Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21505 del 18/10/2011

Cassazione civile sez. III, 18/10/2011, (ud. 27/09/2011, dep. 18/10/2011), n.21505

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FILADORO Camillo – Presidente –

Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –

Dott. CHIARINI Maria Margherita – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. CARLUCCIO Giuseppa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

FARMACIA CANALE DI MARIA TOMMASA & MARIA ELISABETTA CANALE SNC

in

persona dei legali rappresentanti p.t. C.M.T. e

C.M.E., elettivamente domiciliata presso la

Cancelleria della CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’Avv. MAURIELLO GIUSEPPE giusto mandato in atti;

– ricorrente –

contro

DIRETTORE GENERALE ASL/(OMISSIS) NAPOLI (OMISSIS) quale

Commissario

Liquidatore della USL n. (OMISSIS) della Regione Campania,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DI PIETRALATA 320-D, presso lo studio

dell’avvocato MAZZA RICCI GIGLIOLA, rappresentato e difeso

dall’avvocato MARTUCCI EDUARDO giusto mandato in atti;

– controricorrente –

e contro

REGIONE CAMPANIA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 35/2008 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 07/01/2008 R.G.N. 5719/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/09/2011 dal Consigliere Dott. GIOVANNI GIACALONE;

udito l’Avvocato CALIO1 ANTONIO per delega;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SCARDACCIONE Eduardo Vittorio che ha concluso con l’accoglimento del

primo motivo del ricorso e rigetto nel resto.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

1 La S.n.c. indicata in epigrafe impugna per cassazione, sulla base di due motivi, la sentenza della Corte d’appello di Napoli, depositata il 7 gennaio 2008, con la quale è stato dichiarato il difetto di legittimazione passiva della Regione Campania e confermata la pronuncia di primo grado, la quale aveva accolto, in misura ritenuta insoddisfacente dalla farmacia, la domanda di corresponsione del maggior danno subito a seguito del ritardato pagamento del corrispettivo dei medicinali erogati agli assistiti nel periodo in contestazione secondo quadrimestre del 1990 e primo quadrimestre del 1991).

2.1. Con il primo motivo, la ricorrente deduce erronea interpretazione e, quindi, falsa applicazione del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, della L. 23 dicembre 194, n. 724, art. 6, comma 1, della L. 28 dicembre 1995, n. 549, art. 2, comma 14, nonchè della L.R. Campania n. 22 del 1996 in relazione all’art. 111 Cost., lamentando che la Corte territoriale avrebbe erroneamente ed illegittimamente dichiarato la carenza di legittimazione passiva della Regione Campania rispetto alla controversia originariamente instaurata nei confronti della ex USL n. (OMISSIS) di detta Regione.

2.2. La censura non merita accoglimento, in quanto il dispositivo sul punto della Corte territoriale è conforme a diritto, mentre la motivazione va modificata e corretta (art. 384 c.p.c., u.c.) sulla base delle considerazioni che seguono (Cass. S.U. 28054/08).

2.2.a. Il D.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 (emanato sulla base della L. 23 ottobre 1992, n. 421, di delega per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanità, di pubblico impiego e di finanza territoriale) ha realizzato il riordinamento della disciplina in materia sanitaria, con la soppressione delle USL l’istituzione delle Aziende unità sanitarie locali, aventi natura di enti strumentali della Regione, dotati di personalità giuridica pubblica di autonomia organizzativa amministrativa, patrimoniale, contabile, gestionale e tecnica” (art. 3). La L. 23 dicembre 1994, n. 724, all’art. 6, comma 1, ha disposto che “in nessun caso è consentito alle regioni far gravare sulle aziende di cui al D.Lgs. n. 502 del 1992 e successive modificazioni e integrazioni, nè direttamente, nè indirettamente, i debiti e i crediti facenti capo alle gestioni pregresse delle unità sanitarie locali. A tal fine, le regioni dispongono apposite gestioni a stralcio, individuando l’ufficio responsabile delle medesime”. La L. 23 dicembre 1995, n. 549, art. 2, comma 14, dispone che “per l’accertamento della situazione debitoria delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere al 31 dicembre 1994, le regioni attribuiscono ai direttori generali delle istituite aziende unità sanitarie locali le funzioni di commissari liquidatori delle soppresse unità sanitarie locali comprese nell’ambito delle rispettive aziende. Le gestioni a stralcio di cui alla L. n. 724 del 1994, art. 6, comma 1, sono trasformate in gestioni liquidatorie”.

