Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 21504 del 25/10/2016


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Cassazione civile sez. VI, 25/10/2016, (ud. 19/07/2016, dep. 25/10/2016), n.21504

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 6817/2015 R.G. proposto da:

T.F., c.f. (OMISSIS) – rappresentato e difeso in virtù

di procura speciale a margine del ricorso dall’avvocato Orlando

Mario Candiano ed elettivamente domiciliato in Roma, alla via Pompeo

Magno, n. 2/B, presso lo studio dell’avvocato Giuseppe Picone;

– ricorrente –

contro

MINISTERO della GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore;

– intimato –

avverso il decreto dei 10/16.10.2014 della corte d’appello di Lecce,

assunto nel procedimento iscritto al n. 1886/2011 R.G.V.G.;

Udita la relazione della causa svolta all’udienza pubblica del 19

luglio 2016 dal Consigliere Dott. Luigi Abete.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso alla corte d’appello di Lecce depositato in data 29.11.2011 T.F. si doleva per l’eccessiva durata del giudizio introdotto, con ricorso depositato il 15.4.2002, innanzi al tribunale di Bari, – sezione – lavoro”, e non ancora definito alla data di proposizione del ricorso alla corte di Lecce.

Chiedeva che il Ministero della Giustizia fosse condannato a corrispondergli a ristoro dei danni subiti un equo indennizzo indicato in misura pari ad Euro 11.250.00, comprensivo del bonus di Euro 2.000.00, oltre al danno maturando sino alla definizione del giudizio innanzi alla corte leccese ed oltre interessi e spese.

Costituitosi, il Ministero della Giustizia non si opponeva all’avversa richiesta; invocava altresì la compensazione delle spese di lite.

Con decreto dei 10/16.10.2014 la corte d’appello di Lecce accoglieva il ricorso per quanto di ragione, condannava il Ministero resistente a pagare al ricorrente per l’irragionevole durata del giudizio presupposto la somma di Euro 5.250,00 oltre interessi; compensava integralmente tra le parti le spese di lite.

In ordine alla disposta compensazione delle spese premetteva – la corte – che nei giudizi di equa riparazione per irragionevole durata del processo trova senz’altro applicazione la disciplina in tema di regolamentazione delle spese processuali e, segnatamente, la disposizione in tema di compensazione totale o parziale delle spese in ipotesi di soccombenza reciproca.

Indi esplicitava che sussistevano giusti motivi per compensare integralmente le spese processuali, – considerato il notevolissimo ridimensionamento della domanda per quanto concerne il quantum nonchè il rigetto della domanda avente ad oggetto il danno per l’ulteriore protrarsi del presente procedimento ed il rigetto della domanda attinente al bonus, ed anche il comportamento del Ministero resistente, che non si è opposto sostanzialmente alla liquidazione dell’indennizzo – (così decreto, pag. 5).

Avverso tale decreto ha proposto ricorso sulla scorta di un unico motivo T.F.; ha chiesto che questa Corte ne disponga la cassazione e decida nel merito con condanna del Ministero alle spese e del primo giudizio e del giudizio di legittimità.

Il Ministero della Giustizia non ha svolto difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo il ricorrente denuncia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c..

Deduce che la riduzione in sede di decisione dell’importo domandato non è sufficiente a giustificare la compensazione totale delle spese, “permanendo comunque la sostanziale soccombenza della controparte” (così ricorso, pag. 3); che, al contempo, a nulla rileva la mancata contestazione dell’ azionata pretesa, giacchè, comunque, il Ministero non si era offerto di pagare la minor somma poi riconosciuta dalla corte di merito.

Il ricorso è fondato e meritevole di accoglimento.

Preliminarmente è da disconoscere senz’altro che sia affetta da nullità la notifica del ricorso a questa Corte in dipendenza della circostanza che nella relazione di notificazione – comunque ritualmente eseguita in data 9.3.2015 presso l’Avvocatura Generale dello Stato – è indicato quale destinatario il Ministero dell’Economia e delle Finanze anzichè il Ministero della Giustizia.

Ed invero dalla prima pagina del ricorso per cassazione si evince univocamente ed inconfutabilmente che l’impugnazione è proposta nei confronti del Ministero della Giustizia.

Cosicchè utilmente soccorre l’insegnamento di questa Corte di legittimità a tenor del quale è da escludere la nullità della notifica del ricorso per cassazione, per incertezza assoluta sulla persona cui è fatta, quando dal contesto dell’atto siano ricavabili indicazioni idonee a colmare eventuali lacune (cfr. Cass. 10.10.2000, n. 13468; cfr. Cass. sez. lav. 18.5.2001. n. 6805, secondo cui, ai fini della validità della notificazione di un atto ex art. 160 c.p.c., per stabilire se vi sia o meno incertezza assoluta sulla persona del destinatario, non è sufficiente limitarsi a prendere visione della relazione di notifica, occorrendo, invece, che sia esaminato l’intero contesto dell’atto, a partire dalla sua intestazione, in quanto in qualsiasi parte dello stesso può trovarsi la indicazione idonea a colmare le eventuali lacune riscontrate; in particolare, la omessa indicazione, nella relazione, del nominativo e del luogo di effettuata notifica non determinano nullità della stessa, a meno che non risulti la inesistenza di tali dati in qualsiasi parte dell’ano).

