2019

Cassazione civile sez. II, 20/08/2019, (ud. 20/03/2019, dep. 20/08/2019), n.21508

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO Gianluca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8263-2015 proposto da:

S.V., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PAOLO BUZZI

172, presso lo studio dell’avvocato ORNELLA GRAPPASONNI,

rappresentato e difeso dall’avvocato VINCENZO GATTO;

– ricorrente –

contro

SA.MA., rappresentata e difesa dall’avvocato GIUSEPPE DI

PIETRO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 375/2014 del TRIBUNALE di MESSINA, depositata

il 24/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/03/2019 dal Consigliere Dott. ELISA PICARONI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Messina, con la sentenza n. 375 del 2014, ha accolto l’opposizione proposta da Sa.Ma. avverso il decreto ingiuntivo che le ingiungeva di pagare la somma di Euro 36.691,91 a S.V., a titolo di residuo prezzo dell’immobile acquistato dal predetto S., e, previo accertamento del controcredito di natura risarcitoria opposto in compensazione, derivante dalle spese sostenute dalla Sa. per la sanatoria di abusi edilizi, ha condannato lo S. a pagare alla Sa. la somma di Euro 18.107,43, oltre rivalutazione ed interessi legali.

2. La Corte d’appello ha dichiarato l’appello inammissibile, ai sensi dell’art. 348-bis c.p.c.

3. Per la cassazione della sentenza di primo grado ricorre S.V. sulla base di tre motivi, ai quali resiste Sa.Ma. con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo è denunciata violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1243 c.c., comma 2, sull’assunto che il credito opposto in compensazione non fosse liquido ed esigibile, e che pertanto non si potesse operare la compensazione.

1. La doglianza è inammissibile.

1.2. Secondo la giurisprudenza prevalente di questa Corte, la locuzione contenuta nell’art. 1243 c.c., comma 2 – la compensazione giudiziale può essere disposta dal giudice solo se il credito illiquido opposto in compensazione sia di pronta e facile liquidazione – deve essere interpretata nel senso che soltanto “l’accertamento” (determinabilità) pronto, ossia in tempo processuale breve, e facile, ossia metodicamente semplice, del controcredito può giustificare il riardo della decisione sul credito principale, certo, liquido ed esigibile (principio ribadito da Cass. Sez. U 15/11/2016, n. 23225), e la verifica della sussistenza di tale requisito, risolvendosi in una valutazione di fatto, è incensurabile in sede di legittimità se congruamente motivata (ex plurimis, Cass. 26/09/2005, n. 18775).

Nella fattispecie in esame, in cui il Tribunale ha ritenuto che il controcredito fosse “di facile e pronta liquidazione” in quanto documentale, ed ha proceduto al relativo accertamento, la decisione non è sindacabile.

2. Con il secondo motivo è denunciata violazione e/o falsa applicazione art. 115 c.p.c., comma 1, e si lamenta l’erronea valutazione delle prove e la mancata applicazione del principio di non contestazione. In particolare, il Tribunale non avrebbe tenuto conto di numerosi documenti (richiamati in sintesi), nè della mancata risposta della Sa. all’interrogatorio formale, nè, infine, della mancata contestazione da parte della stessa Sa. delle circostanze riguardanti gli abusi edilizi.

3. Con il terzo motivo è denunciata violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., e si contesta che la decisione del Tribunale sarebbe fondata su documenti non idonei a dimostrare che gli abusi edilizi sanati dalla Sa. fossero imputabili allo S..

4. Entrambi i motivi risultano inammissibili.

4.1. L’esame della questione relativa alla mancata applicazione del principio di non contestazione è in radice preclusa dalla carenza di autosufficienza e specificità, posto che il ricorrente non ha trascritto le allegazioni in assunto non contestate dalla controparte.

4.2. Quanto alla valutazione delle prove, va ribadito che il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 c.p.c., opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicchè la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice del merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme processuali, bensì un errore di fatto, che deve essere censurato attraverso il corretto paradigma normativo del difetto di motivazione, e dunque nei limiti consentiti dall’art. 360 c.p.c., n. 5 (per tutte, Cass. Sez. U 07/04/2014, n. 8053).

5. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente alle spese del presente giudizio, nella misura indicata in dispositivo. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione seconda civile della Corte Suprema di Cassazione, il 20 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 agosto 2019

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