2.2.b. L’interpretazione di questo articolato quadro normativo e la previsione delle gestioni stralcio hanno dato luogo a contrasti giurisprudenziali. Le S.U. di questa Corte hanno affermato e poi costantemente ribadito, seguite nello stesso senso dalla giurisprudenza delle sezioni semplici, che un fenomeno di successione, in ipotesi di fusione o incorporazione fra enti pubblici, non si realizza per il solo fatto della soppressione degli enti assorbiti, ove la legge preveda, come nella specie, una procedura di liquidazione affidata ad apposita gestione strutturalmente e finalisticamente diversa dall’ente subentrante, almeno fino a quando la gestione stralcio non sia definitivamente e formalmente chiusa con apposito provvedimento: in tal caso, la legittimazione processuale e specificamente quella per l’impugnazione di una sentenza pronunciata nei confronti dell’ente assorbito appartiene pur sempre all’organo di rappresentanza della gestione stralcio, che prolunga la soggettività dell’ente soppresso durante la fase liquidatoria (in tal senso, Cass. S.U. 26 febbraio 1999, n. 102). Quindi, le disposizioni normative menzionate hanno individuato nella regione il soggetto giuridico obbligato ad assumere integralmente a proprio carico i rapporti obbligatori relativi alle pregresse gestioni delle unità sanitarie locali, sicchè, ai sensi della L. n. 724 del 1994, le istituite aziende non subentrano affatto nei suddetti rapporti, mentre con la prevista gestione a stralcio si è realizzato lo scopo, incompatibile con l’ipotesi della successione universale, di tenere separata l’attività di accertamento delle obbligazioni, che si riferiscono alle cessate unità sanitarie locali, da quelle relative alle neo costituite Asl. La trasformazione delle gestioni a stralcio in gestioni liquidatorie, operata con la L. n. 549 del 1995, ha poi preposto ad amministrare tali gestioni i direttori generali delle aziende unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere, rispetto ai quali spetti appunto alle regioni il potere dovere di conferire le funzioni di commissari – liquidatori.

La funzione di commissario liquidatore da parte dei direttori generali delle aziende sanitarie locali è dunque prevista nell’interesse e per conto della regione, agendo essi in qualità di organi di tale ente, laddove nessuna disposizione autorizza a ritenere che sia stato attuato anche un trasferimento alle neo costituite aziende degli obblighi già attribuiti alla stessa regione per le obbligazioni delle pregresse gestioni delle unità sanitarie locali. In tal senso, dunque, è stata realizzata una sorta di successione ex lege delle regioni nei rapporti obbligatori già di pertinenza delle – soppresse – UU.SS.LL.. Tali principi sono stati ribaditi anche da un’ulteriore sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte (n. 1237 del 30 novembre 2000r citata sia nella sentenza impugnata che nel ricorso della farmacia), la quale ha posto in luce, tra l’altro, “che è stata realizzata una sorta di successione ex lege delle regioni nei rapporti obbligatori già di pertinenza delle soppresse USL, successione che, sopravvenuta in corso di causa, ha determinato la legittimazione ad agire o contraddire della regione stessa, secondo i principi sanciti dall’art. 111 c.p.c., per l’ipotesi di successione a titolo particolare nel diritto controverso, non anche la legittimazione dell’azienda sanitaria, subentrata nello svolgimento dei compiti propri dell’USL”. I principi già affermati dalle S.U., seguite dalle altre sezioni, costituiscono ormai diritto vivente;, come ha riconosciuto la Corte Costituzionale, nella ordinanza, resa in materia, n. 89 del 23/31 marzo 2000, e vanno, pertanto, tenuti fermi (di recente cfr. Cass. 6 gennaio 2010 n. 1532; 2 luglio 2010 n. 15725; 2 novembre 2010 n. 22284).

2.2.c. Questi principi non comportano peraltro l’attribuzione di una legittimazione processuale “esclusiva” alla gestione liquidatoria, in persona del commissario liquidatore; ed infatti questa Corte ha più volte affermato che per effetto della rilevata successione ex lege la legittimazione sostanziale e processuale concernente i pregressi rapporti creditori e debitori delle soppresse USL spetta sia alle gestioni liquidatorie, sia alle regioni (Cass. S.U. 15 novembre 2005, n. 23022; Cass. 15 settembre 2005, n. 18285; Cass. 8 marzo 2007, n. 5351).