Nel merito, si rappresenta previamente quanto segue.

Per un verso, che i giudizi di equa riparazione per violazione della durata ragionevole del processo, proposti ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, non si sottraggono (siccome, del resto, ha riconosciuto la corte distrettuale) all’applicazione delle regole poste, in tema di spese processuali, dagli artt. 91 c.p.c. e segg. (cfr. Cass. 22.1.2010, n. 1101).

Per altro verso, che il presente giudizio di “equa riparazione” è stato introdotto con ricorso depositato il 29.11.2011 (cfr., ricorso, pag. 1), sicchè nella fattispecie riveste valenza il dettato dell’art. 92 c.p.c., comma 2, nella formulazione (“se vi è soccombenza reciproca o concorrono altre gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicate nella motivazione, il giudice può compensare, parzialmente o per intero, le spese ira le parti) susseguente alla “novella” di cui alla L. n. 69 del 2009 (applicabile ai procedimenti instaurati successivamente al 9.7.2009).

In questi termini deve, in primo luogo. disconoscersi che nella fattispecie si configurasse soccombenza reciproca.

Rileva a tal fine l’insegnamento da questa Corte formulato sullo specifico terreno del procedimento di equa riparazione ex lege n. 89 del 2001, ed a tenor del quale la liquidazione dell’indennizzo in misura inferiore a quella richiesta dalla parte, per l’applicazione, da parte del giudice, di un moltiplicatore annuo diverso da quello invocato dall’attore, non integra un’ipotesi di accoglimento parziale della domanda che legittima la compensazione delle spese, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., comma 2, poichè, in assenza di strumenti di predeterminazione anticipata del danno e del suo ammontare, spetta al giudice individuare in maniera autonoma l’indennizzo dovuto, secondo criteri che sfuggono alla previsione della parte, la quale, nel precisare l’ammontare della somma richiesta a titolo di danno non patrimoniale, non completa il – petitum – della domanda sotto il profilo quantitativo, ma soltanto sollecita, a prescindere dalle espressioni utilizzate, l’esercizio di un potere ufficioso di liquidazione (cfr. Cass. 16.7.2015, n. 14976).

Negli stessi termini dapprima menzionati deve, in secondo luogo, disconoscersi che il comportamento processuale “non oppositivo” del Ministero valesse ad integrare gli estremi delle “gravi ed eccezionali ragioni, da indicare esplicitamente nella motivazione, postulate dall’art. 92 c.p.c., comma 2, ai fini della legittimità di una sia pur parziale compensazione delle spese.

Invero, questa Corte spiega che la mancata opposizione dell’Amministrazione alla domanda di equa di riparazione rivolta nei suoi confronti non giustifica, di per sè, la compensazione delle corrispondenti spese processuali, allorchè comunque (istante sia stato costretto ad adire il giudice per ottenere il riconoscimento del diritto (cfr. Cass. 17.10.2013, n. 23632).

In accoglimento dell’esperito ricorso va quindi cassato il decreto dei 10/16.10.2014 della corte d’appello di Lecce nella parte e limitatamente alla parte in cui ha disposto la compensazione delle spese del giudizio.

In ogni caso, giacchè non si prospetta la necessità di ulteriori accertamenti di fatto, nulla osta a che questa Corte, con statuizione “nel merito” ex art. 384 c.p.c., comma 2, u.p., espunga dal decreto dei 10/16.10.2014 della corte di Lecce la disposta compensazione delle spese del giudizio e condanni il Ministero della Giustizia al pagamento in favore del ricorrente (si evidenzia che non vi è richiesta di distrazione) delle medesime spese nella misura quale indicata in dispositivo.

L’accoglimento del ricorso giustifica la condanna del Ministero della Giustizia al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore del ricorrente (si evidenzia che parimenti non vi è richiesta di distrazione). La liquidazione segue come da dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 10, non è soggetto a contributo unificato il giudizio di equa riparazione ex lege n. 89 del 2001. Il che rende inapplicabile comunque – al di là dell’accoglimento del ricorso – D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (comma 1 quater introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, a decorrere dall’1.1.2013), (cfr. Cass. sez. un. 28.5.2014, n. 1/9/5).

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa il provvedimento dei 10/16.10.2014 della corte d’appello di Lecce nella parte e limitatamente alla parte in cui ha disposto la compensazione delle spese del giudizio e, decidendo nel merito, condanna il Ministero della Giustizia a pagare al ricorrente, T.F., le spese del giudizio (definito, appunto, con il decreto dei 10/16.10.2014), che si liquidano, per compensi, in Euro 915,00, oltre rimborso forfetario delle spese generali, i.v.a. e cassa come per legge; condanna il Ministero della Giustizia a pagare al ricorrente, T.F., le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano, per compensi, in Euro 1.200.00. oltre rimborso forfetario delle spese generali. i.v.a. e cassa come per legge.

Depositato in Cancelleria il 25 ottobre 2016

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