2.2.d. Questa ricostruzione – cui si è attenuta tutta la giurisprudenza successiva (Cass. n. 2766 dell’11 febbraio 2005, e n. 14336 dell’8 luglio 2005), coincide con la normativa della Regione Campania. Infatti, la L.R. 2 settembre 1996, n. 22, “Disposizioni urgenti per le gestioni liquidatorie delle Unità Sanitarie Locali” la quale, dopo avere attribuito all’art. 1 la rappresentanza legale delle Gestioni Liquidatorie ai Direttori generali delle ASL in qualità di commissari liquidatori, prevede all’art. 2 “Compiti del Commissario liquidatore” che questi provveda, lettera c), ad assumere i giudizi in corso promossi da ciascuna Unità Sanitaria Locale.

Detta disposizione non elimina però la titolarità dal lato passivo – nei procedimenti aventi ad oggetto debiti delle disciolte USL – della regione la quale concorre con quella della Gestione Liquidatoria in persona del Commissario Liquidatore (Cass. S.U. n. 23022 del 2005; 22284 del 2010, cit.).

2.2.e. Invece, nella fattispecie è applicabile ratione temporis (dal momento che la sentenza di primo grado fu depositata il 10 dicembre 2002 e l’appello avverso la stessa (di cui si discute) notificato il 4-5 dicembre 2003) la disposizione di cui alla L.R. Campania 26 luglio 2002, n. 15, art. 13 entrata in vigore l’8 agosto 2002, giorno successivo alla pubblicazione sul B.U. di detta regione), la quale dispone che ai Direttori generali delle ASL in qualità di commissari liquidatori “… spetta in via esclusiva la legittimazione a stare in giudizio per la tutela dei diritti degli interessati delle rispettive gestioni liquidatorie”. Si tratta infatti di disposizione non retroattiva, di talchè in relazione alla fattispecie in esame solo in forza di essa – e non della precedente L.R. n. 22 del 1996, come ritenuto impropriamente dalla Corte territoriale – permane esclusivamente come soggetto debitore, in luogo delle disciolte USL, esclusivamente la Gestione Liquidatoria, che mantiene l’autonoma soggettività giuridica posseduta dalla USL disciolta e di cui persegue il procedimento liquidatorio, e non più la Regione Campania (argomento desumibile da Cass. n. 12605 del 28 agosto 2002 e n. 14336 dell’8 luglio 2005, nonchè da Cass. n. 22284 del 2010, cit.).

3.1. Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia nullità della sentenza per insufficienza della motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio art. 360 c.p.c., n. 5), lamentando che la Corte territoriale, non valutandone adeguatamente il tenore ed il contenuto, avrebbe con insufficiente motivazione escluso che le comunicazioni spedite per raccomandata dalla Credifarma, S.p.A., procuratrice del dante causa dell’odierna ricorrente rappresentassero validi atti di costituzione in mora. Le argomentazioni addotte a sostegno ella stessa implicano l’esame e la valutazione di documenti, attività riservate al giudice del merito, dovendosi ribadire che l’accertamento del requisito oggettivo dell’esplicitazione di un’intimazione o richiesta scritta di adempimento, idonea a manifestare l’inequivocabile volontà del titolare del credito, anche tramite il suo rappresentante, di far valere il proprio diritto nei confronti del soggetto passivo, con l’effetto di costituirlo in mora, costituisce indagine di fatto riservata all’apprezzamento del giudice del merito, non sindacabile in sede di legittimità, se congruamente motivata (tra le molte, v.

Cass. n. 15067/01; 13873/03). Nella specie, vi è stato congruo e corretto apprezzamento, da parte della Corte territoriale, immune da vizi logici e giuridici, posto che l’inidoneità della documentazione a costituire atti di costituzione in mora è stata esclusa in radice, in considerazione del fatto che le richieste di pagamento non si riferivano nella specie a debiti già scaduti, in quanto le comunicazioni si riferivano a distinte contabili relative a crediti che scadevano in termini (indicati in ciascuna distinta) successivi alla loro predisposizione (dato il sistema di adempimento di tali crediti, secondo la qualificazione condivisa dalla giurisprudenza di questa S.C.: v. Cass. n. 1804/96, fino a Cass. n. 9920/10, in motivazione).

4. Ne deriva il rigetto del ricorso. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 2.200,00, di cui Euro 2.000,00 per onorario, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 27 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 18 ottobre 2011

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